Vivere nell’amore

È possibile trascorrere le giornate avendo a cuore i bisogni e le gioie del prossimo? Certo, con uno sguardo attento e generoso che spesso comporta rinunciare alle comodità per trovare una felicità maggiore
Foto Pexels

“Come te stesso”: tre piccole parole che coinvolgono. Mi tornano in mente al mattino e le prendo come guida per vivere la giornata, mentre sfoglio l’agenda piena di impegni fino a sera. Mi accompagnano anche durante la colazione, dandomi un po’ di tranquillità per un momento che tende a essere inghiottito dalla fretta.

Poi, stranamente, appena salgo in ascensore, si sistemano in un angolo di me, come se fossero in stand-by, in attesa che qualcun altro abbia bisogno di aiuto nel mio viaggio giornaliero. Eppure queste tre paroline non sono una frase, né un adagio e tanto meno uno slogan! Sono legate a qualche altra frase impegnativa: “Amerai il Signore tuo Dio con tutto il cuore, con tutta la forza, con tutta la mente, e il tuo prossimo come te stesso” (Lc 10, 27). L’evangelista Luca riporta questo dialogo tra un dottore della legge e Gesù. Egli voleva sapere se la legge che conosceva a memoria poteva assicurargli la vita eterna, cioè la felicità che non finisce mai.

Cosa posso fare o comprare per essere felice, ora e sempre? Il mio cervello, le mie forza e il mio cuore erano tutti impegnati quel giorno: volevo lasciare un biglietto di “buon compleanno” sulla porta di casa di un vicino, poi arrivare in ufficio per un’ora di lavoro e lasciare i tavoli puliti e accoglienti per il volontario che sarebbe venuto a continuare il suo prezioso aiuto di archiviazione, prima di ripartire per la stazione. Mi aspettava un lungo viaggio in treno per partecipare al funerale della mia ultima zia paterna vicina ai miei cugini. A parte la Messa e una breve preghiera al cimitero, mi ero ricordata di amare il Signore?

Le parole poetiche del sacerdote spagnolo ci hanno ricordato che gran parte della vita generosa e dei pensieri positivi di una persona possono essere nascosti agli occhi delle persone più vicine, ma fioriscono di nuovo e appartengono all’Albero della Vita, che si nutre dei fiori che ha seminato. Quando mio padre morì, ci dimenticammo di fare delle foto, soprattutto la “foto” di tutta la famiglia intorno alla bara. Ho ancora il rimorso di non averci pensato. Ma ora ho la possibilità di farlo per la prossima generazione: una bella foto di tre generazioni intorno alla bara della loro madre, la mia ultima zia paterna. Un ricordo così bello coprirà la tristezza della separazione!

Il viaggio di ritorno, altrettanto lungo, è leggero e piacevole. C’è solo un grosso contrattempo nell’ultimo tratto. A 20 chilometri prima di raggiungere la stazione, per me il capolinea, il treno si ferma in mezzo alla campagna. A causa di un guasto nella città di destinazione, i treni non possono più entrare regolarmente… né partire.

Quando si dà il via libera e possiamo scendere dal treno, c’è un mare di gente che si muove in tutte le direzioni verso i binari, nei sottopassaggi, alle fermate degli autobus davanti e dietro la stazione. Mi viene in mente un pensiero: “Che fortuna per me, sono già arrivata, non devo affrontare tutti i loro problemi di orientamento e di coincidenze”. È un’ironia del destino o un benevolo piano del Signore? Nello stesso momento lo sguardo mi cade su una giovane donna cieca appoggiata a una colonna, con il suo bastone bianco sotto il braccio. Mi fermo e inverto la rotta: avrà sicuramente bisogno di aiuto, è bloccata tra la folla.

Quando mi offro di aiutarla, si rilassa e ammette di essere lì da un’ora senza sapere che altro fare perché tutti i treni sono bloccati. Una cosa tira l’altra e così, prendendola sottobraccio, vaghiamo per la stazione alla ricerca di una soluzione. Durante questa caotica ricerca mi è successa la cosa più bella: mi sono imbattuta in una ex collega di cui avevo perso i recapiti e che dovevo assolutamente rivedere! Eravamo ambedue felici e anche la nostra amica di fortuna si rallegrava per noi.

È l’occasione per andare a prendere un caffè insieme e aspettare la coincidenza per Shansi, questo è il nome della mia compagna dalla canna bianca. La storia si conclude come una favola: la collega ritrovata si occupa di darle un passaggio in macchina fino a casa. Che dono per tutte e tre! Ne sono ancora riconoscente. Il bene fatto mi ritorna riempiendomi il cuore di gioia.

Isabelle C.

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