Xenofobia, razzismo e nazionalismi, i cristiani si interrogano

Roma ha ospitato in questi giorni una conferenza mondiale su tre problematiche profondamente collegate fra loro che stanno caratterizzando, in particolare il mondo occidentale

Europa e Stati Uniti, sebbene in modo diverso, sono al centro di problematiche fondamentali che riguardano xenofobia, razzismo e nazionalismi e, sempre più, nell’affrontare situazioni socio-politiche inattese stanno mandando un messaggio di grande incongruenza etica e storica. Il mondo cristiano, infatti, o, se si preferisce, quello che è nato da due millenni di cristianesimo e, più recentemente, da decenni di secolarizzazione e laicismo, è anche quello che più vede sorgere questi tre aspetti che non lasciano dormire sonni tranquilli.

Una conferenza di questo tipo, dunque, anche se non pubblicizzata dai media come vuole la narrativa attuale che mira allo scontro e all’esclusione piuttosto che all’accoglienza e all’inclusione, ha permesso di mettere sulla tavola problematiche condivise e trasversali e ascoltare, a questo riguardo, persone autorevoli.

Papa Francesco riceve in udienza i partecipanti alla World Conference on Xenophobia, Racism, and Populist Nationalism in the context of Global Migration, in corso a Roma dal 18 al 20 settembre 2018, Città del Vaticano.
Papa Francesco riceve in udienza i partecipanti alla World Conference on Xenophobia, Racism, and Populist Nationalism in the context of Global Migration, in corso a Roma dal 18 al 20 settembre 2018, Città del Vaticano.

La Conferenza, concepita e organizzata dal Dicastero per il servizio dello sviluppo umano integrale e dal World Council of Churches (Wcc), in collaborazione con il Pontificio Consiglio per l’unità dei cristiani, ha riunito circa 200 rappresentanti delle Chiese cristiane di tutti i continenti. Il ritmo e la natura dei lavori hanno favorito momenti in sessione plenaria dove si sono analizzati i fenomeni della paura e del populismo, legati alle migrazioni, e altri momenti di condivisione divisi per aree geografiche. Dai lavori è chiaramente emerso che, nonostante le tragiche storie del passato, anche recente, xenofobia e razzismo stanno riemergendo in tutti i Paesi del mondo e stanno influendo come un’onda di disprezzo e odio su cultura, media e politica.

I partecipanti hanno vissuto nell’impegno a recuperare la dimensione cristiana del fenomeno migratorio, come conferma il messaggio finale del convegno. «Rifiutare di ricevere e aiutare chi è nel bisogno è contrario all’esempio e alla chiamata di Gesù Cristo». In effetti, i partecipanti hanno riconosciuto che «viviamo tempi in cui sembrano riprendere vita e diffondersi sentimenti che a molti parevano superati. Sentimenti di sospetto, di timore, di disprezzo e, perfino, di odio nei confronti di individui o gruppi giudicati diversi in ragione della loro appartenenza etnica, nazionale o religiosa e, in quanto tali, ritenuti non abbastanza degni di partecipare pienamente alla vita della società».

Papa Francesco

L’iniziativa di queste giornate di riflessione rientra nella proposta di un dialogo ecumenico proiettato verso le “periferie” come vuole papa Francesco, ma in collaborazione fra cristiani di diverse tradizioni. Dal lavorare insieme per queste finalità, infatti, si può camminare verso una crescente unità fra le Chiese. È la via ecumenica inaugurata con la visita a Lesbo realizzata dallo stesso papa Francesco, insieme al patriarca Bartolomeo di Costantinopoli e all’arcivescovo Ieronimus della Chiesa ortodossa di Grecia, che nell’aprile del 2016 hanno prodotto un esempio di comune impegno cristiano verso i più poveri e bisognosi, gli emigranti appunto. Il viaggio a Lesbo per incontrare centinaia di migranti da poco sbarcati in Grecia per ottenere la possibilità della mobilità all’interno dell’Europa, ha aperto la strada ad un nuovo ecumenismo, fatto di azioni concrete per coloro che vivono nelle nostre periferie.

Papa Francesco, in occasione dell’incontro con i 200 delegati presenti al convegno, ha lanciato un monito molto chiaro e preciso. Innanzitutto, ha sottolineato, come la politica non debba cedere «alla tentazione di strumentalizzare le paure» per «miopi interessi elettorali». E, in secondo luogo, ha invitato «coloro che traggono giovamento economico dal clima di sfiducia nello straniero», a «fare un profondo esame di coscienza, nella consapevolezza che un giorno dovranno rendere conto davanti a Dio delle scelte che hanno operato».

Papa Francesco ha ricordato ai partecipanti che «viviamo tempi in cui sembrano riprendere vita e diffondersi sentimenti che a molti parevano superati. Sentimenti di sospetto, di timore, di disprezzo e perfino di odio nei confronti di individui o gruppi giudicati diversi in ragione della loro appartenenza etnica, nazionale o religiosa e, in quanto tali, ritenuti non abbastanza degni di partecipare pienamente alla vita della società». Dunque, «la gravità di questi fenomeni non può lasciarci indifferenti». È, quindi, necessario collaborare per contrastare queste derive ideologiche e promuovere in ogni contesto il rispetto della dignità di ogni persona umana. Oltre a richiamare le famiglie a ricordare come esse rappresentino il «luogo in cui si imparano fin dalla tenerissima età i valori della condivisione, dell’accoglienza, della fratellanza e della solidarietà», ha invitato anche i leader religiosi e i responsabili delle Chiese cristiane perché «contribuiscano a costruire società fondate sul principio della sacralità della vita umana».

Papa Francesco

Ancora una volta Bergoglio ha insistito sul fatto che tutti, al di là della provenienza geografica, etnica e religiosa, siamo stati creati a immagine e somiglianza di Dio e pertanto è necessario sentirsi tutti «membri di un’unica famiglia, fratelli e sorelle». Ma non si tratta solo di essere tolleranti verso l’“altro”. La tolleranza, infatti, deve trasformarsi «in amore fraterno, in tenerezza e solidarietà operativa» e ciò – prosegue il papa – «vale soprattutto nei confronti dei più piccoli dei nostri fratelli, fra i quali possiamo riconoscere il forestiero, lo straniero, con cui Gesù stesso si è identificato. Nel giorno del giudizio universale, il Signore ci rammenterà: “Ero straniero e non mi avete accolto”». Ma già oggi ci interpella: «Sono straniero, non mi riconoscete?».

Ma la voce di papa Francesco non è stata l’unica a parlare con autorevolezza nell’affrontare le sfide della società attuale riguardo a xenofobia, migrazioni, e nazionalismi. Il rev. Olav Fykse Tveit, segretario generale del Wcc, ha dichiarato che «le Chiese sono impegnate a trovare vie di soluzioni soprattutto invitando a guardare i migranti e i rifugiati non come motivo di problema ma come esseri umani». Tveit ha sottolineato come nel corso dei lavori sia emerso «come le religioni possono essere usate sia come identità da cui proteggersi o come fattori di esclusione. È un problema. Per questo noi, come Chiese, dobbiamo cercare di sviluppare una comprensione comune di cosa significa credere in Dio». In definitiva, ha concluso il segretario generale del Wcc, «tutti noi siamo stranieri e, come tali, tutti abbiamo bisogno di essere accolti e accettati».

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