Vulnerabilità e cura
Si parla di una transizione antropologica in atto nei nostri giorni. Transizione che, davanti alle sfide che si presentano – pandemia e transumanesimo, rivoluzione digitale e teoria del gender e altro ancora – mette fortemente in luce una caratteristica sostanziale della condizione umana: la vulnerabilità.
Sì, perché anche se la storia dell’umanità si può leggere come una faticosa lotta per cercare di superare questa condizione, questa medesima storia dimostra che siamo limitati e fragili.
Siamo deboli ed è proprio attraverso la nostra debolezza, come dice papa Francesco nella Lettera apostolica su san Giuseppe Patris Corde, che si compie la storia della salvezza «nella speranza contro ogni speranza» (Rm 4, 18).
Dobbiamo imparare ad accettarla e a fare un ulteriore passo: la cura dell’altro, del fratello o della sorella, così come la cura della natura, del mondo in cui ci moviamo.
Solo questo riconoscere i nostri limiti e accettare i limiti dell’altro per accoglierli e farsene carico, può far sì che l’umanità, nelle sfide di questa transizione, non si chiuda in sé stessa, ma faccia anzi un balzo in avanti nella libertà e nella fratellanza.
Il numero 2/2021 di Ekklesía si pone in questo orizzonte, ruotando attorno a questi due temi: la vulnerabilità e la cura. S’interroga sulla necessità di affiancare l’antropologia della perfezione con una “antropologia del limite” per una coscienza nuova del nostro essere vulnerabili (Amedeo Ferrari e Mauro Mantovani) e spazia sul mondo del diritto e della politica con riflessioni e buone pratiche di chi vi lavora dal di dentro (Adriana Cosseddu e Javier Baqueiro Maldonado).
La società attuale ci porta ad una opzione preferenziale per gli esclusi che si opera lì dove siamo, cercando di scorgere e rispondere alle domande che ci interpellano (Juan Esteban Belderrain e Andrew Recepcion).
Espressione potente della cura verso gli ultimi è il lavoro della Caritas, che ci viene illustrato da un articolo di Alessandro Mayer: Carità è missione. Si presentano pure altre iniziative come Mediterranean Hope, il programma di Corridoi umanitari per rifugiati e migranti della Federazione delle Chiese evangeliche in Italia. Anche l’evento “Economy of Francesco” di cui offriamo uno sguardo globale, si pone in questa direzione.
Non mancano buone pratiche di cura in atto nella società: da una iniziativa nata in Portogallo per rispondere alla necessità di fornire pasti al personale sanitario durante la prima onda della pandemia e che ora mette in rete il comune e diverse parrocchie confezionando pasti a casa per chi ne ha bisogno; all’esperienza di microcredito comunitario in Burundi, passando per la solidarietà in atto in una parrocchia della Campania.
Si parla, infine, di testimoni di alto profilo che hanno fatto della cura per gli altri il loro motivo di vita, come Ghandi (a cura di Roberto Catalano), Henri Tessier, vescovo dell’Algeria (a cura di Pasquale Ferrara). Il cerchio si chiude con la presentazione del Carisma delle suore Missionarie Claretiane, che vivono e operano a favore di persone in situazioni di grande degrado (Fabio Ciardi).