Vorrei vederti ballare

La giovinezza e l'amore nell'opera prima di Nicola Deorsola e nell'acuto "Moonrise Kingdom" di Wes Anderson, che vanta un cast formidabile. Da scoprire, leggendo tra le righe, "Ruby Sparks" di Jonathan Dayton e Valerie Faris
Vorrei vederti ballare di Nicola Deorsola

Qualcosa si muove nel mondo dei giovani. Nel senso che sono in uscita dei film che, una volta tanto senza superficialità, ne parlano tuttavia con leggerezza e passione.

"Vorrei vederti ballare" è opera prima di Nicola Deorsola, già assistente di Matteo Garrone. Martino (Giulio Forges Davanzati) è solitario, studente svogliato, ama le tartarughe in quel di Cosenza e non ha un rapporto vero col padre psichiatra (Alessandro Haber). Ilaria (Chiara Chiti) vuol fare la ballerina ma soffre di anoressia ed ha una madre possessiva (Giuliana De Sio). La storia è semplice, chiara e pulita. Una volta tanto nessun psicologismo inutile, anzi una lieve ironia sugli psichiatri. Il film scorre leggero e nei frequenti primi piani, specialmente dei due bravi protagonisti, molto veri, notiamo il passaggio dei sentimenti, delle emozioni, delle trepidazioni e delle ribellioni. Un piccolo film che parla dello sbocciare della giovinezza e dell’amore, della voglia di rapporti sinceri, veri oltre il disincanto degli adulti, oltre il dolore (bella la figura dell’attrice fallita), senza infingimenti e con passione misurata. Un film anche sulla timidezza, con risvolti delicati. Una lezione, rara nei giovani autori, di sobrietà.

"Moonrise Kingdom – Fuga d’amore" di Wes Anderson. Due dodicenni con problemi alle spalle – lui orfano, lei ribelle – fuggono, il primo dal campo scout, lei da casa. Siamo in un’isola al largo delle coste del New England nell’estate del 1965. Mentre le autorità li cercano i due giovani innamorati vivono la loro storia fatta di piccole tenerezze, di primi approcci e di scoperta della libertà. Una tempesta sta per scatenarsi, ma è ben più grave la tempesta che si scatena sulla pacifica comunità che il regista prende benevolmente in giro.

Il film infatti, che conta su un cast formidabile (Bruce Willis, Edward Norton, Bill Murray e i piccoli strepitosi Jared Gilman e Kara Hayward) non è per nulla una favoletta brillante e paesana, come a prima vista potrebbe sembrare. Il regista, con ironia mai pesante ma viva, tratteggia una società che imprigiona i ragazzini (esilarante la presa in giro degli scout adulti), non capisce le loro esigenze affettive e di fatto li fa soffrire. Ma la mano di Anderson  sorride, nonostante tutto, ed è comprensiva per le debolezze degli adulti e il loro modo di prendere sul serio cose che non contano. Mentre per i due ragazzini la posta in gioco – scoprire l’amore – è davvero alta.

"Ruby Sparks" di Jonathan Dayton e Valerie Faris. Si può essere uno scrittore-prodigio da liceali e poi vivere in uno stato confusionale di astinenza creativa? Succede a Calvin Weir Fields (Paul Dano) che allo stremo immagina un personaggio femminile, Ruby Sparks, e si sente allora motivato a scrivere su di lei. Solo che Ruby appare nel suo soggiorno e qui inizia il bello dell’avventura onirica e reale al tempo stesso. Ma è tutto vero o è solo un sogno? Il film gioca furbescamente su questi due piani e le sequenze sono divertenti, brillanti, angoscianti a seconda delle situazioni. Nasce un capogiro psicologico ed esistenziale  per il giovane, ovvero, fuori delle favola-metafora: come si distrugge un talento o, se si vuole, una giovane star come è lei stessa ad autodistruggersi. Non è solo finzione, ma il film racconta sul tono della commedia psicologica e libera, la fatica dell’uomo, specie giovane e già famoso, per ritrovare sé stesso e la sua libertà. Ma questo lo si legge fra le righe. Allo spettatore accorto, che non vuol solo divertirsi con un film luccicante, la voglia di scoprirlo.

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