Voglia di libertà

A Reggio Emilia fino al 14 febbraio la mostra sul “Liberty in Italia, artisti alla ricerca del moderno”

Non capita spesso di visitare rassegne dove si cerchi di esporre  un’epoca, cioè un modo di vivere e di stare al mondo. Visitando a Reggio Emilia la mostra sul “Liberty in Italia, artisti alla ricerca del moderno”, si ha la sensazione di entrare in una atmosfera che potrebbe apparirci lontana, eppure non ha smesso di affascinarci. Sono gli anni dove finisce l’Ottocento ed inizia  il “secolo breve”, il periodo dal 1880 al 1920 press’a poco. L’Europa è in fermento,  imperi e guerre coloniali da una parte, ricerca di un modo di vivere di alta borghesia fatto di lussi e preziosità dall’altra . E l’Italietta da poco unificata cerca spazi anche culturali tra avanguardie straniere  e nostrane, in un intrecciarsi di stile e di mode che nascono e muoiono con la velocità  dei tempi nuovi: quelli dell’elettricità , della  macchina, del cinema.

Non è da meravigliarsi che tutte le forme d’arte – pittura, scultura, disegni, manifesti, musica e letteratura – si sviluppino all’insegna della libertà d’espressione, abbandonando il passato e proiettandosi verso un futuro avveniristico: dipinti e sculture di Boccioni, romanzi di d’Annunzio, provocazioni di Marinetti. Di tutto questo la rassegna  emiliana porta un’eco vivida in centinaia  fra oggetti, dipinti, sculture, disegni, pubblicazioni, insomma nel microcosmo di decenni di esplosione  creativa.

Icona della rassegna è la tela di Enrico Lionne, Attesa, del 1919. Una donna dagli occhi verdi di gatto seduta tra rose e fiori carnosi, che ci guarda in faccia senza complessi: donna “fatale”, libera da tabù, fascinosa e dominatrice. Erede italica delle  donne di Klimt e Schiele, provocante e pronta a “graffiare”. La donna è infatti la protagonista  della rassegna in un modo nuovo di porsi al mondo, di stare con gli altri, di poter “graffiare” se non altro con gli occhi.  Spariscono le immagini femminili devote, familiari, campestri – alla Giovanni Segantini – per una presenza provocante, anche quando, in omaggio alla moda “floreale”, si veste  da “Ragazza con la lira” (1910, di Paolo Antonio Paschetto),  si adagia morta tra le acque in modo surreale come in Ofelia, 1912 di Felice Carena o fa la meditativa in  “Un rosario”, busto traslucido di Adolfo Wildt (1917). La figura femminile domina ancora  la ricca  esposizione di manifesti, che con un segno grafico nitido e classicheggiante (nonostante tutto, la tradizione fa capolino) fanno pubblicità di feste, manifestazioni culturali e.. . “Società svizzere  di assicurazioni”!

E l’ uomo? Certo, non fa la comparsa.  E’ “romanamente” atletico, come nell’illustrazione di Gino Barbieri per il Satyricon di Petronio o nella processione “trionfale” stilizzatissima per le Laudi del cielo della terra del mare e degli eroi di d’Annunzio, opera di Amos  Nattini del 1912. Come si nota, le arti  si intrecciano tra loro, non solo letteratura e disegno, ma pure con la musica.  Basta la copertina della Madama Butterfly di Puccini del 1904 per evocare nella figura di schiena tra peschi in fiore il mondo del lontano Estremo Oriente così di moda. Non musicherà infatti  Puccini anche la favola orientale Turandot?

Fra le numerose opere esposte, di ogni genere, vale la pena di citare almeno, per la cartellonistica,  il lavoro di Vittorio Matteo Corcos  “Pastiglie  Paneraj Livorno” (1899). Una donna rossa vestita alla moda appare come un angelo aureolato dalla scritta “salus” a presentare le “pastiglie”. Potenza dell’immagine femminile: la madonna laica è una epifania della salute, un po’ come certe  modelle perfette che oggi in tivù vogliono venderci profumi costosi. La forza della pubblicità non conosce tempo né età!

Reggio Emilia, Palazzo Magnanno, fino al 14 febbraio (catalogo Silvana Editoriale)

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