Volti di un Paese che rinasce
La presentazione del progetto Policoro mostra una serie di immagini delle periferie del sud Italia, interni di piazze, di scuole disadorne e di parrocchie. E’ il nostro Meridione che rischia di inabissarsi con percentuali di disoccupazione giovanile che toccano picchi del 40,50 e perfino 60 per cento, spalancando la strada alla malavita, che si fa sistema e detta le regole del gioco. Basta rispettarle e ci si può convivere. Loppiano Lab 2012 è anche l’occasione per incontrare storie e volti di chi non accetta questo compromesso. Giovani animatori di comunità, scelti nelle diocesi italiane, per ridare il giusto nome alle cose.
Lo spiega bene Domenico, che viene dalla Campania: i suoi coetanei non riescono a distinguere la parola “cooperativa” dal meccanismo che serve a coprire i protetti di qualche appalto, la maschera che nasconde rapporti di sfruttamento e di paghe fantasma. Alba, della provincia di Cosenza, dice che i ragazzi sanno fin troppo bene cosa vuol dire lavoro: la paga teorica che viene dimezzata di fatto senza rispetto di alcuna norma. Di fronte ad un vuoto di offerta di impiego onesto si afferma così la prassi tollerante che invita ad accettare ciò che c’è, senza vagheggiare l’aspettativa di mondi migliori. Ma non si tratta più di aspettare, dicono con i fatti questi ragazzi. Con tutti i limiti e le difficoltà che riconoscono per primi, decidono di costruire, qui e ora, accogliendo l’intuizione formulata da don Mario Operti nel 1995,allora direttore del settore pastorale sociale della Cei. Sacerdote cuneese,con esperienza nella Gioc (Gioventù operaia cristiana) e quindi segnato dall’urgenza di “stare dentro la storia con amore”. È questo il cuore del progetto che non cala dall’alto ma è inteso a « rendere la società civile protagonista dal basso».
E le centinaia di esperienze di consorzi, cooperative e imprese fatte nascere in questi primi 17 anni stanno a dimostrare la possibilità di rigenerare un tessuto produttivo in territori che sembravano ormai abbandonati. Come il campo inutilizzato per anni e ora fiore all’occhiello dell’agricoltura biologica tanto da diventare attrattiva anche per i coltivatori tradizionali di un paesino dell’interno della Calabria. Non un’attività marginale ma la riscoperta del valore della terra che crea un mercato fatto di rispetto e di senso comunitario mentre la gente acquista non per compiere un gesto di solidarietà.«Crescono i clienti che comprano perché riconoscono la bontà e convenienza del prodotto».
Sembra di capire dai racconti,che i veri giacimenti da disseppellire sono la creatività e l’originalità dei giovani che non sperano più, che si bloccano davanti alla compilazione di un curriculum come primo passo per definire un progetto di lavoro e quindi di vita da far crescere e sostenere. Tolto questo senso di condanna interiorizzata, si liberano energie e generosità che portano a rompere rapporti di potere consolidati. Anche con ironia. Ai ragazzi di Policoro, fisiologicamente alleati con la rete di associazioni di Libera contro le mafie, piace raccontare la storia della pizzeria dove lavorano anche i disabili e che,in territorio di malavita,usa lo stesso acronimo (Nco) della Nuova camorra organizzata solo che loro l’hanno tradotta in Nuova cucina organizzata.
Sono segni diffusi di un riscatto che deve fare i conti con la capacità di mettere assieme tre uffici diocesani (Pastorale sociale e giovanile assieme alla Caritas) e trovare la modalità di un rapporto virtuoso con le istituzioni e altri enti e associazioni di carattere nazionale che sostengono il progetto Policoro. Un attività molto esigente richiesta agli animatori di comunità che svolgono questo incarico per tre anni. Un tempo di semina destinato a portare frutti.
L’esperienza ha ormai travalicato i confini del Sud, non solo per i rapporti con il Nord ricercati fin dall’inizio come dimostrano la rete di cooperative sorte nella Locride e il consorzio Goel, forse il logo più conosciuto di uno dei risultati del progetto Policoro. Un Paese segnato dal declino industriale ha bisogno di questo percorso che della profezia ha insieme la forza e la fragilità. Lo dimostra la presenza dell’animatrice che parla del lavoro iniziato a Prato. La città alle porte di Firenze «che non deve chiudere l’opera dello scrittore Edorado Nesi» e infatti nello stand di Policoloro visitabile presso il polo Lionello ci sarà uno spazio di iniziative dedicate a lui nella serata di sabato 22 settembre. Non sono giovani funzionari, parlano di lavoro che non è merce, della centralità della persona. Il frutto buono del Vangelo per tutti. Vedremo come crescerà il rapporto con l’esperienza della economia di comunione.