Voto ad aprile anche in Lombardia?

L’ipotesi si fa strada con più decisione anche per la regione lombarda dopo gli aut aut della Lega. I commenti in città e la voglia di rinascita dei milanesi
formigoni maroni alfano

Lo stop alle auto, nella domenica a piedi di Milano, non fa rallentare affanni, fermenti e pruriti tra i politici inquilini “abusivi” del Pirellone. Uso il termine “abusivo”, suggeritomi da un taxista che mi porta dall’altra parte della città, dove non arrivano metro e tram. Il blocco del traffico è anche questo.

«Abusivi» mi dice Luigi, taxista da trent’anni, che ha portato sulla sua vettura gli indagati di Tangentopoli, e ora porta altri politici. «Sempre meno per la verità – precisa – ora anche il più insignificante ha auto blu, autista, segretario, portaborse. Ma di onesti ce ne sono ancora», aggiunge. E in auto si chiacchiera, si sa, e anche oggi l’argomento è la politica, quella di casa. E la novità di oggi, come sempre è sulle prime pagine dei quotidiani nazionali, riguarda ancora Formigoni e la Lega, prossimi al divorzio, e delle probabili elezioni per la Regione da farsi inseme alle politiche, già fissate per il prossimo aprile. Ma c'è anche Formigoni che sbotta poiché, con la Lega, gli accordi, secondo lui erano altri. Ma dalla sede del Carroccio insistono per un unico «election-day» dopo la legge elettorale regionale e quella di bilancio «entro Natale».

Questo quanto ha deciso il Consiglio federale della Lega Nord, riunito nella sede milanese di via Bellerio per discutere dell’intesa raggiunta a Roma giovedì con il Pdl sul destino della giunta guidata da Roberto Formigoni in Regione Lombardia. Brutto affare quello dell’arresto dell’assessore Domenico Zambetti, che alla fine decreterà la cacciata di Formigoni e della sua squadra dal palazzo della Regione. Quattordici gli assessori indagati, compreso il presidente, che con Zambetti firmano l’atto di morte di questo governo regionale. Anche se ad andarsene, non pare in nessun modo intenzionato. È però il segretario lombardo della Lega, Matteo Salvini, a precisare che se non se non ne andrà saranno loro stessi a cacciarlo. E annuncia che domenica prossima ci saranno 1.500 gazebo nelle piazze lombarde per chiedere ai cittadini se condividono la scelta di andare a votare in aprile e chi vorrebbero come governatore della Lombardia.
 
«I cittadini devono decidere se questo consiglio deve andare a casa o meno, non Formigoni», commenta il tassista. Il percorso è lungo, l’auto viaggia tranquilla nella città piovigginosa e quasi monotona. E il discorso torna sempre su questa Milano «rovinata dalla politica», sulla mancanza di esempi di persone oneste, limpide, che scelgono di vivere la politica a servizio disinteressato dei cittadini. «Vede, in un qualunque altro stato, qualsiasi politico che è sospettato di qualche reato, si dimette prima che la magistratura gli recapiti un avviso di garanzia. Qui no. Qui più sei indagato, più ti accanisci a salvarti il posto. Non è forse il primo segno, questo, che vuoi salvarti a tutti i costi, perché dietro ci sono soldi a palate, e interessi da custodire il più possibile?», così si esprime il tassista che mi scarrozza. Peccato che onestà, per tanti, sia diventato uno strano termine, scomparso dal vocabolario quotidiano. Così non ci si sorprende più di nulla, domani come oggi. Chi è al potere sta al potere. E non siamo nel Medioevo, siamo nell’Italia degli inizi del terzo millennio, un’Italietta vergognosa, ma che è così.
 

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