Worms, protesta e libertà di coscienza

Nella cittadina dove nel 1521 i principi tedeschi si divisero sulle tesi di Lutero vennero gettate le basi della dialettica maggioranza- opposizione e del dibattito pubblico su posizione diverse fondate sulla coscienza dei singoli
Dieta di Worm 1521 foto Common Wikipedia

Il nostro viaggio nei luoghi della democrazia ci porta a Worms, lungo le rive del Reno, a sessanta kilometri a sud di Francoforte, in Germania.

Oggi Worms è una città di oltre ottantamila abitanti. Quando nel 1521 si svolse la Dieta, ovvero l’assemblea dei principi tedeschi convocata dall’imperatore Carlo V, ne aveva meno di un decimo. Quell’evento ebbe un impatto dirompente sui cittadini del piccolo borgo fluviale che dovettero provvedere all’ospitalità dei numerosi dignitari con il proprio seguito, tanto da sconvolgere l’ordine pubblico.

Ma ancora più ampi e profondi sarebbero stati gli effetti sulla storia dell’umanità. A Worms iniziò un lungo e profondo processo di cambiamento, che mise fine alla compattezza del potere assoluto, iniziando un percorso pluralistico, sia dal punto di vista religioso che politico.

L’antefatto dell’assemblea renana è l’affissione delle tesi di Lutero nel castello di Wittemberg, a sud di Berlino, quattro anni prima, quando le posizioni teologiche del presbitero e accademico agostiniano avevano trovato un vasto consenso politico, sia fra il popolo che nelle élite del tempo.

A Worms,  dopo aver offerto a Lutero la possibilità di ritrattare, si tenta di screditarlo mettendolo fuori legge con un editto. Ma il braccio di ferro fra Carlo V, che tenta di mantenere lo status quo, e i propri principi, continua: nella prima dieta di Spira del 1526, Ferdinando I, fratello di  Carlo V, fa una prima concessione sospendendo gli effetti dell’editto di Worms,per  rinnegare questa apertura nella successiva dieta di Spira del 1529.

Ma una minoranza di partecipanti alla dieta non accetta la decisione maggioritaria: tentano di parlare con Ferdinando I, che nemmeno li riceve; poi scrivono una lettera di “protesta” al re, che la respinge; decidono allora di stamparla e renderla pubblica.

Il testo inizia così: «Protestiamo attraverso questo manifesto, davanti a Dio, nostro solo Creatore, Conservatore, Redentore e Salvatore, e che un giorno sarà nostro Giudice supremo, come pure davanti a tutti gli uomini e tutte le creature, e per fare questo, che noi, nel nostro nome, e per il nostro popolo, non daremo il nostro consenso né la nostra adesione in alcun modo al decreto proposto, in tutto ciò che è contrario a Dio, alla Sua Santa Parola, ai diritti della nostra coscienza, e alla salvezza delle nostre anime.»

La protesta di Spira ha molte implicazioni per la storia della democrazia, ma due sono particolarmente rilevanti.

La prima ha a che fare proprio con il cambio di significato della parola protesta, che fino ad allora era legato all’etimo latino “pro-testo”, attestare, sostenere con forza e solennità. A Spira assume invece il significato che attribuiamo ancor oggi, ovvero l’opposizione pubblica verso una decisione, una persona, un’idea. Vengono così gettate le basi della dialettica maggioranza- opposizione e del dibattito pubblico su posizioni diversificate. Ma trovano fondamento anche i temi dei poteri locali, del federalismo, della protezione delle minoranze.

L’altra grande novità è l’appello alla libertà di coscienza – “ai diritti della nostra coscienza” – che sgancia ciascuna persona dalla coercizione di un potere superiore di qualsiasi natura esso sia.

Protesta e libertà di coscienza sono due facce di una medaglia, che sfida profondamente la concezione di potere di ogni tempo, e sono al tempo stesso uno snodo fondamentale nel rapporto fra persone e comunità. Perché se è vero che abbiamo il diritto di protestare e di appellarci alla nostra coscienza, è altrettanto vero che dobbiamo trovare il modo per vivere insieme.

Gli esiti del percorso, come ancora oggi possiamo osservare, sono tutt’altro che scontati: ora come allora c’è chi non si accontenta di una protesta pacifica, ma sceglie la lotta violenta e armata per rivendicare i propri diritti, vale per i contadini tedeschi del sedicesimo secolo come per i sostenitori di Trump a Capitol Hill.

Allo stesso tempo i detentori del potere possono essere a loro volta attratti dal dominio, sordi alle proteste e incuranti della libertà di coscienza individuale, usando il culto religioso come pretesto per legittimarsi e conservare le proprie prerogative.

Le violente guerre che hanno insanguinato l’Europa per oltre un secolo dalla protesta di Spira del 1529 alla pace di Westfalia del 1648 sono a testimoniare quanto il percorso sia accidentato.

Gli stessi pensatori, difronte agli esiti controversi del percorso prendono posizioni fortemente divaricate: da un lato Hobbes giustifica l’assolutismo per garantire la pace sociale, dall’altro Locke spinge per il parlamentarismo rappresentativo.

Nonostante le evidenti difficoltà, la democrazia continua il suo percorso, talvolta carsico, altre volte in superficie, nella maturazione e nella sperimentazione di sempre nuove concezioni e innovazioni istituzionali, che inevitabilmente hanno effetto su tutta la vita sociale. E ciò che viene concepito e sperimentato in un singolo luogo, può diventare patrimonio di tutti.

 

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