Voci da fuorisede

Sono molti gli studenti universitari che, nonostante il Covid, hanno deciso di trasferirsi comunque in un’altra città per continuare gli studi. Abbiamo intervistato alcuni di loro per sapere come stanno vivendo questo grande cambiamento in un momento storico così difficile

In Italia nel 2018 gli studenti universitari erano un milione e 690 mila. Il 30% di questi, circa 450 mila, erano fuorisede. Sono numeri impressionanti, che raccontano di come le nuove generazioni siano disposte non solo a investire il proprio tempo per costruire la propria persona attraverso lo studio e la formazione, ma anche a spostarsi in un’altra città rispetto a quella di origine per inseguire questo obiettivo, portando con sé i propri sogni e le proprie speranze, ma anche le proprie paure e aspettative.

Con lo scoppio della pandemia questo fenomeno di migrazione interna nel nostro Paese da parte degli studenti universitari è certamente diminuito per diversi fattori. Primo tra tutti la crisi economica che ha colpito molte famiglie italiane. In secondo luogo, la comprensibile paura di allontanarsi dai propri affetti in un momento di grande incertezza ha frenato molti giovani dalla decisione di lasciare la propria casa e la propria comfort zone. Inoltre, tutte le università italiane in questi mesi si sono attrezzate per garantire la didattica a distanza per tutto l’anno accademico 2020-2021 e questo ha contribuito a rafforzare in molti giovani la scelta di non trasferirsi in una nuova città.

Alcuni giovani, però, hanno deciso di cambiare città e iniziare una nuova vita da fuorisede nonostante le difficoltà che questa pandemia globale sta trascinando con sé. Abbiamo intervistato tre giovani studenti che si sono iscritti a un corso di laurea magistrale di tre atenei italiani: Lucrezia Nespoli, iscritta al corso di laurea in Scritture e progetti per le Arti Visive e Performative presso l’Università degli Studi di Pavia; Paola Corazza, iscritta al corso di laurea in Pedagogia presso l’Università degli Studi di Padova; Davide Brembilla, iscritto al corso di laurea in Digital Humanities e Digital Knowledge presso l’Alma Mater Studiorum di Bologna. Ecco cosa ci hanno raccontato di questo nuovo capitolo della loro vita in una nuova città nel bel mezzo dell’emergenza Covid-19.

Perché hai scelto di studiare lontano da casa?

Lucrezia: Ho scelto di studiare lontano da casa per vari motivi. A livello formativo, perché ho trovato in un altro ateneo un corso che rispecchia i miei interessi e che mi ha entusiasmata fin da subito. A livello personale, per l’esperienza di vivere da sola e poter sperimentare la mia indipendenza.

Paola: Credo che sia un’esperienza formativa da tutti i punti di vista, che mi ero già ripromessa di fare da quando ero alle superiori e poi durante la laurea triennale. Credo che studiare lontani da casa ti permette di crescere molto: riesci a raggiungere i tuoi obiettivi con un’altra mentalità, con una indipendenza totale capendo anche le fatiche dei nostri genitori.

Davide: Ho scelto di studiare lontano da casa perché il corso che cercavo era di nicchia e non c’era nella mia città.

 

Cosa ti ha spinto a continuare gli studi nonostante la pandemia? Non hai avuto paura?

Lucrezia: Ciò che mi ha spinta a continuare gli studi è stata la necessità di completare un percorso accademico che avevo iniziato e che non potevo del tutto ritenere concluso dopo soli tre anni. Più che paure, questa scelta, in questo preciso periodo, ha dato vita a degli interrogativi. Mi sono sentita per un certo periodo come sospesa, poiché non c’erano certezze su molte cose, in primis la didattica. Non sapevo se mi sarei potuta trasferire, ma mi sono resa conto che se non l’avessi fatto non avrei vissuto appieno questa esperienza.

