Wenders & Amelio – Una lezione di umanità
Wim Wenders, 59 anni asciutti, è garbato e disponibile. Nell’elegante spazio dell’Ente dello Spettacolo – Rivista del Cinematografo all’Hotel Excelsior al Lido, l’8 settembre, accoglie con serena soddisfazione il Premio Bresson che da cinque anni viene attribuito a registi che abbiamo testimoniato il difficile cammino alla ricerca del significato spirituale della vita , come ricorda mons. Foley, presidente del Pontificio Consiglio delle Comunicazioni sociali, consegnando il riconoscimento al regista. Il quale si trova a ricevere un premio che, prima di lui, è toccato a Tornatore, de Oliveira, Angelopoulos e Zanussi, perché con la sua opera – osserva Foley -riesce a scavare nell’anima delle persone il bisogno di amore . Naturale che Wenders poi accenni al suo film in concorso Land of Plenty – La terra dell’abbondanza, un titolo ironico per un lavoro dove le due anime dell’America – quella ossessionata dall’autodifesa e quella generosa e pulita – sono guardate con occhio amico. Amo troppo l’America – dice il regista – per attaccarla in un momento così difficile. Ho solo cercato di analizzare i miei sentimenti di cristiano e di europeo verso questo paese che molti troppo semplicisticamente giudicano il nemico. Ho raccontato povertà e paranoia con la speranza di suscitare un dibattito e di aprire cuore e occhi agli americani stessi… perché la guerra non è mai stata la risposta giusta, conclude spiegando il suo film, l’unico in mostra a esplicitare concetti cristiani come perdono e speranza. Altro personaggio, Gianni Amelio. Il suo Le chiavi di casa al Festival – un film coraggioso sull’accettazione della diversità e il recupero del sentimento paterno – riceve l’11 il premio Sergio Trasatti – Venezia Cinema della Rivista del Cinematografo dell’Ente dello Spettacolo. Un voto con cui la giuria, coordinata con misura dal neopresidente dell’Ente Dario E. Viganò, ha voluto premiare, come ogni anno, un autore in concorso alla Mostra che abbia dato il maggior contributo alla promozione dei valori umani della pace, libertà e solidarietà: doti che il film di Amelio possiede, espresse in modo limpido e rispettoso della sensibilità dello spettatore. Ma anche di quella degli attori, se è vero che con il protagonista Andrea Rossi, il regista continua un rapporto quotidiano, fuori dal set: Ci sentiamo ogni giorno, per me è un altro figlio, ha affermato. Non è difficile credergli, vedendoli insieme, anche con gli altri due ottimi interpreti, Kim Rossi Stuart e Charlotte Rampling, realmente coinvolti a livello personale in quest’esperienza umana e artistica dove il dolore non è più esorcizzato, ma diventa motivo di crescita. Oltre agli incontri- premio con Wenders e Amelio non sono mancati altri avvenimenti di riguardo. Il 5, infatti, era toccato ad un musicista di fama mondiale come Luis Bacalov presentare un lavoro di grande utilità e impegno, i due volumi del dizionario con cd Musicisti per lo schermo, fatica di Ermanno Comuzio, storica penna di critica musicale della Rivista del Cinematografo. Circa duemila biografie e filmografie di autori di colonne sonore. L’opera – come ricorda Viganò – è uno strumento per i critici, gli appassionati e gli studiosi per approfondire un tema tanto affascinante eppure poco valorizzato , e si presenta come il più aggiornato dizionario sul mercato editoriale. Anche se, suggerisce Comuzio, rimane sempre aperta, a suggerimenti, innovazioni, nuove biografie. Infine, un recupero insperato: il ritrovamento de L’Inferno, opera del 1910 – che si credeva perduta – di Giuseppe Berardi e Arturo Busnengo, depositato nella Filmoteca vaticana, come annota il delegato della filmoteca, Enrique Planas. Restaurato dall’Istituto Luce e da Cinecittà Digital, questo prezioso, affascinante lavoro sulla Commedia dantesca è stato presentato alla stampa e poi al pubblico curioso in sala Volpi insieme ad un altro Inferno, anno 1910- 1911, con la regia di Padovan e Bertolini – conservato nella Cineteca Nazionale romana. Un successo, occorre dire. Ed un lavoro coraggioso, data l’epoca, ricco di fantasia, se si vuole ingenua, ma di grande suggestione nel bianco-nero del primissimo Novecento.