YouCat, un servizio per la nuova evangelizzazione

YouCat è il titolo del piccolo libro in diverse lingue che Benedetto XVI ha voluto donare a ciascun partecipante della Giornata Mondiale di Madrid 20111. Si pensa che siano state distribuite oltre un milione di copie. L’ho visto in mano a diversi giovani. Ma non posso dire se l’hanno potuto sfogliare. La rapida  degli eventi non lasciava tempi e spazi per una lettura attenta. Può essere un segno della condizione dei giovani di oggi (qui si tratta dai 17-18 anni in su) rispetto all’offerta di una riflessione sugli elementi di base della fede cristiana: sembra che manchi il tempo, tranquillità, interesse e addirittura il senso di un bisogno.

Eppure il Vangelo vuol essere “bella notizia” per tutti, anche per i giovani, ricordando quell’atteggiamento di stima e di affetto che il Maestro Gesù riservò ad un giovane che gli si accostò (cf. Mt 19, 20). A noi tocca esaminare le ragioni di questa apparente indifferenza e progettare una metodologia che la superi. Ma non possiamo restare timorosi ed inerti. È la convinzione che ha mosso papa Benedetto per questa inedita e audace iniziativa, avallandola con una lunga e appassionata Premessa in cui scrive: “Alcune persone mi dicono che il catechismo non interessa la gioventù odierna; ma io non credo a questa affermazione e sono sicuro di avere ragione. Essa non è così superficiale come la si accusa di essere; i giovani vogliono sapere in cosa consiste davvero la vita” (p. 9). Questo è il vero nodo: risvegliare in loro il desiderio di “sapere in cosa consiste la vita”.
 
Un progetto su misura dei giovani


Che cosa dona (e che cosa non può donare) YouCat? La migliore presentazione si trova nella citata Premessa del papa. È una presentazione di tipo concettuale, in cui sono dette le ragioni che hanno portato a YouCat.

Innanzitutto il contesto entro cui YouCat si colloca vitalmente è la grande impresa – Benedetto XVI la chiama “miracolo” – che portò nel 1992 alla pubblicazione del Catechismo della Chiesa Cattolica (CCC), cioè del libro della fede valido per tutta la Chiesa, in cui essa ritrova la sua identità e cui è vissuta, vive e vivrà.

Per il CCC si fece appello a un’esperienza catechetica lunga secoli e sostenuta dall’antichissima Regola della fede: “che cosa crediamo / in che modo celebriamo i misteri cristiani / in che modo abbiamo la vita in Cristo / in che modo dobbiamo pregare” (p. 8).

Questa è esattamente la struttura di You-Cat, la cui stesura si collega ad un ulteriore bisogno ineludibile. Così ne parla il papa: “Divenimmo sempre più consapevoli di come il testo [CCC] richiedesse delle ‘traduzioni’ nei differenti mondi, per poter raggiungere le persone con le loro differenti mentalità e differenti problematiche” (p. 9).
 
L’altro contesto entro cui si colloca You-Cat sono le esperienze delle GMG che hanno fatto sorgere l’interrogativo: “se non dovessimo cercare di tradurre il Catechismo della Chiesa Cattolica nella lingua dei giovani e far penetrare le sue parole nel loro mondo”(p. 9).

La risposta è stata appunto YouCat. In questo ben ponderato disegno vediamo verificarsi quel criterio di certezza e autorevolezza già evidenziato. Nella stesura del CCC, e successivamente anche di YouCat, infatti, si è proceduto con serietà, competenza e responsabilità. Si poteva dire meglio? Credo di sì, ma quanto viene offerto ha un’affidabilità che va riconosciuta e dunque si può utilizzare YouCat con fiducia.
 
Fatto da un gruppo di giovani

Alcune informazioni ci permettono di cogliereil genere letterario di questo “catechismo per giovani” che appare concentrato – come in un battage pubblicitario – nell’acronimo YouCat (Youth Catechism). La sigla evoca lo stile giovanile nel comunicare cose rilevanti; la lingua inglese, la più diffusa nel mondo, esprime in certo modo l’universalità dell’opera. In realtà il libro è stato elaborato da un gruppo di giovani austriaci (una cinquantina) guidati dal card. Schönborn, arcivescovo di Vienna,  redattore del precedente CCC.
 
