Vivi con stile

Siamo in crisi. Consigli per un'esistenza sostenibile, utile per noi, per la società e per il pianeta.
Detersivi

Le Borse affondano. La marea nera sale. I vulcani sbuffano. Gli aerei non decollano. Tutti gli indici economici scendono. «E anch’io non mi sento troppo bene», diceva Woody Allen. Provate a immaginare, per un attimo, se fossimo costretti a ridurre il nostro reddito fino al 30 per cento, come ora succederà ai greci. Sarebbe ancora possibile far quadrare i bilanci familiari? O il nostro livello di vita è tarato su una misura che non riusciamo più a far calare?

Nel frattempo l’economia nel suo insieme sembra essere una grossa bolla finanziaria. Leggera e in balia di ogni alito di vento. Neanche gli economisti ci danno lumi, ma come dei ragionieri cercano di metterci delle pezze. E se proprio dovessimo restare “in mutande”, che almeno – come diceva Mario Rigoni Stern – «siano di lana». E lui di freddo e di fame ne capiva. Anche perché con quell’espressione intendeva dire: si torni all’antico, a uno stile di vita sobrio, essenziale. Non nel senso di ritorno all’età della pietra, al lume di candela ed esposti al vaiolo e alla miseria. E la sensazione di fondo è che questa crisi economica, anche se dolorosa, non sia del tutto negativa perché potrebbe diventare l’occasione per guidarci a comportamenti verso uno stile di vita più sostenibile per l’intero pianeta e per noi stessi.

Perché viviamo al di sopra delle nostre possibilità e neanche ne abbiamo coscienza: per mantenere lo stile di vita degli italiani ci vorrebbero due pianeti Terra, per quello degli americani cinque e mezzo. E, per ora, non li abbiamo.

 

Beni e benessere

 

L’idea di benessere coincide con il possesso dei beni. Ma lo stile di vita consumistico che abbiamo adottato non porta alla felicità. Se ne accorse, già nel 1976, l’economista americano Richard Easterlin che, statistiche alla mano, dimostrò che la ricchezza, superata una certa soglia, non rende felici. Ne è ulteriore prova il fatto che negli Usa, accanto al più alto consumo di beni e risorse, vi è il più alto consumo di farmaci antidepressivi e in Giappone, uno dei Paesi più efficienti, si registra un suicidio ogni 15 minuti, 30 mila all’anno. Non contano, dunque, i valori assoluti del reddito neanche nelle società più avanzate perché ogni essere umano cresce e si sviluppa a più dimensioni: non solo quella fisica, ma anche la sfera affettiva, intellettuale, spirituale e sociale.

Anche dal punto di vista della salute assistiamo a un cambiamento epocale dei nostri stili di vita: in Europa un adulto su due pesa più del dovuto e un bambino su cinque è in sovrappeso. Più del 30 per cento dei tumori, lo dimostrano studi seri, sono collegabili a cattivi stili di vita alimentari e alla sedentarietà, cause principali anche delle malattie cardiovascolari. L’altra sensazione di fondo è che il problema sia anche antropologico perché «la cultura liquida moderna – scrive Zygmunt Bauman – non ha gente da educare ma piuttosto clienti da sedurre». E la spinta verso consumi non necessari si nutre del possesso di beni come riconoscimento sociale, del mito del successo e dell’apparenza, dell’avere, insomma, anziché dell’essere. Mentre – diceva Gandhi – «la natura produce di giorno in giorno quel tanto che basta alle nostre necessità. Se ciascuno prendesse quello che gli occorre e nulla più, in questo mondo non ci sarebbe miseria, non ci sarebbe gente che muore di fame. Ma fino a quando accettiamo l’ineguaglianza, noi siamo ladri».

 

L’economia reale

 

In Italia, si sa, la situazione non è delle più rosee. La disoccupazione è quasi al 9 per cento e la geografia della crisi, in una recente ricerca di Acli e Caritas, dice che il 68,4 per cento delle famiglie ha tagliato i consumi alimentari e il 66 per cento ha acquistato negli ultimi mesi prodotti a basso costo. E l’Istat conferma che gli italiani tirano la cinghia anche per le spese alimentari che in un anno sono diminuite del 3,3 per cento. Quasi come il reddito delle famiglie, calato del 2,8 per cento.

