Voglia di concretezza

Iniziato a Castel Gandolfo il meeting dei Giovani per un mondo unito. Al centro, la determinazione a fare davvero la differenza
giovani per un mondo unito

Curioso che, nella lista delle traduzioni disponibili, la prima lingua – complice l’ordine alfabetico – sia l’arabo: ma davvero a Castel Gandolfo sono arrivati da tutto il mondo – facendo anche, ricordano i presentatori, quasi 7 mila km – per il secondo meeting dei Giovani per un mondo unito, la sezione giovanile del movimento dei focolari. A fungere da richiamo anche la beatificazione di Giovanni Paolo II, alla quale la maggioranza di loro prenderà parte al termine dell’incontro.

 

Tema di quest’anno è Make visible change, Crea un cambiamento visibile: un richiamo ad incidere in prima persona sulla realtà in cui si vive, trovando insieme risposte concrete al come farlo. Risposte che partono dall’esperienza concreta di alcuni dei partecipanti: dai giovani di Trieste, che hanno trasformato una caccia al tesoro di raccolta fondi per Haiti in un’occasione di incontro con anziani ed extracomunitari, a Paul dalla Costa d’Avorio, che ha raccontato l’impegno dei giovani nel reparto pediatrico di un ospedale durante gli scontri che hanno recentemente insanguinato il Paese.

 

Uno sguardo, però, che non si limita all’orizzonte locale: a fare un’analisi della situazione mondiale sono stati Pasquale Ferrara, funzionario del ministero degli Esteri, ed Antonella Bianco, del ministero degli Interni. Ferrara ha fatto notare come, dalla caduta del muro di Berlino ai recenti avvenimenti in Nordafrica, siano sempre stati i giovani che, a partire da piccoli segni, hanno dato il via a cambiamenti epocali. Cambiamenti che si collocano in un mondo in cui le tradizionali categorie di concepire la realtà sociopolitica non bastano più: se la continuità era sempre stata collegata alla stabilità, oggi quest’ultima deve piuttosto essere garantita dal cambiamento. La democrazia, basata sul concetto ottocentesco di sovranità statale esclusiva, attualmente si caratterizza invece per la sua capacità di includere lo svantaggiato, il diverso e lo straniero.

 

Un passaggio da una dimensione statale a una planetaria, esemplificata – ha evidenziato Antonella Bianco – dalla globalizzazione, dal G8 che diventa G20, dalle unioni tra Stati: alla base di tutto c’è però un unico “segno dei tempi”, ossia una tensione alla relazione e all’unità. Anche in quest’ottica, ha aggiunto Ferrara, è necessario però superare i tradizionali parametri economici con cui si guarda ai Paesi emergenti, vedendoli invece come popoli che, cercando di riacquistare la loro dignità, contribuiscono al completamento del disegno unitario sull’umanità. E non bisogna credere, ha sottolineato poi Lucia Fronza nel raccontare il suo recente viaggio in Egitto con il Movimento politico per l’unità, che il singolo non possa contribuire a questa “nuova” politica estera in cui locale e globale non sono più divisi: è infatti possibile per tutti intessere relazioni personali e impegnarsi in prima persona nella società civile della propria città.

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