Yemen emergenza acqua
“Da una crisi all’altra” questo è il titolo che meglio rappresenta la vita quotidiana del popolo yemenita. Disordini nel sud e ribellione nel nord. Mentre continua la cosiddetta “guerra contro il terrorismo“ di Al Qaeda, con interventi diretti degli USA, e si materializza lo spettro della guerra contro gli Houthi (movimento socio-politico della scuola Zaydi nord-occidentale dello Yemen), con i conseguenti disagi causati nel Paese, lo Yemen è entrato in un’altra crisi, forse ancora più dura perché minaccia l’intera popolazione: la grave siccità, insieme con scarsità delle risorse idriche in tutto il Paese.
I dati dicono che lo Yemen è diventato uno dei paesi più aridi del mondo , con 125 metri cubi di acqua disponibili per yemenita all’anno , una quantità molto bassa rispetto alla media mondiale che è 7.500 metri cubi per persona. L’intero Paese soffre di una mancanza di acqua senza precedenti. La cattiva gestione delle risorse idriche e la scarsità delle acque piovane sono due dei motivi per cui le falde acquifere si sono notevolmente impoverite. A causa dei continui combattimenti e dell’ insufficiente fornitura di gasolio , molte pompe per l’acqua sono rimaste paralizzate in tutto il Paese, il prezzo dell’acqua è più che raddoppiato e il costo di trasportarla è diventato così oneroso che la maggior parte della popolazione potrebbe presto non essere più in grado di fornire acqua potabile sicura. Un’emergenza che si trascina da anni.
Questa grave situazione ha generato controversie e conflitti armati tra vari tribù e villaggi per il controllo di questa risorsa vitale. Il conflitto più noto ma non l’unico, è quello che è scoppiato 17 anni fa e che dura ancora fino ad oggi tra due villaggi nella periferia della Città di Taaz nel sud del Paese, una delle zone più minacciate dalla siccità. Quradah e Marzouh sono due villaggi vicini che hanno in comune problemi di scarsità di acqua. I combattimenti e gli scontri per controllare le sorgenti di acqua hanno causato decine di morti e feriti dalle due parti, oltre allo spostamento forzato di tante famiglie e la distruzione di parecchie aziende agricole e fattorie. Nonostante le misure adottate dalle autorità – che sono riuscite più di una volta a trovare un compromesso tra i due vicini, dividendo la quantità di acqua disponibile -, gli accordi sono sempre stati di poca durata, violati da una parte o l’altra dando la stura a scontri ripetuti.
Ad iniziare questa volta era stato il villaggio di Quradah che ha distrutto il serbatoio delle acque lamentandosi dell’insufficiente quantità di acqua fornita, ciò che ha riacceso il conflitto di nuovo, ma questa volta con l’uso di armi pesanti. Poche settimane fa il presidente yemenita Abed Rabbo Mansour Hadi ha inviato una commissione per risolvere la crisi e spegnere la miccia della guerra. C’è stato un dispiegamento di circa 60 veicoli militari nei due villaggi e trattative con i loro leader politici. Ma la tensione regna ancora sovrana e la situazione può scoppiare in qualsiasi momento.
Il problema dell’acqua non ha risparmiato nessuna regione del paese. Nel nord la situazione non è migliore rispetto a quella nel sud: la città di Saada soffre di enorme carenza di acqua aggravata dalla presenza di numerosi sfollati fuggiti dagli aspri combattimenti tra l’esercito yemenita e gli Houthi, una circostanza che ha contribuito ad impoverire ulteriormente le riserve di acqua già insufficienti. Così anche altrove. La capitale Sanaa, la città murata localizzata ad un’altitudine di 2300 metri sul livello del mare , non è più capace di soddisfare le esigenze dei suoi abitanti in termini di acqua potabile, in certi quartieri l’acqua arriva nelle case solo una volta ogni 20 giorni. Secondo voci non prive di fondamento, Sanaa rischia di diventare la prima capitale senza acqua nel mondo nel giro dei prossimi quindici anni. Non solo quello, ma rischia anche di perdere il suo ruolo di capitale se il degrado continua. Ci vogliono grandi investimenti per riuscire a dissalare l’acqua del mare – lontano circa 150 kilometri – e pomparla ad un’altezza di oltre 2000 metri, un’operazione ancora più costosa . A Sanaa solo 80 su 180 dei pozzi che forniscono l’acqua potabile sono utilizzabili, gli altri purtroppo sono secchi. Ora per estrarre l’acqua sotterranea occorre scavare per almeno 400 metri di profondità, mentre cinquant’anni fa 20 metri erano più che sufficienti. Il livello di acqua scende di quasi tre metri ogni anno.
Le riserve idriche soffrono di un eccessivo utilizzo nelle aree agricole, soprattutto per la coltivazione di “Al qat“ (una pianta che gli yemeniti masticano su larga scala e ha l’effetto di stimolo): quasi il 40% delle acque di irrigazione sono convogliate ai campi dove la pianta è coltivata, in particolare intorno alla capitale. “Al qat” e una pianta che richiede enorme quantità di acqua e genera quattro volte i profitti che derivano dalla coltivazione del caffè; è un business spesso controllato dai capi tribali che possiedono grandi piantagioni e che hanno potere e grande influenza, determinando l’incapacità del governo di affrontare il problema. Oltretutto, la consumazione di “Al qat” è un’abitudine radicata in gran parte della società yemenita, vietarla è impossibile. Ma presto la gente sarà costretta a scegliere tra la pianta e l’acqua da dover fornire ai propri figli.
Il governo dell’ex presidente Ali Abdullah Saleh aveva preso misure per migliorare l’accesso all’acqua in Yemen, ma i disordini politici degli ultimi tempi, hanno relegato la questione delle acque quasi in fondo all’elenco delle priorità del governo successivo. Sebbene esistano soluzioni, la volontà e l’attenzione necessari per metterle in pratica rimangono carenti, e senza un vero impegno da parte del governo sul tema dell’acqua tutte le strategie adottate dalle organizzazioni umanitarie internazionali che si occupano di questo problema non possono funzionare efficacemente. Il governo dovrebbe anche fornire sussidi per i poveri, in parallelo con lo sviluppo delle infrastrutture idriche. Una strada ancora lunga.
contributo da www.unimondo.org