Ma basta poco per allargare gli orizzonti della quotidianità e accorgersi che lo stile di vita cui siamo abituati è un modello non sostenibile per l’umanità e per il pianeta. I cittadini dei Paesi più ricchi – 800 milioni rispetto a una popolazione mondiale di 6,8 miliardi – consumano il 55 per cento dell’energia, il 70 per cento della carta, il 40 per cento della carne. E sono queste alcune delle grandi ingiustizie che, insieme alle politiche miopi dei governi e i grandi speculatori finanziari, ci hanno condotto alla grande crisi: economica, ambientale e sociale.

 

Quale sobrietà

 

Bisogna allora far di necessità virtù e cercare di cambiare la nostra quotidianità con stili di vita insieme profetici e praticabili. Non serve essere specialisti della rinuncia, né abolire l’economia di mercato; bastano, però, alcuni accorgimenti che tutti possono praticare nelle scelte quotidiane per avere una vita più soddisfacente, equilibrata e sana.

E non è tempo perso compiere azioni che ci gratificano, ci aiutano a superare le tensioni quotidiane; un incontro, una meditazione personale, la lettura di un libro, un’attività sportiva, tutto può aiutare a crescere, ad acquistare maggiore sicurezza in sé stessi e, di conseguenza, a disporci con l’animo in quella che può essere considerata la più alta espressione del benessere e cioè la disponibilità a dare e a ricevere amore. E amare è il punto di equilibrio psicologico della vita che ci permette di valutare gli eventi, noi stessi e gli altri, anche sotto l’aspetto della sobrietà per capire cosa è veramente necessario e cosa è superfluo. Proviamo, e vivremo con stile!

 

Come vivere meglio

Francesco Gesualdi, ex studente di don Lorenzo Milani alla scuola di Barbiana, è il coordinatore del centro “Nuovo modello di sviluppo” fondato insieme ad altre famiglie nel 1985. Tra i loro cavalli di battaglia: il consumo critico, il risparmio responsabile, la sobrietà.

 

Perché è importante praticare uno stile di vita sobrio?

«Per molte ragioni. Le risorse, quali il petrolio, l’acqua, il cibo, sono sempre più scarse. I rifiuti urbani e l’anidride carbonica inquinano il pianeta e l’atmosfera. Abbiamo messo a ferro e fuoco il pianeta garantendo un certo tenore di vita solo a una minoranza. La terra è come abitata da un manipolo di “grassoni” che combatte un esercito di “scheletrici”. Dobbiamo stare bene con noi stessi, con gli altri e con il pianeta. Dobbiamo attestarci su consumi più bassi che non vuol dire rinunciare al necessario, ma evitare gli eccessi».

 

Da dove cominciare?

«Comincerei da quando si va a fare la spesa ponendosi la domanda: “Ne ho davvero bisogno?”. È il quesito di fondo per renderci conto che tante cose che la pubblicità ci propina in realtà non ci servono. E orientarci su altri modi di consumare: il locale piuttosto che il globale, evitare gli imballaggi, preferire prodotti con confezioni leggere, per diminuire i rifiuti. Cominciare a produrre in proprio le merendine per la scuola, sono più sane e senza plastica da buttare. Sono piccoli gesti, ma riprodotti da milioni di persone cambiano il nostro impatto sul pianeta».

 

Il contributo di singoli e famiglie che apporto può dare?

«Una città viene tenuta pulita dai netturbini ma, se la gente si educa a non gettare carte in terra, abbiamo una città pulita. Il comportamento individuale è fondamentale perché una società è il risultato di una somma di regole e comportamenti individuali. Anche se i comportamenti da soli non bastano, ci vogliono anche le regole per stabilire i comportamenti. E anche qui le regole da sole non bastano se poi non vengono attuate».

 

La politica in che modo potrebbe operare per favorire una cultura della sostenibilità?

