Voglia dEuropa in Germania
È del 23 agosto l’adesione della cancelliera tedesca Merkel alla campagna “Io voglio Europa” (www.ich-will-europa.de), sostenuta da fondazioni e intellettuali tedeschi. Il messaggio della campagna è che la crisi del debito sovrano, che attraversa attualmente l’eurozona, non è solo una crisi economica e finanziaria, ma è una crisi dell’idea dell’Europa. Secondo i promotori, è questa idea che occorre rilanciare, attraverso un un dibattito aperto sul suo futuro.
Quali siano le opinioni della Merkel su questo futuro lo si sapeva da qualche tempo: approfondire l’unione politica tra gli Stati dell’euro, o almeno tra quanti sono disposti a farlo, per esercitare una supervisione in comune sulle finanze pubbliche. Questa è, per la leader tedesca, la condizione sine qua non per poter mutualizzare i rischi finanziari, attraverso l’emissione in comune di buoni del tesoro, eurobond per esempio. Questione che, spiegata dal vicecancelliere, il liberale Westerwelle, suona: «Non ti presto la mia carta di credito se non posso controllare l’uso che ne fai».
Questo fine settimana la visione della Merkel si è precisata. Secondo lo Spiegel del 27 agosto, la cancelliera vorrebbe che prima della fine dell’anno fosse convocata una convenzione europea, sulla scia di quella che redasse la costituzione europea, poi confluita nel Trattato di Lisbona. Il nuovo trattato dovrebbe porre le basi di una vera unione politica europea tra alcuni Stati, dopo quella monetaria che esista già e quella economica che ha preso le mosse nel maggio 2010 per salvare la Grecia e che ha prodotto tra gli altri il cosiddetto fondo salva-Stati, il Meccanismo europeo di stabilità (Mes).
Proprio sul fondo salva-Stati, e più in generale sul Trattato di disciplina fiscale firmato tra 25 Stati dell’Ue (fiscal compact) si pronuncerà il 12 settembre la Corte costituzionale tedesca, per valutarne la compatibilità con la Costituzione federale. La sentenza è attesa con trepidazione dalle capitali europee e dai mercati, e le autorità politiche tedesche hanno già fatto sapere che comunque ogni passo futuro verso una più stretta integrazione politica – il nuovo trattato che ha in mente la Merkel – richiederebbe in parallelo una modifica della Costituzione tedesca. Sono d’altronde sempre più numerosi i politici tedeschi, sia al governo sia nell’opposizione, che si dichiarano favorevoli a un referendum per legittimare nuovi trasferimenti di competenze dal livello nazionale al livello europeo.
L’unione politica è vista da molti, tra cui il governatore della banca centrale europea (Bce) Draghi, come uno dei passi necessari che i governi europei devono fare per risolvere la crisi del debito sovrano che attanaglia l’eurozona. Un altro di questi elementi necessari, pure indicato nei mesi scorsi da Draghi, è l’unione bancaria, cioè un meccanismo europeo – e non più nazionale – di supervisione delle banche europee, sotto la responsabilità della Bce. Al Consiglio europeo di fine giugno, i capi di Stato e di governo dell’Ue si sono accordati perché l’unione bancaria possa già funzionare prima della fine del 2012, e la Commissione europea presenterà una proposta in tal senso l’11 settembre.
Intanto vari esponenti del partito della Merkel, la Cdu, si danno da fare per zittire le voci sempre più insistenti da parte degli alleati liberali, ma anche del partito gemello bavarese Csu, che invocano apertamente l’uscita della Grecia dalla zona euro (ma non dall’Ue). Sono esternazioni che nuocciono alla Grecia, nel difficile momento in cui si è impegnata in uno sforzo senza precedenti di risanamento delle finanze pubbliche, e che innervosiscono i mercati.
Sembrano schermaglie e posizionamenti pre-elettorali, in vista delle politiche del 2013 in Germania, più che atteggiamenti da uomini e donne di Stato. Sì, perché come ha icasticamente ricordato il premier lussemburghese Junker, leader dell’euroguppo, a proposito della via d’uscita dalla crisi: «Il problema non è che non sappiamo cosa fare: sappiamo benissimo le misure che bisogna prendere. Il problema è che non sappiamo come essere rieletti dopo averle prese».
Comincia a delinearsi una via d’uscita dalla crisi, anche attraverso le prese di posizioni più recenti al vertice del più influente tra gli stati membri dell’Ue. I prossimi mesi ci diranno se a prevalere saranno gli uomini di Stato o i politici: come diceva De Gasperi, infatti, mentre i secondi pensano alle prossime elezioni, i primi hanno a cuore le prossime generazioni.