X FACTOR 5
Che piaccia o no, è così: oggi la musica “serve” alla tivù, molto più di quanto questa serva alla musica.
Che piaccia o no, è così: oggi la musica “serve” alla tivù, molto più di quanto questa serva alla musica.
Non solo. È evidente che tutto ciò che appartiene al voluttuario rischi l’estinzione per mancanza di sostentamento; ma anche che l’homo dolens contemporaneo ha un disperato bisogno di leggerezze capaci di fargliela dimenticare.
Le canzoni e i personaggini di X Factor proprio a questo servono: un accessorio che la televisione occidentale, con la complicità dei social network, ha sviluppato per aiutarsi/ci a “passà ‘a nuttata”, pur con la perfetta coscienza che così facendo offre un semplice anestetico che consente di prolungare l’agonia del paziente. Tanto più che il contratto da 300 mila euro alla sedicenne vincitrice di questa edizione, Francesca Michielin, è prezzo di un sogno perduto da migliaia di altri.
Un format elementare, dove la musica è subalterna allo spettacolo, le ispirazioni ai virtuosismi, le emozioni alle sensazioni. La sempreverde formula di un pop con melodie costruite sulle esigenze radiotelevisive odierne, e come tali adatte a un consumo effimero, e concimato da concetti banali quanto la grammatica di Facebook e di Twitter. Se questa è l’alternativa a Sanremo c’è poco da stare allegri.
Certo questi ragazzi han dimostrato talento, determinazione e pragmatismo bastanti per rendere appassionante la sfida, ma lo sanno anche loro che oggi le carriere non si costruiscono più sulle vendite delle canzoni: perché chi dovrebbe comprarsele ormai se le ascolta in streaming senza doverle neppure scaricare. Una mutazione socio-economica epocale cui tutti, compresi questi ragazzi pieni di speranze, dovranno adeguarsi. Il problema è che nessuno può dire quali nuovi scenari attenderanno produttori e consumatori nei prossimi mesi. Di certo c’è solo che questo novello 2012 sarà un anno da antologia: almeno nel senso che saranno proprio le antologie (unitamente alle compilation e alle ristampe) a tamponare le ultime emorragie di un mercato che già non esiste più.