«È importante avere una nuova linea educativa. A scuola si insegni a vivere una vita sobria. Un altro aspetto è regolamentare la pubblicità. Non possiamo lamentarci del fatto che siamo sommersi di rifiuti e poi siamo martellati dalla pubblicità per comprare molte cose inutili. Devono essere inserite delle ecotasse per orientare gli acquisti dei consumatori e le scelte delle imprese in modo da indurre ad evitare prodotti che non si riciclano. Una tassa sulla plastica non la vedrei male».

 

Cosa c’è di rivoluzionario nel vivere la sobrietà?

«Vorrei che l’opinione pubblica percepisse che non è in gioco la nostra dignità, ma solo il superfluo. Se abbiamo la capacità di ripensare l’economia, riusciremo a vivere con meno e con più tempo a disposizione per le relazioni, che sono le grandi sacrificate del nostro sistema economico. Dovremo avere il coraggio di guardare in faccia la realtà, non per fare sacrifici, ma per vivere meglio».

 

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Scelte controcorrente

Alcuni spunti per uno stile di vita ispirato alla sobrietà:

          Usare la bici e i mezzi pubblici, lasciando da parte auto e moto. In città esiste il car-sharing e il bike-sharing;

          praticare il risparmio energetico con elettrodomestici di classe A usati a pieno carico, lampadine fluorescenti a basso consumo e un buon isolamento termico della casa e degli infissi;

          risparmiare “l’oro blu” preferendo l’acqua del rubinetto alla minerale, la doccia al bagno, riparando subito anche le piccole perdite, installando uno sciacquone con il doppio tasto, usando l’acqua di condensa di condizionatori e asciugatrici per innaffiare, non lasciando scorrere acqua quando ci si insapona, ci si rade o si lavano i denti;

          fare la raccolta differenziata dei rifiuti ed evitare di usare stoviglie di plastica usa e getta;

          per l’alimentazione usare meno carne e più legumi, scegliere cibi semplici, genuini e locali, meno cibi precotti e più tempo in cucina. Fantasia a tavola non sempre vuol dire ricercatezza. Ogni pasto sia un momento distensivo, di comunicazione, di gioiosa solennità. Senza tv;

          per la cura della casa e dell’abbigliamento puntare a poche cose ma di stile e qualità, ad un’armonia che, nella coppia, nasce dal cercare di immedesimarsi nel gusto dell’altro per scoprire magari una terza soluzione, inaspettata, che appaga le aspettative di entrambi. Riparare e riusare i capi d’abbigliamento e le scarpe e usare anche abiti “verdi”, usati, vintage e con stoffe riciclate.

 

 

Siti utili

Da qualche mese è attivo “il giustiziere della spesa” e il sito di Risparmiosuper, ormai presente in molte città italiane, compara i prezzi e le offerte speciali dei supermercati. La stazione di benzina più economica del quartiere la trovate sul sito di Prezzibenzina, aggiornato quotidianamente.

Sul sito Bilancidigiustizia potrete trovare il kit del bilancista, un metodo per imparare a fare il bilancio familiare. E segnare le spese, sapere come sono utilizzati i soldi sono i primi passi per prendere coscienza del nostro bilancio e capire dove intervenire, dove migliorare, dove tagliare, dove investire.

Nel sito dell’Enea trovate un pratico opuscolo sul risparmio energetico e su come ottimizzare i consumi in casa. Navigando nel sito di Secondamano, troverete occasioni per tutte le tasche: elettrodomestici, vestiario, scarpe. Tutto usato garantito. Il vestiario cercatelo negli outlet (supermercati con prezzi più bassi per analoga merce) nel sito Bestoutlet o in Guidaspacci con gli indirizzi degli spacci aziendali di tutta Italia.

Un antidoto semplice al consumismo è far sorgere una nuova mentalità opposta: la cultura del dare. Sul sito della rete fagotto  (http://xoomer.virgilio.it/fagotto.roma/) si possono scambiare gratuitamente oggetti, cose, vestiti che abbiamo in casa.

 

 

LA PAROLA AI LETTORI

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