Voglia di (sor)ridere
Meno male che il cinema sa ancora divertire, e con gusto. Specie i film francesi, che sanno unire brillantezza ad arguzia anche in un lavoro corale come C’est la vie -Prendila come viene (un titolo italiano poco convincente). Esperto in ricevimenti e matrimoni, Max deve organizzarne uno in stile settecentesco in una villa del secolo. La sua troupe contiene un mazzo di umanità: camerieri pakistani, un fotografo erotomane, un ex professore, un cantante fuori luogo e altri piccoli personaggi della provincia francese che faticosamente devono organizzare la serata per il giovane sposo megalomane. Gli incidenti – gustosissimi – si susseguono; lui, il povero Max, deve poi sistemare il rapporto con la moglie e con l’amante, cosa tutt’altro che facile.
Il film scandisce il battito delle ore con un ritmo che via via si fa più frenetico, tra i pasticci combinati dai camerieri e le pretese dello sposo con delle trovate a dir poco esilaranti. Il racconto, agile e ben congegnato, senza un minuto di stanca, brilla per verve acuta sui caratteri, vere spie sulla società attuale, visti dall’interno dei preparativi. Una giostra umana, recitata con un ottimismo di fondo che fa assomigliare il film ad una commedia alla Rossini. Senza mai concedersi alla sgradevolezza di tante nostre commedie. Un pizzico di amore e di comprensione e tutto può filare nella vita, ci dicono i registi Olivier Nakache ed Eric Toledano, autori anche del magnifico Quasi amici.
Per tornare da noi, ecco Sono tornato, di Luca Miniero, regista, e Nicola Guaglianone, sceneggiatore. Chi si rivede? Lui, il duce, Benito Mussolini nella maschera facciale (somigliantissima) di Massimo Popolizio. Di questi tempi è di moda ironizzare sui dittatori, come rivela il successo del caustico Morto Stalin, se ne fa un altro (da non perdere per i l suo humour nero). Un giorno riemerge dal Parco sull’Oppio a Roma il duce, notato da un giovane documentarista che lo crede un attore meraviglioso. Lui invece è quello autentico, smarrito all’inizio e meravigliato di trovare gli italiani «ignoranti come 80 anni fa».
Il regista le frecciate sull’Italietta rancorosa, ignorante, disillusa non le risparmia, grazie a diverse interviste reali (ma i politici si sono negati). La politica poi non è amata da nessuno. Sotto lo scherzo piacevole tra fantasia e umor agrodolce – scandita dal Brindisi dalla Traviata con evidente timbro ironico – si prendono di mira i vezzi attuali: il potere dei media, la mania dei cellulari, la mancanza di rapporti sociali veri, la mediocrità amorale della televisione, i neofascisti: insomma, ce n’è per tutti. E pure per lui, che da star mediatica poi diventa un personaggio detestato: leggi razziste, guerra, privazione della libertà eccetera.
Ma, e forse è questo che il film vuole dire, l’Italia dal tempo del duce ad oggi è andata avanti o indietro? Non si può che ricominciare. Forse studiando la storia, visto che la nostra memoria si va perdendo, e quindi la nostra identità. Non è poco per un film sorridente e scaltro, che farà discutere. Almeno si spera.