“We are young” canzone dell’anno
In queste ore, attraversate da un’infinità di chiacchiere preelettorali, da una crisi economica planetaria che pare irrisolvibile, e dalle clamorose e inattese dimissioni di Benedetto XVI, il piccolo mondo post-moderno della musica leggera ha celebrato il più atteso dei suoi riti annuali.
L’anno scorso fu Adele l’asso pigliatutto, portandosi a casa ben sei riconoscimenti. Quest’anno gli Oscar della musica, giunti alla 55esima edizione, hanno visto una maggiore varietà di assegnazioni con una equilibrata suddivisione fra star consolidate e giovani rampanti di grande prospettiva.
Vediamo allora di riepilogare i riconoscimenti principali emersi dall’arena patinata dello Staples Center di Los Angeles.
We are young è state eletta canzone dell’anno. A firmarla la giovane band new-yorkese dei Fun. Un gruppo – e un brano – chiaramente riconducibile all’ortodossia del pop e che ha il suo punto di forza nel mix di melodie accattivanti, gustose armonizzazioni vocali e un’allure neoromantica gravida di nostalgia. La band si è anche portata a casa il grammofono d’oro destinato al miglior gruppo emergente.
Il prestigioso riconoscimento destinato all’album dell’anno è andato invece al notevole Babel, secondo album nella discografia di una band britannica, Mumford & Sons, che per l’occasione si è anche tolta la soddisfazione di duettare con sir Elton John. Lo stile del quartetto è riconducibile al cosiddetto indie-folk; anche loro si sono formati di recente (nel 2007) ed è facile prevedere che questa vittoria, unitamente alla ruspante energia che trasuda da questo loro lavoro, li proietterà dalle nicchie dei pur numerosi aficionados alla ribalta del grande show-business.
La trionfatrice della scorsa edizione s’è dovuta accontentare del grammy destinato alla Best pop solo performance con la canzone Set Fire To The Rain. Una scontata conferma è arrivata anche per Beyoncé che, dopo la chiacchierata performance all’ultimo Superbowl, s’è portata a casa il premio come miglior performance nella categoria rhythm and blues. Prevedibili anche i trionfi di due mammasantissima come Kanye West e Jay-Z nelle categorie dedicate al rap.
Tre grammy se li sono invece messi in bacheca i Black Keys, dominatori come Best rock performance, Best rock song con Lonely Boy, e Best rock album con El Camino, oltre al premio andato al loro produttore Dan Auerbach. Da segnalare ancora, fra la trentina di categorie in concorso, anche i premi andati al sempiterno con Kisses On The Bottom come Best traditional pop vocal album, al nuovo idolo della dance elettronica Skrillex, e alla giovane e fin troppo platinata Carrie Underwood che, con Blown Away, ha dominato nell’ambito country. A bocca asciutta invece molti grandi come Springsteen, Jack White (che pure era tra i performer della serata) e i Coldplay.
La gran soirée è stata anche illuminata da numerose performance live; oltre al già citato duetto, segnalo l’appassionato omaggio all’indimenticabile Bob Marley che ha riunito sul palco il figlio Ziggy unitamente a stelle del calibro di Rhianna, Sting, LL Cool J e ai promettentissimi Luminers.
Nel frattempo, gli americani hanno pure deciso d’eleggere la canzone d’amore più bella di tutti i tempi. Il sondaggio è stato stravinto da I will always love you, nella memorabile interpretazione di Whitney Houston: il brano che più di ogni altro contribuì al suo successo planetario, ma che segnò anche lo spartiacque tra la sua ascesa al trono del pop e la sua discesa agli inferi della depressione.