W i Corri Torri

Le dichiarazioni del procuratore nazionale antidoping evidenziano un conflitto tra sport e successo a tutti i costi. Ma il mondo delle due ruote non è l’unico sotto accusa.
Sport

«I ciclisti? Sono tutti dopati!». La solita chiacchiera da bar, da “processo” alla tappa, quando per televisione assistiamo alle fatiche di uomini che durante il Giro d’Italia o il Tour de France sfidano il limite della fatica. Il discorso cambia se ad affermare tutto ciò è il procuratore nazionale antidoping Ettore Torri, magistrato di 78 anni con una lunga carriera alle spalle, spesa tra la corte di Cassazione e la procura della Repubblica di Roma.

 

«Non sono l’unico a dirlo, tutti i corridori che ho interrogato mi hanno detto che tutti si dopano». Parole pesanti che sembrano sfociare nello sconforto dell’oblio di un uomo di legge che da poco più di quattro anni ha iniziato ad indagare sul fenomeno doping nello sport e nel ciclismo in modo particolare. Ora Torri porta sul groppone ben otto pesanti fascicoli d’indagini aperti dai magistrati di Mantova, Perugia, Bergamo, Padova, Lucca, Trento, Roma e Como, per fatti che coinvolgono ciclisti e personalità dell’ambiente delle due ruote. Di battaglie ne ha vinte parecchie il procuratore, ma il peso di questo fardello sembra ormai diventare talmente grande da suggerire che la guerra tra doping e sport sembra essere ancora un conflitto destinato a durare in eterno.

 

Tra i ciclisti e gli addetti ai lavori è comune il senso di solidarietà per le parole del procuratore, altri invece non ci stanno e ci tengono a dire la loro con mitezza o pacata brama, dichiarando di sentirsi fuori dal campione di corridori preso in considerazione. Fatto sta che tutto questo contribuisce ad infiammare un terreno già rovente e nebuloso, visti gli ultimi casi di positività riscontrati dall’Unione Ciclistica Internazionale. Uno su tutti quello di Alberto Contador, già tre volte vincitore del Tour de France.

 

Torri non molla e continua ad avanzare nella marcia del suo operato come un cavaliere ferito, ma intanto al di là delle sue dichiarazioni forti ci offre diversi spunti per riflettere. Viene da chiedersi se può essere possibile concentrare tutto il marcio dello sport nel mondo ciclismo . Viene da chiedersi perché un calciatore riceve al giorno d’oggi un trattamento diverso rispetto ad un corridore. E’ lecito farsi delle domande, perché sembra che sia solo il ciclismo a pagare il prezzo del cambiamento che deve avvenire, mentre su tu tutti gli altri fronti, non certo “immacolati”, c’è solo qualche colpo di carabina e niente di più.

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