Dei giovani sono stati dunque gli autori di questo strumento. Se ne vede bene l’impronta.
 – Il linguaggio, per dire verità impegnative e dense, appare sciolto e reso compatibile con il parlare comune senza cadere in slang o esoterismi.
– Il testo non si esime da una riflessione ragionata e documentata, accogliendo le istanze dell’uomo (giovane) di oggi e proponendogli un percorso serio, obiettivo, rispettoso del proprio cammino spirituale.
– La scelta inedita dello schema “domanda- risposta” manifesta la volontà di ricuperare il pregio di un metodo tradizionale: l’attenzione viene concentrata, volta per volta, su un contenuto specifico2.
– Notevole l’alleggerimento delle pagine rispetto al ben più massiccio CCC (527 domande per 300 pagine rispetto a 2.865 paragrafi per 788 pagine dell’edizione italiana). Questo non vuol dire fare sconti sulle verità della fede, ma semmai facilitare un accostamento che vada oltre gli innumerevoli dettagli. Per questo
ogni domanda-risposta di YouCat, formulata in modo semplice e piano, sintetizza più periodi del CCC, mantenendone però i dati essenziali, tanto da poter dire che, pur abbreviato, YouCat rispecchia la sostanza del CCC.
– Resta aperta la via per l’integrazione el’approfondimento, potendo svolgere i tanti rimandi fatti al CCC e sviluppare il dialogo che si potrà facilmente instaurare tra i fruitori.
– Del tutto nuovo e quanto mai interessante è il breve commento che segue dopo una o più risposte, per favorire una comprensione corretta e più esistenziale di quanto viene affermato.
– Ogni pagina è incorniciata da foto e grafici, come pure da definizioni, citazioni bibliche,  citazioni di autori importanti.
– Utili gli indici finali, con un migliaio di temi e termini e un centinaio di “definizioni”, cioè di spiegazioni sintetiche di verità rilevanti.

Da quanto detto, si può notare come le tre variabili che determinano un’efficace comunicazione catechistica appaiono sostanzialmente recepite: la certezza di verità rispondenti alla fides ecclesiae trova fondamento nel sicuro contesto biblico-teologico del CCC da cui YouCat dipende e ultimamente dal riconoscimento ufficiale di Benedetto XVI; la rilevanza esistenziale si può notare nel tentativo di leggere con l’esperienza della vita il dato dottrinale e con questo illuminare il senso della vita; quanto alla comprensibilità, lo sforzo appare nella traduzione terminologica e concettuale di espressioni dottrinali altrimenti difficili, così come appare nel commento e nell’apparato figurativo.

Certamente appare subito il limite di un testo scritto per una destinazione universale da parte di un gruppo particolare: qui subentra l’indispensabile mediazione pedagogico-didattica.
 
Suggerimenti per l’attuazione

Diverse osservazioni critiche sono state fatte. Ai contenuti anzitutto. È facile dirlo, data la forma fortemente implicita e sintetica. Ma più che fare correzioni dal punto di vista teologico, resta intero il compito dell’evangelizzatore di chiarire, esplicitare, allargare,  approfondire quanto viene detto, avvalendosi del fratello maggiore che è il CCC. In realtà, il problema ricade sulla modalità della comunicazione,  tenendo presente che occorre realizzare un’esperienza che faccia sintesi vitale tra fides quae e fides qua, prolungando il tentativoiniziato con il “commento”.

Qui viene subito alla luce un principio fondamentale di pedagogia catechistica. La relazione tra testo e giovane rimanda alla relazione tra persone vive che sono tre: il giovane,  il Signore Gesù, il catechista. Gesù come il referente fondamentale e decisivo, Egli è l’amico Salvatore; il giovane come colui che è amato e chiamato personalmente dal Signore per trovare e gustare il senso ultimo della vita per la strada che Lui stesso ha percorso e che ci comunica; finalmente la mediazione del catechista che rappresenta la Chiesa come il “corpo” dove si incontra il Signore.

