www, liberi tutti
Quel giorno la polizia ne ha contati quaranta su Facebook live. Li hanno chiamati spettatori virtuali; peccato però che la quindicenne in questione lo stupro trasmesso in diretta l’abbia subito per davvero. Pare che gli amministratori del social non si siano ancora pronunciati e che la legge internazionale e nostrana (a parte l’art. 167 del Codice della privacy) non riesca a tenere il passo con le sfide della Rete. Per non parlare del caso del blog di Grillo, dove titolarità e responsabilità dei contenuti sembrano gravitare in due orbite antitetiche. È come un gioco di specchi e se ce lo avessero detto 15 anni fa non ci avremmo creduto, ebbri com’eravamo del pensiero positivo che aleggiava intorno al web e ai suoi presunti superpoteri. E come se non bastasse Tim Berners-Lee, padre del www, rincara la dose con una triplice analisi: «Abbiamo perso il controllo dei nostri dati; diffondere disinformazione non è mai stato tanto facile; occorre più trasparenza sui contenuti politici». A colpi di fake news, contenuti clickbait in cui vince chi la spara più grossa, video degni della migliore tradizione splatter-horror, oggi la Rete è terra di nessuno, alimentata da utenti senza identità protetti dal vuoto legislativo.
Chi è dunque responsabile? Fino a dove è concesso arrivare per cavalcare l’onda della “vita in diretta”? Ciò che accomuna i fatti citati è il fattore responsabilità e di conseguenza la definizione dell’identità, dato che la responsabilità legale di un’azione è propria di chi la compie. Nel caso delle violenze in diretta, oltre all’inqualificabile non-presa di posizione di Fb, ci si chiede a cosa servano gli sbandierati investimenti in tecnologia intelligente per il riconoscimento visivo che – a detta di Palo Alto – dovrebbero consentire l’intervento tempestivo su simili trasmissioni. Riguardo alla gestione dei contenuti, è arrivato il momento che tutti, piattaforme e legislatore, inizino a trattare in maniera differente i siti che si assumono la responsabilità di quello che pubblicano, da quelli (come i blog) che si trincerano dietro l’anonimato, protetti dall’assenza di norme vigenti. Sono tre le misure più urgenti: la costruzione di un solido e lungimirante impianto legislativo; un’operazione “qualità” e di serio controllo dei fatti da parte di giornalisti, editor, copywriter, e la riconquista del senso di responsabilità da parte degli internettiani. «Perché – sostiene sempre l’autorevole Berners-Lee – io posso aver inventato il web, ma sta a tutti noi costruirlo come vogliamo, per tutti».