Voglia di glamour
Svolazzano paillettes nel music-business. Un po’ per questa gran voglia d’edonismo molto anni Ottanta (che altro non è che l’ennesimo prevedibilissimo riciclo revivalista), un po’ perché ogni volta che una crisi picchia duro, la paura alimenta la febbre del divertimento.
Mi pare che due dischi su tutti catturino gli umori in corso: per lo splendore della forma, per la magnificenza della confezione, per la vitalità creativa che irradiano e per la perfetta sintonia con i desiderata dei consumatori pop di questa fine decennio.
Il primo è rivelatorio fin dal titolo: Do You Want the Truth or Something Beautiful? – «Vuoi la verità o qualcosa di splendido?». Di fatto è l’opera prima di una fanciulla londinese, Paloma Faith, cresciuta come attrice (ma ha fatto mille mestieri, dalla ballerina all’assistente in spettacoli di prestidigitazione, passando per il burlesque e l’entertainer da locale), qui rivela il talento vocale di prim’ordine, grande eclettismo e un carisma da palcoscenico davvero notevoli.
Un disco perfetto, perché capace di essere ad un tempo immediato e raffinatissimo, assolutamente moderno nell’impatto e deliziosamente retrò nella ricercatezza stilistica. Alcuni brani come il singolo guida sono davvero irresistibili: 11 tracce di puro pop radiofonico, epperò speziate qua e là di soul e di jazz, di dance music e richiami alla grande tradizione del musical americano degli anni Quaranta e Cinquanta.
Ricette e richiami simili anche per il giovane libanese trapiantato a Londra, Mika. Il suo recente second-out The Boy Who Knew Too Much lo conferma fra le promesse più luminose del nuovo pop occidentale. A soli 26 anni, dopo il già clamoroso debutto del 2007, il nostro ha assemblato un gradevolissimo cocktail d’astuzia e talento, dimostrando d’aver ben assimilato, personalizzandole, le ricette di eminenze di quest’ambito come gli Abba (stessa immediatezza melodica), Freddy Mercury (la magniloquenza dell’impatto), e Rufus Wainwright (eleganza di scrittura e venerazione per i grandi del pop, da Lloyd Webber fino ad Elton John).
Anche in questo caso i brani sono quasi tutti singoli potenziali: certo il suo è puro pop da supermercato, ma concepito e strutturato con tale mestiere da farlo sembrare assai più durevole. E questa è proprio la caratteristica primaria di molto music-glamour odierno. Tempi dove l’abbagliare della forma maschera spesso una leggerezza di sostanza che pare anch’essa figlia di una paura strisciante: quella di non riuscire a reggerne il peso.
CD NOVITA’
Michael Jackson
This is it
(Sony-Bmg)
In pochi mesi il fantasma di Jacko ha già fatturato più di cento milioni di dollari. Per provare a sfruttare il ghiotto mercato delle feste di fine anno, ecco l’ennesimo cd celebrativo (cui seguirà la versione dvd del film attualmente nelle sale). Di fatto un’antologia piuttosto pretestuosa, giacché quel poco d’inedito che contiene è un omonimo singolo parzialmente riciclato, e qualche demo di dubbio valore. Più interessante l’imminente dvd da cui l’album ha tratto ispirazione, ricavato dalle prove del tanto favoleggiato tour d’addio.
Qui emerge in tutto il suo contradditorio splendore il tramonto del massimo mito del pop moderno: talento e malcelata debilitazione fisica, gentilezza di modi e cliché consunti, classe e perfezionismo. Come insegnano i mercimoni post-mortem di Presley, Hendrix, Cobain e mille altri, nello show-business nulla val più d’un epilogo tragico e prematuro.