Il catechista parla a nome di essa, rendendola credibile con la voce della sua testimonianza, con una percepibile relazione di cura accogliente, con la competenza di chi sa e spiega e introduce al mistero di Gesù Cristo nella Chiesa.
Tutto ciò determina un processo metodologico c he – per un impatto più efficace – sceglie la forma del gruppo giovanile e si offre nel formato della lectio divina, con diverse fasi:
 a) il tema: è meglio seguire il filo logico dello stesso YouCat in quanto propone la linea del Credo in termini chiari e logici;
b) l’approfondimento, inteso come spiegazione in un contesto dialogico opportunamente suscitato: “Che ve ne sembra? Vi ha convinto ciò che abbiamo letto? Quali domande?…”.
Per fare ciò vi sono diverse piste:
dottrinale, rappresentata dai contenuti del Catechismo stesso. Ma qui merita illuminare ampiamente con la Scrittura almeno i nuclei tematici maggiori, in modo da conoscere la Rivelazione o Parola di Dio alla sorgente biblica, e insieme giungere a sapere perché la Bibbia è sorgente, e come;
esistenziale, da intendere come presa di coscienza della verità di Dio sulla vita delle persone, di ogni persona. Abbiamo già visto che YouCat cerca di dare impulso a siffatta lettura;
testimoniale, ossia la narrazione e confronto con esperienze significative di cristiani di ieri e di oggi, celebri ma anche nascosti, magari dentro lo stesso gruppo giovanile;
c) Ultima fase è la preghiera: sostare in silenzio prima e poi fare una condivisione orante dei propri pensieri… In momenti adatti, come i campi-scuola, si può fissare un compito di lettura e ricerca dei giovani stessi per concludere in una condivisione.

Un consiglio per chiudere queste note ed aprire il cammino: si legga con attenzione la Premessa di Benedetto XVI, osservando quello squillante “Cari giovani amici”, come pure la bella foto dei due volti sorridenti che si danno gioia reciprocamente, il Papa e una ragazza, e naturalmente YouCat in mezzo. Un
augurio, un presagio, una certezza.
 
Proponiamo quattro esempi per ognuna delle quattro parti

[Domanda] Gesù è veramente Dio? Fa parte della Trinità?
[Risposta] Gesù di Nazareth è il Figlio, la seconda divina Persona di cui si parla quando diciamo “Nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo” (Mt 28, 19) (CCC 243-260).
[Commento] O Gesù era un imbroglione quando si dichiarò Signore del sabato e si fece chiamare con l’appellativo divino di “Signore”, oppure era veramente Dio; quando rimise i peccati commise un vero e proprio scandalo. Questo agli occhi dei suoi contemporanei era un reato da punire con la pena di morte; ma
grazie ai suoi miracoli e prodigi, e soprattutto la sua resurrezione, i discepoli capirono chi era veramente Gesù e lo adorarono come Signore. Questa è la fede della Chiesa (YouCat, n. 39)3.
La domanda è semplice, quasi rozza, brutale: “Fa parte della Trinità?”. La risposta non fa dimostrazioni, riporta le parole stesse di Gesù alla fine del vangelo di Matteo, ricordano che costituiscono il familiare
segno della croce. Da notare lo sviluppo nel CCC. Nel commento si assommano diversi particolari. Si stabilisce un dilemma su ciò che Gesù compie: o è un imbroglione, uno che fa scandalo,  oppure è uno che è Dio, in quanto ha operato come solo Dio può fare: miracoli, opere buone, risurrezione. Si sottolinea che da tutto ciò spuntò la fede dei discepoli. Si conclude, elemento importante, che tale è la fede della Chiesa.
Si fanno rimandi a due parole-chiave: sabato e Chiesa (da vedere nel dizionarietto finale).
 
[Domanda] Con che frequenza un cattolico deve partecipare all’Eucaristia?
[Risposta] Tutte le domeniche e le feste di precetto un cattolico è tenuto a partecipare alla Messa. Ma chi cerca davvero l’amicizia di Cristo risponde più spesso che può all’invito personale di Gesù alla Cena (CCC 1389, 1417).
[Commento] A dire il vero il termine “precetto domenicale” è per un vero cristiano una parola inadeguata almeno quanto quello di “precetto di bacio” per un vero innamorato; nessuno può avere un rapporto vivo con Cristo se non si reca là dove egli ci aspetta; per questo per i cristiani la Messa è fin dai tempi antichi il
“cuore della domenica” e il più importante avvenimento della settimana4.
La domanda è spiccia, ma concreta, tocca una questione che nemmeno è teologica, appare fiscale, per dire una verità fondamentale senza perdersi in dettagli.
La risposta è chiara con la vera ragione che tiene: non si tratta di assolvere un anonimo, impersonale precetto, ma di riconoscere e ricevere un dono che è l’amicizia di Cristo (di Gesù verso di noi e di noi verso di Lui). L’indicativo di grazia fonda l’imperativo etico.  Del tutto inedito nel paludato linguaggio catechistico è il paragone nel commento con il “bacio di un vero innamorato”. Abbiamo alla base un’esperienza cara al mondo giovanile e veramente pertinente. Così si pone bene il richiamo alla mediazione pedagogica.
 
