Voglia di libertà

Crescono i film italiani e stranieri su un tema dominante oggi nel cinema
Astolfo foto ufficiale Lucky red

Astolfo è un signore che dalla vita non si aspetta più nulla. Un pensionato che viene sfrattato dal suo appartamento a Roma e ritorna a vivere in un paesino laziale arroccato sui monti in quella casa sua che ora però è abitata da gente poco di buono.  Astolfo – è anche il titolo del film -vivacchia, litiga e, timidone com’è, si innamora anche di Stefania, una donna della sua età, piacente e libera.

Ma vale la pena innamorarsi, magari dare un semplice bacio? Così, tanto per avere un po’ di speranza? Astolfo scopre lentamente la libertà di poter avere sempre l’età per amare. E’ il film delicato, buono, sobrio di Gianni De Gregorio che lo dirige e vi recita insieme alla diva nostrana Stefania Sandrelli, così viva. Una sorpresa piacevole.

Ma il film italiano non è l’unica sorpresa della festa-festival.

La regista Carmen Jaquier, svizzera francese, dirige Foudre, un racconto ambientato nell’estate del 1900 tra le valli svizzere. La novizia Elisabeth sta per diventare suora,  ma la chiamano da casa per aiutare nel lavoro la famiglia, dato che è morta misteriosamente la sorella maggiore. La ragazza torna e trova le altre due sorelle, i genitori devoti, il piccolo paese montano dove si lavora duramente e dove la donna ha un ruolo subalterno. La ragazza è curiosa, scopre la vicenda della sorella, la sua vita libera con degli uomini e lentamente nasce pure in lei il desiderio dell’amore, di trovare Dio nell’amore, di essere sé stessa. Conosce dei giovani del paese, sta con loro, si attira le critiche del paese e della famiglia che la considera una indemoniata. Ma, determinata com’è riuscirà dolorosamente  a conquistare la sua libertà.

Un film poco parlato, molto visivo in paesaggi bellissimi della natura, dei volti, dei corpi,  luminosi o nevosi e nebbiosi con un certo alone misterioso che la fotografia poetica rende splendidamente anche nel suo aspetto inquietante. La protagonista Lilith Grasmung è deliziosa, abile nel passare da ragazza innocente e devota a donna decisa, ma tutto l’insieme  è vissuto ed espresso con sobrietà, più col levare che con l’aggiungere, un vero tocco magistrale.

Dalla Svizzera al Montana. È qui, nelle terre dei bisonti, che nel 1870 un ragazzo che ha lasciato l’università per scoprire il mondo, arriva nella cittadina di Butcher’s Crossing, che dà il titolo al film diretto da Gabe Polslky. Il giovane va a caccia di bisonti, impara a sparare e a scuoiare, vive le stagioni nel loro passaggio anche brutale e viene formato alla vita dal veterano Miller e da uno spietato, durissimo Nicolas Cage nei panni di un oscuro maestro di vita.

È una storia fatta di ossessioni – la caccia, i soldi, la vendetta – e di mascolinità crudele. Il giovane (Fred Hechinger) si adatta faticosamente, soffre, vede morire alcuni colleghi, fatica a diventare spietato perché rispetta gli animali ed è immune dalla sete di denaro. Una situazione drammatica farà precipitare i desideri di rivalsa economica e sociale del gruppo. Ma il ragazzo alla fine avrà imparato a vivere più che nello stare fra i libri.

Appassionante, appassionato, duro tra i paesaggi incontaminati delle Montagne Rocciose, il film prende lo spettatore con la sua verità, scruta la psicologia dei personaggi nei dialoghi sintetici e affida agli sguardi, alla presenza inquieta degli animali – bufali lupi e civette – la sospensione della storia drammatica, diventando una parabola di formazione alla vita scabra e veritiera.

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