Zanardi, la vita a 300 all’ora

Il successo, l’incidente, la disabilità, la rinascita. «Apprezzando ogni momento».
Alessandro Zanardi

 «Se fosse tutto facile, sai che noia». Alessandro Zanardi, per tutti Alex, sembra proprio abitare dentro queste piccole ed elementari parole da lui pronunciate. Simbolo di una vita a suo modo fortunata, attore in un mondo di pochi eletti, quello delle corse automobilistiche, Alex vive oggi una seconda e particolare esistenza. Nella sua carriera ha collezionato 44 presenze in Formula 1 e due campionati del mondo di Formula Cart (1997-1998), massima serie dell’automobilismo statunitense, che prevede gare su tracciati cittadini alternati a velocissimi ovali, dove le monoposto arrivano a toccare i 400 chilometri orari.

 

Il 15 dicembre del 2001, i piloti della “Cart”, si danno appuntamento all’Eurospeedway del Lausitzring in Germania, decidendo

ugualmente di disputare la gara, nonostante la tragedia delle Torri gemelle. Anche Alex è della partita: dopo un campionato povero di soddisfazioni e con un passato da “primo della classe”, sembra essere arrivato il momento giusto per riassaporare il gusto della vittoria. Mancano tredici giri alla bandiera a scacchi, basta un rabbocco di benzina ai box e il gioco è fatto.

 

Alex rientra, è in testa alla gara, rifornisce e senza indugiare percorre la pit lane prima di rientrare in pista. Ma, a un certo punto, la macchina schizza via, quasi impazzita, entra scomposta in pista e parte in testacoda prestando il fianco sinistro agli avversari che sopraggiungono lanciati a tutta velocità. Succede tutto in un attimo: Alex Tagliani, pilota canadese, centra perpendicolarmente la vettura di Zanardi. L’impatto è impressionante e stronca tutti i sogni di gloria di Alex, portandosi via per sempre parte delle sue gambe.

 

«E lì si è spenta la luce, fine delle trasmissioni! Finché un giorno la luce si è riaccesa». Lunghi mesi di riabilitazione, sofferenze, vittorie e sconfitte e un paio di gambe artificiali “confezionate” dal professor Franco Ferri, tecnico del Centro di Vigoroso di Budrio, che hanno riportato Alex, dopo un anno e mezzo dalla tragedia, proprio lì sul circuito del Lausitzring, dentro a una monoposto di Formula Cart, per coprire quegli ultimi e dannati tredici giri a oltre 300 chilometri orari di media.

 

Oggi la vita di Zanardi continua sempre “di corsa”, dentro a un’agenda fitta di impegni e testimonianze che lo vedono impegnato anche a promuovere il progetto “Bimbingamba”, iniziativa che ha come obiettivo quello di aiutare bambini colpiti dalla perdita di uno o più arti.

Ma non è tutto: «La vita è un percorso e lo sport è un modo ancora più bello per compiere questo tragitto, anche se il risultato finale non può e non deve essere l’unico scopo. Una cosa che ritengo bellissima è la preparazione di una gara. Nel momento in cui taglio il traguardo, prima di tutti gli altri, avverto un velo di malinconia perché finisce un’avventura. In questo modo lo sport mi ha insegnato a cogliere l’attimo, ad apprezzare ogni momento di ciò che si fa».

 

Ed è con questo spirito che Alex oggi si allena duramente in handbike, partecipando a numerose maratone di rango internazionale, oltre alla Coppa del mondo di specialità, dove ha già ottenuto importanti successi. Il suo sogno nel cassetto, però, sono le Paraolimpiadi di Londra 2012. «La vera gioia sarà arrivare a questo appuntamento competitivo, pronto ad affrontare la gara. Questo significa essere già oggi dentro a questa avventura fantastica, assaporando l’allenamento con serietà, perché ogni avvenimento è una tappa per cercare di migliorare».

 

Difficile rimanere indifferenti di fronte all’esempio umano e sportivo, una resurrezione terrena, perché in Zanardi c’è tutto: dolore e sofferenza, ma anche gioia ed entusiasmo, uniti a una buona dose di successo. «Mi sento di dire che sono una persona fortunata: sono riuscito a trasformare le mie passioni in lavoro, guadagnando una grossa popolarità. E tutto ciò perché sono riuscito da ragazzino ad accendere un’opportunità. Nessuno nella vita nasce campione. Ognuno di noi ha un punto di partenza che ci dà l’occasione per trasformarci in persone vincenti. È interessante provarci sempre, anche se la tua condizione è disagiata. E quello che veramente conta è darsi da fare con impegno ed è giusto, un giorno, guardarsi allo specchio essendo orgogliosi di ciò che si ha davanti».

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