[Domanda] Perché la Chiesa è contraria ai rapporti sessuali prematrimoniali?
[Risposta] Perché desidera proteggere l’amore e perché donare se stessi è il dono più grande che si possa fare. “Ti amo” significa per entrambi: “Voglio solo te, ti voglio per intero e ti voglio per sempre”. Se le cose stanno così, non si può dire “Ti amo” solo per un determinato periodo o per prova, neppure con il proprio corpo (CCC 2350, 2391).
[Commento] Molti prendono sul serio le loro relazioni prematrimoniali; eppure ci sono due riserve incompatibili con l’amore: la exit option e il timore di avere un figlio. Poiché l’amore è così grande, così santo e così irripetibile, la Chiesa chiede ai giovani con insistenza di rinunciare a rapporti sessuali fino al matrimonio (v. n. 425)5.
La domanda è esplicita così come la pongono i giovani stessi al prete. Tanto vale essere schietti!
La risposta può apparire troppo lontana. Per essere capita richiede un approfondimento sul senso del dono tra uomo e donna e capire la sessualità come linguaggio del dono. Il ragionamento fa leva sull’esperienza umana come segno rivelatore di un senso che va oltre i sensi, l’attrazione immediata.
Nel commento si riconosce che molti giovani,  di fatto, della relazione non fanno un gioco. Sono però evidenziate due forme che amputano l’amore, lo riducono cioè a fare scelte a proprio, esclusivo gradimento; volere l’amore senza l’impegno che ne è sigillo di autenticità: l’accoglienza di un possibile figlio. La linea di
soluzione sta dunque nella “grandezza dell’amore umano”, inviolabile (santo), irripetibile.
 
[Domanda] Quando bisogna pregare?
[Risposta] Fin dai primi tempi i cristiani pregano almeno al mattino, all’ora dei pasti e la sera: e chi non prega regolarmente finisce col non pregare più.
[Commento] Chi ama un’altra persona senza mai offrire un segno del proprio amore non la ama davvero. Lo stesso avviene con Dio: chi lo cerca davvero gli testimonierà con dei segni quanto desideri la sua vicinanza e la sua amicizia. Al mattino siamo chiamati ad alzarci ed offrire la giornata a Dio, chiedere la sua benedizione
e la sua vicinanza in tutti gli incontri che si fanno e in tutte le necessità; bisogna ringraziarlo specialmente in prossimità dei pasti; al termine del giorno bisogna porre tutto nelle sue mani e chiedere perdono per sé e per gli altri. Sarà un buon giorno, e questi segni di vitalità spirituale giungeranno a Dio (n. 499).
La domanda rispecchia quella che fanno sovente i cristiani. Racconta un desiderio di riuscire a pregare, ma non se ne ha forse il tempo, soprattutto manca una sana abitudine.
La risposta fa tre affermazioni: la tradizione di pregare è antica quanto la Chiesa; i tempi della preghiera corrispondono ai momenti strategici del giorno (ovviamente non solo questi); la regolarità della preghiera ne garantisce l’esistenza stessa.
Nel commento si fa leva sulla logica dell’amore che parla con la persona che ama. Anche Dio vive con noi una logica di amore, quindi gradisce il segno della preghiera. Sono dati esempi concreti sul significato religioso che può avere ogni parte della giornata.
 
 
1 YouCat, Per conoscere e vivere la fede della Chiesa, Città Nuova, Roma 2011.
2 Già il Compendio del CCC (2005) aveva scelto il metodo della domanda e risposta. YouCat lo fa proprio, ma con una propria autonomia nella scelta del contenuto con e la novità del “commento”.
3 You Cat, n. 39.
4 Ibid., n. 219.
5 Ibid., n. 407.

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