Volevo scrivere di elezioni, ma…
Volevo parlare delle elezioni regionali in Toscana e del referendum confermativo, delle questioni sollevate dalla regione che è stata quella rossa per eccellenza, e che non lo è più nei fatti, ma i comizi finali delle campagne elettorali di destra e sinistra non hanno avuto molto successo di folla per via del coronavirus. Per il referendum, grande tenzone politica sui fondamenti della democrazia, i no temono che ben poca gente rischi di contrarre il virus al seggio lasciando spazio ai sì visto che non c’è quorum…
Volevo scrivere di scuola, dopo una settimana commovente per la grande azione comune dell’intero Paese per recuperare uno dei capisaldi del vivere comune, l’educazione, l’istruzione pubblica e privata, la base della capacità di un popolo di saper trasmettere il proprio patrimonio culturale… Ma si parla solo di distanziazione, mascherine, banchi con le rotelle e di nuove chiusure dovute ai contagi registrati in decine di istituti, persino a Codogno.
Volevo intrattenere i lettori sulla grande questione delle ormai vicine elezioni statunitensi, sulla grande guerra che si è aperta tra repubblicani e democratici sul tema della sicurezza e su quello della presenza internazionale della prima potenza mondiale, ma alla fine si parla solo di Covid-19, dei 200 mila morti che, secondo i democratici, potevano essere evitati almeno in parte, e che invece, secondo i repubblicani, sono molto meno del previsto…
Volevo ancora riportarvi in Libano, dove si vive una delle battaglie più importanti del globo per mantenere in vita una democrazia in un contesto tutt’altro che democratico, ma anche lì il Covid, che era stato clemente finora, proprio in queste settimane s’è messo a mietere vittime (passate per la prima volta a due cifre giornaliere) mentre il numero di contagi flirta col migliaio al giorno, in Italia sarebbero 25 mila.
Al Tour de France, dove quest’anno spopolano gli sloveni, si scalano montagne terribili, torna lo sterrato. Ma il pubblico è ridotto a poche decine di appassionati sui cocuzzoli delle montagne per la paura del Covid e i divieti di accesso. E quando si vede un po’ di folla, nei passaggi dei centri urbani, si è più interessati a coloro che non mettono le mascherine pur essendo “non-distanziati” che alla corsa.
Analogamente al funerale di Willy, in Ciociaria, tra negazionisti e colpevolisti, innocentisti e giustizialisti si finisce per discutere dell’assembramento attorno al feretro, così come accade al funerale della povera ragazza che nella Terra dei fuochi è stata ammazzata dal fratello per avere una relazione con un transessuale. Si guarda il video delle cerimonie alla tv o si sbirciano le foto sul telefonino e si commenta non tanto l’efferatezza di tali delitti, quanto la mancanza di forze dell’ordine per far rispettare le normative anti-Covid.
Insomma, qualsiasi notizia si dia di questi tempi, si finisce col diventare monomaniaci, o meglio con l’avere una sola vera chiave di lettura: siamo nella pandemia, e questo solo conta. Ci sarebbe da preoccuparsi per la pervasività del soggetto virus su ogni altra informazione, come un olio che, caduto su una scrivania, imbratta della sua vischiosità ogni carta, ogni libro, ogni strumento sul quale si è spanso. E ci sarebbe da preoccuparsi ancor più dei nostri neuroni che vedono il virus dappertutto e che non riescono a funzionare in altre modalità.
Sì, c’è di che preoccuparsi, quando effettivamente la minaccia di un secondo lockdown è alle porte, i numeri sono impietosi, e le previsioni degli epidemiologi assai inquietanti, mentre del vaccino ancora non si han certezze. Eppure, eppure. La maturità di un popolo si vede dalla sua capacità di responsabilità: l’Italia è stato il primo Paese a essere colpito massicciamente dopo la Cina e l’Iran, e ha saputo reagire con grande responsabilità, come tutti hanno riconosciuto. Oggi credo che tale responsabilità stia nel non lasciarsi inghiottire dal vortice del virus, mantenendo quella lucidità mentale che ci potrebbe permettere di continuare la nostra vita sociale rispettando le regole di un Paese in pandemia. Riuscire ad interessarsi di elezioni statunitensi, di scuola, di referendum, di Tour de France e di Willy senza tornare ossessivamente al virus è atto di responsabilità supremo.