Voci di donne

In una ricorrenza che necessita di essere reinventata perché non si riduca a mazzi di mimose e a celebrazioni di rito, la parola alle dirette interessate.
mimosa

Ebbene sì, anche quest’anno è l’otto marzo: tra messaggini di auguri e bouquet che arrivano (o non arrivano, scatenando incidenti diplomatici nella coppia), la sensazione che la festa della donna sia ormai una ricorrenza soltanto per fioristi è condivisa da molti. Altro rischio i cortei e gli slogan d’occasione. Pazienza se il Capo dello Stato ne approfitta per mettere in guardia contro “il consumismo che riduce la donna a oggetto”; pazienza se, secondo Eurostat, in Italia solo il 63 per cento delle donne tra 25 e 54 anni ha un impiego (percentuale che scende fino al 41 per cento per chi ha tre o più figli), contro una media europea del 75,8; pazienza ancora se siamo al 54° posto su 188 Paesi – dopo Ruanda, Mozambico e Pakistan – in quanto a presenza femminile in Parlamento. Questioni forse ormai liquidate come “luoghi comuni”, perché per l’Italia non costituiscono una novità. Eppure le dirette interessate sembrano avere qualcosa di più da dire sull’argomento, a dimostrazione che questa ha tutte le potenzialità per essere una ricorrenza che va al di là dei fiori e delle statistiche.

 

Iole Mucciconi, che lavora alla Presidenza del Consiglio dei Ministri, dipinge in maniera scherzosa ma assai pungente il suo otto marzo: «Sono arrivata al lavoro adesso (ore 11.30, ndr) dopo aver partecipato ad un’iniziativa a scuola di mia figlia: ubi maior, minor cessat. Siccome sono rappresentante di classe, le altre mamme mi hanno incaricato di sollevare alcune questioni davanti alla preside. Nel frattempo avevo ricevuto una quantità di telefonate, che ho cercato di evadere sulla via del ritorno in ufficio. Ora che sono arrivata, altre funzionarie bussano alla mia porta in continuazione…la proverbiale capacità delle donne di seguire più piste allo stesso tempo ha un limite! Credo questa festa possa essere l’occasione per fermarsi a riflettere sul fatto che uomini e donne non possono fare a meno l’uno dell’altro, e cercare una maggior reciprocità».

 

Anche Elena Granata, docente universitaria a Milano, ritiene che il concetto di reciprocità meriti di essere al centro di questa ricorrenza: «Donne si nasce, si diventa, e si diventa nella relazione con la diversità – sintetizza. – Si nasce, in quanto c’è una dimensione di cura e di ospitalità del mondo insita nel dna femminile; si diventa, a patto che ci sia un contesto culturale che consenta il rispetto e lo sviluppo di queste potenzialità; e si diventa nella relazione con l’uomo, rispetto alla quale è necessario recuperare l’idea di parità e di reciprocità dei ruoli».

 

Idea che va rivista riscoprendo l’unicità di genere, secondo il medico e bioeticista Daniela Notarfonso: «Incontrando i giovani nelle scuole – afferma – avverto la necessità di avviare una vera riflessione sulle questioni di genere a partire da questa consapevolezza, che spesso manca: l’uguaglianza viene identificata in maniera unica e riduttiva con la libertà sessuale. Questa festa, che ormai sembra aver perso significato, può diventare una sfida per riscoprire l’unicità dell’essere uomo e dell’essere donna, e ricominciare a parlare di paternità e maternità come valori».

 

Maternità che oggi sembra essere tutt’altro che valorizzata. Giovanna Pieroni, madre di quattro figli, lavora per Azione per famiglie nuove, una onlus che si occupa di famiglia, adozioni internazionali e sostegno a distanza. «Io non ho mai festeggiato l’8 marzo. Parlandone oggi, poi, si rischia di essere strumentalizzati. Si dovrebbero considerare mille sfaccettature e forse questa giornata potrebbe essere un’occasione per sottolineare il silenzio attivo e pieno di dignità nel quale tante donne, oggi, pur lavorando magari a tempo pieno e lontano da casa, portano avanti una famiglia. A questo proposito, posso portare la mia esperienza di sacrificio. Sono madre di quattro figli e ho un lavoro part time. Nonostante ciò, conciliare famiglia e lavoro è quasi impossibile, perché la società non aiuta per niente. È tarata su famiglie che hanno solo un figlio e anche per chi ne ha due ci sono problemi, con orari differenti di uscita da scuola e così via. Per fortuna, nonostante l’impegno e il grande carico di lavoro, il mio quotidiano da grande senso alla mia vita e mi sento molto ricambiata negli affetti».

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