Xinjiang, il blog detonatore

Gli scontri di Urumqi sembrano essere nati da un equivoco. Forse voluto.
Xinjiang
Lo stallo nella regione più occidentale della Cina, lo Xinjiang, è assai complicato. La precipitosa marcia indietro del presidente Hu Jintao, che ha rinunciato al G8 de L’Aquila per riprendere sotto controllo la situazione, dicono la gravità della situazione. Il fatto è che Tibet e Xinjiang, considerati da Pechino territori indispensabili per l’integrità del territorio cinese nonostante siano i territori più vasti ma meno popolati del Paese, non hanno ancora dato prova di un’integrazione voluta ma forse imposta troppo violentemente dalle autorità cinesi. Tibetani e uyguri non hanno perso le loro specificità. Tutt’altro. Nonostante la massicia immigrazione degli "han", i veri cinesi. Nonostante il governo centrale abbia investito enormi fondi statali per le infrastrutture delle due regioni, elevando quindi indiscutibilmente il livello di vita delle popolazioni locali.



Il paradosso, che ora emerge con dovizia di particolari anche dalle agenzie cinesi legate al regime (come Xinhuanet) è che la scintilla che ha provocato il bagno di sangue, con la morte di centinaia di manifestanti di parte uyguri e di numerosi han vittime delle violenze del gruppo etnico di originie turca, era un bluff. Lo stupro di una giovane han (Huang Cuilian, di Guangdong, 19 anni) da parte dui due giovani uyguri in una ditta di giocattoli non è mai avvenuto. Ma un equivoco (forse ricercato) dovuto alle grida di questa giovane che si era sbagliata di porta, fomentato a dire il vero da una forte tensione interetnica tra i dipendenti uyguri e han appunto nella ditta di giocattoli di Guangdong, ha portato un giovane a pubblicare un post su www.sg169.com il 16 giugno che titolava "Sei ragazzi dello Xinjiang hanno violentato due giovani innocenti nella fabbrica di giocattoli Xuri". Apriti cielo!



Ciò mi sembra dover portare a due riflessioni. Prima: gli scontri di Urumqi sono il risultato di una fortissima tensione interetnica irrisolta nello Xinjiang, che ha enormi riflessi politici ma non religiosi, se è vero che una falsa e in fondo piccola notizia ha dato fuoco alle polveri. Seconda riflessione: le potenzialità del web hanno una valenza doppia: possono fomentare la legittima rivolta di un popolo alle prese con un regime totalitario (vedi le manifestazioni di Teheran), ma possono anche scatenare violenze inaudite e in fondo immotivate. Bisogna riflettere sulle enormi potenzialità della Rete, ma anche sulle sue pericolose derive. Un dibattito che la società civile ha intrapreso da tempo e che va portato avanti con coraggio (vedi ad esempio NetOne e RsF).

 
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