Vuoi trasgredire? Non farti!
La storia di Giorgia: ha rischiato di morire per mezza pasticca di ecstasy.
La prima cosa che noti di Giorgia sono i suoi occhi. Belli, vivaci. Soprattutto vivi. E dire che è scampata alla morte per un soffio: grazie ai medici che le hanno trapiantato un fegato nuovo sostituendo quello distrutto da mezza pasticca di ecstasy, e all’amore dei genitori, degli amici e del suo fidanzato.
La dura storia di questa ragazza di 28 anni comincia nel 1982. Giorgia Benusiglio vive a Milano, ha 17 anni, una vita serena. Ha anche un depliant, distribuito dal ministero degli Affari sociali per la riduzione del rischio. Il messaggio, racconta Giorgia nel libro Vuoi trasgredire? Non farti! edito dalla San Paolo e scritto con Renzo Agasso, è: se vuoi provare l’ecstasy prendi solo mezza pasticca, bevi tanta acqua, non mischiare alcool. «Quel messaggio ambiguo – scrive – ci ha fatto venir voglia di provare».
Sarebbe stato il suo piccolo segreto. E così Giorgia prende un quarto di pasticca, tanta acqua, l’altro quarto e va a ballare. L’indomani cominciano i fastidi. Sviene, poi diventa tutta gialla. In ospedale riceve la brutta notizia: il fegato è distrutto, serve un trapianto. Comincia così un lungo calvario, con una convalescenza che non finisce mai. Nel dolore, pensa al suicidio. Poi, la mamma le porta un cioccolatino: un gesto semplice che le restituisce la voglia di vivere, di lottare anche per Alessandra, la ragazza che, morendo, le ha donato Tino, come chiama il suo nuovo fegato: «Se sopravvivo – promette Giorgia – passo il resto della mia vita a raccontare ai ragazzi cosa mi è successo per avvertirli dei pericoli della droga».
Passano i mesi, Giorgia esce dal tunnel. Si riprende e col papà Mario va nelle scuole per parlare ai ragazzi, per cercare di salvare anche solo una vita. Oggi Giorgia è testimonial nella lotta contro le droghe per il ministero. È laureata in Scienze della formazione primaria alla Cattolica di Milano ed insegna. «Non a tempo pieno, però – sottolinea –, perché non rinuncio al volontariato. Ogni giorno ricevo messaggi di ragazzi che credono in me. Quello che sto facendo è importante, non posso smettere».
Giorgia, cosa dici ai ragazzi?
«Racconto la mia storia. Credo molto negli adolescenti, nel loro giudizio. È importante informarli correttamente. Poi, dico che se proprio vogliono provare una sostanza, prima devono pensare alla mia storia, chiedendosi se sarebbero in grado di sopportare quello che ho vissuto io, assumendosene la responsabilità».
E ai genitori?
«Parlo col cuore, dicendo loro di stare vicino ai figli. Certo, io avevo un bel dialogo con i miei genitori, eppure è accaduto. Bisogna comunque promuovere le abilità di ognuno, il rispetto per sé stessi e per gli altri. Solo coltivando le proprie risorse quando ci arrivano, le difficoltà si superano. È importante insegnare ai figli il valore dell’amore, l’importanza di amare sé stessi: un concetto che i ragazzi non hanno. Questo perché se ami te stesso non assumi droghe, non ti fai del male».