Vorrei ma non posso
Cambiano le abitudini alimentari degli italiani.
«Vorrei, ma proprio non posso». Sembra essere questa la tipica risposta dell’italiano medio di fronte alla possibilità di mangiare più sano. È quanto emerge da una recente ricerca del Censis e della Coldiretti sulle abitudini alimentari degli italiani. Abitudini che dal 1950 ad oggi sono profondamente mutate. Il consumo di carne, ad esempio, è aumentato del 300 per cento, passando dai 60 grammi al giorno ai 241 di oggi, così come aumentano le quantità di frutta e verdura. Allo stesso tempo è diminuito il consumo di vino, pane e pasta, ridotto di circa un terzo. Tra i dati più interessanti il fatto che sono aumentate del 56 per cento le chilocalorie portate in tavola e la riduzione, dal 45 al 15 per cento, dell’incidenza della spesa alimentare sui consumi totali degli italiani.
Benessere che ha portato conseguenze anche sulla salute: il 43 per cento degli italiani risulta essere sovrappeso causando malattie quali diabete, infarto, ipertensione e certi tipi di cancro. Quattro italiani su dieci vorrebbero dunque uscire da questa spirale, ma per ora non ci riescono. I “frustrati” delle sane abitudini alimentari che seguono una dieta sana sono soprattutto gli anziani e i laureati, anche se emerge una sorta di “schizofrenia” degli acquisti. Si nota una grande attenzione alla qualità, ai prodotti del commercio equo e solidale, all’agricoltura biologica ma, allo stesso tempo, le stesse persone acquistano cibi precotti, scatolame, surgelati e si recano ai fast food.
Insomma, un colpo al cerchio ed uno alla botte che coniuga attenzione alle etichette, ai grassi idrogenati, ai conservanti e un moto di libertà irrefrenabile verso il cibo spazzatura. Frutto anche del “politeismo alimentare” della globalizzazione, fatto di combinazioni soggettive di prodotti provenienti da tutto il mondo e diete fantasiose adeguate al proprio portafoglio in tempi di crisi.
Nasce, insomma, una sorta di “meticciato” alimentare che va di pari passo con l’evoluzione multietnica della società, verso una tavola imbandita della ricchezza dei prodotti di altre culture. La nota interessante è che la trasformazione in atto procede di pari passo con la conservazione delle nostre abitudini alimentari tradizionali che si modificano, ma non cambiano.