Zamberletti, esempio dell’Italia vera

Il sincero affetto di un'intera regione del Paese intero a colui che, con il virtuoso "modello Friuli",  ha messo le fondamenta del servizio di protezione civile nazionale
IANSA/FILIPPO ATTILI/UFFICIO STAMPA PALAZZO CHIGI +++ ANSA

Lo si potrebbe definire “il più friulano tra i non friulani”: Giuseppe Zamberletti, nato a Varese nel 1933, è infatti conosciuto al di qua del Tagliamento per la sua opera di Commissario alla ricostruzione dopo il terremoto del 1976, e per aver posto le basi all’istituzione della Protezione Civile.

Zamberletti è morto nella sua città natale sabato 26 gennaio, ma il giorno successivo il Messaggero Veneto – il quotidiano di Udine e provincia – titolava “Il Friuli in lutto per Zamberletti”: e, in una terra che ha nomea da un lato di essere diffidente nell’accogliere chi viene da fuori, e dall’altro di aprire del tutto il cuore una volta che invece l’ha accolto, si può dire che quest’uomo è entrato a pieno titolo in questa comunità.

Zamberletti aveva iniziato la sua carriera come deputato per la Dc, nel 1968; e nel 1974 entrò come sottosegretario nell’allora governo Moro, che nel 1976 gli affidò appunto l’incarico di sovrintendere alla ricostruzione del Friuli devastato dal terremoto. Una ricostruzione considerata un modello: tanto che personalmente, da non friulana trapiantata a Udine e nata dieci anni dopo quei fatti, ho potuto toccare con mano l’affetto che i friulani – anche quelli della mia generazione – gli riservavano ancora a quarant’anni dal sisma.

Alle commemorazioni del 2016 è stato accolto da un lungo scroscio di applausi, e in occasione dell’assemblea di Confindustria Udine tenutasi per l’occasione ha tenuto un discorso che ha ben esplicitato l’impatto dell’opera da lui coordinata. «La prima immagine che ho in mente del mio arrivo in Friuli, oltre naturalmente allo smarrimento e alla desolazione, è il senso di impotenza davanti al fatto di non avere una struttura permanente come la Protezione Civile – ha ricordato –. Non basta soccorrere, bisogna farlo in maniera ordinata, e non solo là dove l’attenzione mediatica spingerebbe a dare priorità. Oggi posso dire che abbiamo una Protezione Civile che lavora molto bene: e sento di dover ringraziare tante persone che hanno fatto crescere ciò che è nato nel 1976 con quel terremoto». Un “modello Friuli” che è consistito «Innanzitutto l’aver reso i sindaci protagonisti dando loro gli strumenti, sia normativi che logistici, per esserlo: altrimenti diventano soltanto dei “sindacalisti della popolazione”, che al più possono andare dalle autorità preposte a perorare una causa, ma non fare qualcosa di concreto.

Poi l’aver tenuto insieme le comunità anche quando, in vista dell’inverno, è stato necessario trasferire la gente sulla costa: abbiamo spostato paese per paese, lasciando unite le scolaresche, così che le lezioni potessero proseguire senza interruzioni nonostante i trasferimenti».

Zamberletti aveva duramente criticato l’approccio dei trasferimenti della popolazione in altre zone, o di artificiose “new town”: «L’ho detto più volte ai commissari che si sono succeduti negli ultimi anni nei vari terremoti: non portate tutti al mare! Come ha dimostrato il Friuli, che ha fatto per prima cosa ripartire le fabbriche, se tutti se ne vanno il territorio muore. Chi è nelle condizioni di farlo può e deve rimanere, per far ripartire l’economia e la vita del luogo: all’epoca mandai un’ordinanza all’allora ministro dell’Interno Cossiga, perché ordinasse ai prefetti di requisire roulotte in tutta Italia così da poter ospitare gli operai delle fabbriche e dei cantieri anche durante la stagione fredda. E sì, confermo ciò che si racconta quasi fosse una bella storia: quando le roulotte vennero riportate a Codroipo per la restituzione, in ognuna c’era un mazzo di fiori in segno di ringraziamento verso i proprietari. Ecco, credo questo sia stato uno dei segni più belli della passione civile, oltre che imprenditoriale, dei friulani».

“Belle storie” che, aveva riconosciuto lui stesso, con le attuali normative e nell’attuale situazione non sarebbero più applicabili allo stesso modo; ma che nondimeno hanno lasciato il segno, soprattutto nell’istituzione di quella Protezione Civile che è considerata un modello a livello internazionale – e che Zamberletti coordinò poi per tutti gli anni Ottanta.

E non si può nemmeno dire che i media friulani e i friulani stessi si sono ricordati di Zamberletti solo per gli anniversari del sisma o – ironicamente – solo in occasione della sua morte, per tesserne le lodi: non di rado, nei numerosi riferimenti che i friulani fanno a come abbiano “fatto da soli” per risollevarsi dal sisma, c’è anche un riferimento a Zamberletti. Anche il Consiglio regionale gli ha reso omaggio il 28 gennaio, rinviando la seduta, e le bandiere delle istituzioni regionali solo calate a mezz’asta. Per questo, anche se i tanti elogi comparsi sulle pagine dei quotidiani locali vengono in gergo chiamati “coccodrilli”, questa volta non si può dire che i friulani abbiano pianto per lui lacrime da coccodrillo: a lui erano davvero affezionati.

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