Il vuoto lasciato dalle Farc

Ancora lungo appare il cammino della pace, in Colombia. Dopo l’iniezione di fiducia e speranza della visita del papa, continuano i negoziati di pace tra il governo e il secondo gruppo guerrigliero del Paese, l’Eln

Ancora lungo appare il cammino della pace, in Colombia. Dopo l’iniezione di fiducia e speranza della visita del papa, continuano i negoziati di pace tra il governo e il secondo gruppo guerrigliero del Paese, l’Eln. Intanto, la smilitarizzazione delle Farc, divenute un partito politico, ha lasciato campo libero a gruppi paramilitari e/o narcos che approfittano del vuoto di potere rimasto dopo la partenza dei guerriglieri dalle regioni rurali e amazzoniche. E così sono già più di 50 i leader comunitari assassinati nei primi 6 mesi del 2017, con un aumento del 33% rispetto all’anno precedente. 156 negli ultimi 14 mesi, secondo il governo. 23 di loro sono ex-militanti delle Farc o loro familiari. «Si tratta di vendette rimaste in sospeso per anni, che non venivano concretizzate solo per la presenza delle Farc», spiega a Città Nuova Carlos Alfonso Velázquez, colonnello dell’esercito e precandidato presidenziale. Velázquez auspica al riguardo la creazione di una sorta di “guardia rurale permanente”, perché, spiega, «ciò che avviene ora è che le forze dell’ordine arrivano, realizzano operazioni e non rimangono sul terreno. E le organizzazioni criminali ne approfittano». Con conseguenze che sono anche più gravi, secondo il rapporto della Ong Somos Defensores, che conta 458 difensori dei diritti umani e ambientali uccisi tra il 2009 e il 2016. L’impunità per questi delitti regna sovrana: ben 306 sono stati commessi da ignoti. Altri, da paramilitari, dalle Farc, dalle forze dell’ordine e dall’Eln. L’87% dei casi rimane avvolto dal buio più assoluto. Ciononostante, in settembre la Procura generale della Repubblica ha annunciato la storica condanna di 32 ex paramilitari, accusati di quasi mille crimini in 10 province. Erano membri del famigerato Bloque Central Bolívar (Bcb), forse la sezione più sanguinaria. La sentenza ha chiarito centinaia di omicidi, sparizioni forzate, deportazioni, reclutamenti illeciti e casi di violenza sulle donne.

Il Bcb, principale braccio armato delle Autodifese unite della Colombia (Auc), era composto da 9 colonne per un totale di ben 7.603 uomini. Complessivamente, le Auc, gruppi di estrema destra nati per combattere la guerriglia e il comunismo, si sono rese colpevoli, secondo le Nazioni Unite, dell’80% delle morti del conflitto. Dopo il polemico processo di smobilitazione condotto dall’allora presidente Álvaro Uribe nel 2006, vari comandanti in capo furono estradati negli Stati Uniti per cause legate al narcotraffico. Ma dopo lo scioglimento formale della milizia, alcuni “reduci” hanno proseguito le attività criminali attraverso gruppi chiamati Bacrim, ovvero Bande criminali emergenti, fortemente connesse col potere politico ed economico, sulla falsariga di quanto accaduto in El Salvador e Nicaragua dopo la sconfitta delle guerriglie locali e il conseguente smantellamento dei gruppi paramilitari. La storicità della sentenza sta nel volume delle condanne che ha portato a decapitare le Auc, il cui “stato maggiore” non ha mai ammesso le responsabilità delle efferatezze che gli si attribuiscono, e men che meno ha chiesto perdono ai colombiani, come hanno fatto invece Farc ed Eln. Il tribunale ha anche disposto indennizzi per 4.260 vittime dirette e indirette del Bloque Central Bolívar.

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