Volley, vince l’Italia che accoglie
Le lacrime delle pallavoliste italiane, a fine gara, si sono mischiate ai sorrisi di soddisfazione. Perdere in volata una finale mondiale, com’è successo lo scorso sabato pomeriggio alle azzurre, fa ovviamente male. Ancor di più se il ko arriva dopo una partita che capitan Chirichella e compagne hanno condotto fino al terzo set. L’esperienza delle avversarie alla fine ha avuto la meglio, con la Serbia che batte in volata l’Italia 3-2: 25-21, 14-25, 25-23, 19-25, 12-15 la successione dei set, in una maratona che ha messo in mostra la maggior esperienza di Boskovic, Mihailovic &Co nei momenti topici dell’incontro. La soddisfazione di aver compiuto una grande impresa sportiva rimane, così come resta la certezza del ct Mazzanti di avere tra le mani un gruppo giovane, profondamente rinnovato e dagli ampi margini di rinnovamento.
Lo splendido argento azzurro di questo Mondiale cinese, a prescindere dai mugugni dei detrattori, è anche una vittoria della nuova Italia. Quella dell’accoglienza e dell’integrazione, che non ha paura e non volta le spalle a chi arriva da terre lontane, senza un tozzo di pane in mano o comunque dopo viaggi pieni di difficoltà e traversie. Nonostante il vento tiri in direzione contraria, sottolineare l’origine e la storia di alcune delle grandi protagoniste di questa splendida nazionale serve anche a comprendere come il rifiuto del diverso, la chiusura verso l’esterno e l’innalzamento di muri, fisici e non, sia una scelta senza futuro.
Le storie di Miriam Sylla e Paola Egonu, per quanto diverse, sono due facce della stessa medaglia: quella per cui il senso di appartenenza a una nazione non sia legato al luogo di nascita, ma rappresenti invece il frutto di un processo fatto di apertura, accoglienza, aiuto, affetto e riconoscenza. La stessa che, ad esempio, la schiacciatrice Miriam Fatime Sylla prova nei confronti dei suoi “nonni” adottivi di Palermo. L’atleta, classe 1995, è infatti nata nel capoluogo siciliano da genitori provenienti dalla Costa D’Avorio: il padre Abdoulaye, senzatetto a Bergamo, aveva deciso di trasferirsi a Palermo per evitare le rigidità climatiche del nord Italia. In una intervista concessa al quotidiano La Repubblica, Abdoulaye Silla ha precisato come senza l’accoglienza ricevuta in Sicilia, sua figlia Miriam non sarebbe potuta arrivare a questi livelli, dato che lui non avrebbe avuto la possibilità di costruire il proprio futuro.
Questo grazie all’aiuto di una famiglia che, senza pensarci due volte, ha accolto Abdoulaye a casa propria, permettendogli inizialmente di vivere grazie all’aiuto nelle faccende domestiche. Maria e Paolo, adesso ottantenni ed ex proprietari di un bar al centro di Palermo, hanno visto così nascere Miriam, poi cresciuta nei primi anni di vita con i nonni adottivi. I Sylla si sono nuovamente trasferiti in Lombardia qualche anno dopo, ma il filo tessuto con la Sicilia, da sempre terra di accoglienza, non si spezzerà mai. Così come non verrà mai reciso il legame tra l’Africa e Paola Egonu, classe 1998 e vero e proprio “martello pneumatico” della nazionale italiana, autrice di 45 punti nella semifinale con la Cina e 33 contro la Serbia. Cresciuta in veneto, da famiglia nigeriana, la Egonu si è sempre orgogliosamente definita come una afro-italiana, rivendicando con forza le sue origini ma sentendosi comunque convintamente parte del nostro paese. Cose che, ovviamente, non si escludono.
I genitori della fuoriclasse azzurra, adesso, vivono in Inghilterra: lei però ha deciso di rimanere a giocare in Italia, nonostante la mancanza della famiglia si faccia sentire. Immancabile, ogni due anni, il viaggio in Nigeria a trovare i nonni: «casa è ovunque siano i miei familiari, che sia Abuja, Lagos, Milano o Manchester». Casa propria, d’altronde, è qualsiasi posto in cui si abbia la possibilità di metter radici sicure: quello che la nuova Italia dovrebbe poter sempre rappresentare, nonostante tutto.