Paola: Ho deciso di continuare gli studi nonostante questa situazione perché, comunque, per me è importante raggiungere anche la laurea magistrale e, se mi fossi fermata per il Covid, non avrei più ricominciato. L’idea era inizialmente di rimanere a Bergamo e seguire le lezioni online, ma quando ho scoperto che c’era la possibilità di seguire le lezioni in presenza a Padova, ho deciso di trasferirmi. Ho avuto un po’ di timori perché trasferirsi è già difficile e durante una pandemia è ancora più complesso, però la mia paura è andata scemando quando ho capito che non ero sola. Il sostegno della mia coinquilina è stato fondamentale in questo primo mese.

Davide: La scelta di continuare gli studi è per un certo senso obbligata perché solo con una triennale in Lettere non avevo molte prospettive lavorative. Inoltre, credo che forse questa situazione mi abbia spinto ancora di più verso lo studio: purtroppo ora molte cose ci sono vietate e molte attività sono chiuse, ma posso studiare e continuare a crescere, occupando bene il mio tempo.

 

Rispetto al tuo percorso triennale, stai facendo più fatica a legare con i tuoi compagni?

Lucrezia: Per ora non direi. Il percorso magistrale è iniziato da poco e ho già instaurato dei buoni legami con i miei compagni, anche per il fatto che non siamo in tantissimi a frequentare il corso.

Paola: Sì, secondo me è molto più difficile creare legami con i compagni in questo periodo rispetto alla triennale. Qui devi legare con persone nuove, ma non ti puoi avvicinare, quindi l’unico mezzo che si ha per interagire sono i social. C’è da dire che la cosa positiva che sta facendo l’università qui è quella di creare gruppi di lavoro per cercare di farci conoscere tra noi e questi incontri che facciamo via zoom o Skype ci stanno aiutando molto.

Davide: Avendo la fortuna di frequentare le lezioni in presenza, non sto facendo fatica a legare con i miei compagni, però ci sono meno opportunità di vedersi fuori e questo rallenta la creazione di legami più solidi. Certo è che, essendo il mio corso molto di nicchia e la mia classe molto piccola, legare non è stato difficile.

 

Come sta gestendo la situazione la tua università? Cambieresti qualcosa?

Lucrezia: La mia università, almeno per quello che ho potuto sperimentare io, sta gestendo bene la situazione. Prima di diventare zona rossa, quando potevamo frequentare in presenza, le norme sono sempre state ben rispettate: mascherine, gel igienizzante, misurazione della temperatura. Ora stiamo seguendo le lezioni a distanza, ma tutto è gestito con ordine e chiarezza.

Paola: L’Università di Padova ha deciso di continuare a garantire le lezioni in presenza, ma permette di seguirle anche da remoto. Nel mio corso molti seguono online, ma io sto frequentando. La vita universitaria è molto diversa da quella pre-Covid. Ad esempio, non possiamo sostare nei corridoi e, se prendiamo un caffè alle macchinette, dobbiamo uscire per berlo. Però penso sia giusto così. Non cambierei nulla di questo approccio. Penso sia giusto dare una scelta alle persone e riuscire ad erogare la didattica sia a distanza che in presenza. Secondo me, per come è la situazione ora, va bene così, ma se le cose dovessero peggiorare penso che sia più che giusto passare alla didattica a distanza, anche per gli esami.

Davide: La mia università per ora ci concede ancora l’opportunità di frequentare in presenza le lezioni, perché siamo matricole. Di fatto credo che l’Università di Bologna si sia organizzata molto bene perché è riuscita a garantire la possibilità di frequentare in presenza, creando un sito internet dove noi studenti possiamo prenotare il nostro posto a sedere in aula per tempo. Inoltre, dato che molti studenti sono fuorisede, ha agevolato l’iter di richiesta per avere un medico di base qui in città. Penso sia una cosa molto utile e preziosa, soprattutto in questo momento storico di crisi sanitaria. Non credo si potesse fare di più, onestamente.

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