Vivere le nostre domande adesso

Visita al cimitero di Raron, dove riposa il grande scrittore, poeta e drammaturgo austriaco di origine boema  Rainer Maria Rilke. Le sue lettere ad un aspirante poeta: un umile dono di amicizia da maestro a discepolo
poeta

Raron, situato nel fondovalle del fiume Rodano, nei pressi di Visp, è un piccolo comune del Canton Vallese di neanche duemila abitanti, dalle tipiche case in stile walser, adatte a gente abituata da sempre a convivere con l’isolamento e i rigori invernali. Pochi però sanno che in questo angolo appartato della Svizzera, nel cimiterino attiguo alla chiesa tardo-medievale di San Romano, è sepolto uno dei principali scrittori, poeti e drammaturghi del XX secolo: Rainer Maria Rilke. Sulla pietra tombale sono incise il suo stemma di famiglia, il nome e questi versi da lui stesso dettati, sullo stile degli haiku giapponesi: «Rosa, contraddizione pura!/Voglia d’essere il sonno di nessuno/ sotto sì tante palpebre». Versi enigmatici, che hanno dato luogo a diverse interpretazioni. C’è chi ha voluto intenderne il senso così: «Qui giace Rainer amico della vita, un uomo pieno di contraddizioni, i cui bei versi si contrappongono alla morte».

Già, ma chi è Rainer Maria Rilke per chi non ha mai letto nulla di lui, nulla delle sue Elegie duinesi, dei Sonetti ad Orfeo o dei Quaderni di Malte Laurids Brigge, per citare le sue opere più famose?  Lettere a un giovane, recente raccolta di dieci sue lettere all’aspirante poeta Franz Xaver Kappus, con l’aggiunta di altri brevi testi, è sufficiente per darci la “rivelazione” della grandezza d’animo di questo autore austriaco di origine boema, morto di leucemia acuta nel 1926 a solo 51 anni. In questo smilzo ma prezioso libretto edito da Qiqajon con la prefazione del priore di Bose, Enzo Bianchi, Rilke si rivela, pur nella sua delicatezza e umiltà che gli evitano qualsiasi tono saccente, un maestro del saper vivere e una vera guida spirituale alla stregua, azzardo a dire, di uno starec russo. Le tematiche di cui egli argomenta sono di estremo interesse per chi come Kappus si affacciava alla vita: l’amore, la sessualità, il tempo che si consuma, Dio, una futura professione, l’arte…: ciò che rende queste lettere estremamente attuali anche per i giovani del nostro tempo. Troviamo in esse, come un leit-motiv, l’invito a «entrare in sé stessi», a «scavare dentro di sé», a «rivolgersi verso l’interno», a «scrutare le profondità da cui scaturisce la propria vita». Sempre accompagnandosi alla fiducia radicale nel suo acerbo interlocutore e nelle risorse di cui questi dispone.

Ecco solo qualche saggio di questa raccolta epistolare:  «Se la sua vita quotidiana le sembra povera, non la accusi: accusi sé stesso, si dica che non è abbastanza poeta da chiamarne per nome gli aspetti preziosi; per colui che crea, infatti, non c’è povertà, e nessun luogo è povero o insignificante». «In particolare nelle realtà più intime e degne di attenzione, siamo indicibilmente soli; e perché uno sia in grado di consigliare o aiutare l’altro, perché ciò succeda anche una sola volta, molto deve accadere, molto deve compiersi, un’intera costellazione di eventi deve realizzarsi». «Le opere d’arte appartengono a una solitudine senza fine, e niente meno della critica è in grado di raggiungerle. Solo l’amore sa stringerle a sé, e viverne, e sa agire con giustizia nei loro confronti». «Non si affanni per ottenere risposte che ancora non possono esserle date, perché non sarebbe in grado di viverle. […] Viva le sue domande adesso. Forse, così, un giorno lontano, a poco a poco, senza accorgersene, vivrà già dentro la risposta». «Forse i due sessi sono più simili tra loro di quanto non si creda, e il rinnovamento grande del mondo si baserà su questo, che l’uomo e la giovane donna, liberati da tutte le percezioni malsane e dalle reciproche avversioni, si cercheranno non come realtà opposte, ma come fratello e sorella, come vicini, e si uniranno l’uno all’altra come persone umane, per sostenere assieme, con semplicità, seriamente e con pazienza, il peso della carne che è stato loro imposto». «Dovunque c’è molta bellezza». «Provare amore tra un essere umano e l’altro: forse, è ciò che di più difficile ci viene chiesto, di più estremo, la prova finale a cui veniamo sottoposti, la fatica che tutte le altre fatiche servono solo a preparare. Ecco perché i giovani, che sono principianti in tutto, non conoscono ancora l’amore: lo devono imparare». «Soltanto chi è preparato a tutto, colui che non esclude nulla, nemmeno ciò che è più enigmatico, vivrà la relazione con un’altra persona come qualcosa di vivo e saprà colmare tutta la vastità della propria esistenza». «Non deve spaventarsi quando una tristezza le si staglia di fronte, grande come mai ne ha vista una; quando un’inquietudine, come la luce e l’ombra delle nuvole, scivola nella sue mani e nelle sue azioni. Deve pensare che qualcosa sta accadendo in lei, che di lei la vita non si è dimenticata, che è la vita a tenerla tra le mani, e che non le permetterà di cadere». «Il suo dubbio può trasformarsi in una buona qualità, se lei lo educa. Deve diventare sapienza, deve diventare capacità critica».

Ce n’è abbastanza, penso, per dirci grati dell’essere Rilke vissuto in un’epoca nella quale la scrittura epistolare era ancora in auge. In tal modo possiamo far tesoro delle sue lettere anche noi, uomini di un’epoca dalla spesso effimera comunicazione, affidata per lo più ai social network.

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