Vivere in coppia… con stile!
Giuseppe fa il tornitore, Marta lavora part time. E di questi tempi non è facile, con quattro figli… In visita a casa Magaraggia.
Trovo la casetta di Marta e Giuseppe senza difficoltà, nella tranquilla pianura veronese, dove i colori non vogliono lasciare spazio ancora all’autunno, nonostante il pomeriggio sia già frizzante.Un bambino e una bambina giocano con la sabbia in un angolo del giardino e mi accolgono come se fossi sempre stata lì, mentre le loro vocette chiamano a raccolta i genitori: l’ospite è arrivata!
La mamma abbraccia il piccolo Mattia: l’ultimo arrivato, una manciata di mesi portati con molto onore.
Ho chiesto a Marta e Giuseppe Magaraggia di permettermi di capire lo sfondo che accompagna la loro vita, perché di loro ha raccontato Aurelio Molè nel simpatico libretto Con stile, edito da Città Nuova, in cui ha affrontato, a mio modesto parere «con il sorriso e con la scure», lo scomodo argomento dello stile di vita. E mi è piaciuto molto, mi ha ricordato quei “bignami” di cui hai pensato da studente: ma come ha fatto a concentrare tutta la materia in queste poche pagine? Quadrare i conti a fine mese, gestire bimbi piccoli con sapienza e pazienza, condividere e curare la vita di coppia, perché non scoppi! Essere aperti alla vita e guardare con coraggio alle rette della scuola, pensare alle vacanze e poterle progettare vivibili e sopportabili, decidere di utilizzare l’automobile con… filosofia, crescere nella fiducia e dialogare anche a notte fonda, perché di giorno chi ci riesce con quattro bambini? Sì, perché rispetto ai tempi di stampa del libretto, intanto i bambini sono diventati da tre, quattro, con stile!
Ma cominciamo un po’ dall’inizio, oso. E già penso che racconterò di loro a tanti giovani facilmente scoraggiabili, e ce ne sono, ma ve ne sono anche molti che in questi due troveranno la loro immagine riflessa o il progetto futuro possibile. Sono pratici e vanno al sodo delle cose, i due indaffarati innamorati. Si sono conosciuti durante un 31 dicembre speciale, trascorso fra i bisognosi in Croazia. E questo fa già la differenza. Poi scelte radicali, cioè che fanno “sentire” liberi: «Dopo averla incontrata, mi sono reso conto che dovevo conoscere bene la ragazza che mi scriveva mail così vicine al mio sentire e che condivideva con me ideali ed emozioni e soprattutto la fede in Dio», ricorda Giuseppe. L’anno successivo, il 2003, erano già sposati, convinti di quella chiamata! E a seguire: Pietro sei anni, Fatima cinque anni, Giacomo due anni e Mattia. «Quando dico che a 33 anni ho quattro bambini – sospira Marta –, spesso la gente mi fa sentire un po’ a disagio, quasi fosse una stranezza avere quattro figli. Noi veniamo da famiglie con cinque figli ciascuna e a noi non sembra così particolare la nostra realtà, anzi! Però talvolta mi chiedo cosa pensino di noi in questa nostra società così chiusa in sé stessa».
«Non credere però che questa sia una scelta facile! – protesta Giuseppe –. Abbiamo rinunciato a tanto e abbiamo trascorso momenti duri, soprattutto con i primi due, dopo la nascita della seconda bambina, quando l’inesperienza, l’impegno massiccio e la stanchezza di certi momenti ci facevano sognare momenti di riposo… I miei amici alla mia età, 25 anni, si rilassavano dopo le ore di lavoro! Io ricominciavo tutto tornando a casa».
Giuseppe fa il tornitore, Marta è impiegata part time. E di questi tempi non è semplice. Partono a raffica sorridendo, ma con qualche incrinazione nelle voci, decisa quella del marito, dolce quella di Marta: ecco lo stile dei due. Ottimizzano tutto ciò che può essere condiviso e riciclato simpaticamente, privilegiano le scelte scolastiche, ma risparmiano sui trasporti e le spese in generale… Ma è vero che ti facevi tutta la strada possibile in bicicletta? «Certo – risponde Giuseppe –, ma anche quello che vedi qui… lo scaffale è fatto da me, i mobili e anche l’auto sono occasioni trovate con amici attenti, quattro figli hanno bisogno di molta disponibilità e abbiamo imparato a scegliere e a rinunciare al superfluo. Per esempio, visto il mutuo per la casa, le vacanze erano fuori programma. Le spese importanti si valutano e si fanno solo quando c’è il vero bisogno e la disponibilità reale e prima ci si guarda attorno, si rimandano le spese non urgenti. Poi ci si rende disponibili là dove ci sono necessità e si può ricambiare, far proprio il problema o il bisogno».
Giornate dense e scandite da pappe e poppate, anche se ormai siamo grandi: Pietro ora sta frequentando la scuola primaria, quindi pappette e compitini. Eppure trovano tempo anche per crescere, partecipare e organizzare momenti di vita del movimento dei Focolari. «Quando ho conosciuto i gen (branca giovanile del movimento) mi sono convinto di aver trovato ciò che cercavo e ho pensato: questi si vogliono bene davvero, io voglio vivere così, da qui non mi sposto più. E non ho più smesso di crederci. Anche oggi che rifletto su questi tempi e penso tremando alle difficoltà economiche, alla crisi, al fatto che ho quattro bambini… un po’ mi spavento, ma poi riprendo con gioia perché so che ho un Padre in Cielo. E anche se non ho tempo per me, anche se mi mancano molte cose, anche se non arriviamo a fare tutto per bene, sapere che ho un Padre che mi ama è la spinta e mettermi sempre in gioco. Allora cullare l’ultimo nato, lavorare duramente, soffrire… è la mia risposta. E non è che tutti i problemi siano risolti, non è facile essere fedeli».
«Volevo andare in Africa volontaria – racconta Marta – quando, prima di conoscere Giuseppe, alla ricerca della mia dimensione, mi sono imbattuta in alcune donne che vivevano autenticamente fra loro il Vangelo: da qui – ho pensato – non vado più via. L’incontro con lui ha fatto il resto, il quadro si è completato: la strada più chiara. È per me un’educazione continua, voglio mantenere vivo in famiglia il fuoco del dono e dell’unità. Al di là delle regole di vita sociale e familiare, i bambini devono toccare con mano che ci vogliamo bene e siamo capaci di essere uniti».
«Io sono un tipo concreto – aggiunge Giuseppe –, dove mi trovo penso che devo buttarmi ad amare proprio nella concretezza. Come suona la sirena della fabbrica, lì sono chiamato a vivere pienamente, quando timbro il cartellino».
Si sveglia intanto anche Giacomo, il terzogenito che controlla, ciuccio alla mano, che tutto il campo funzioni come quando lo ha lasciato, poi si butta nelle braccia della mamma e assapora il ritorno alle relazioni familiari.
Mi porto via qualche allegro disegno di castelli, principi vincenti e principesse, di centrocampo entrati nella leggenda calcistica, e portieri con due manone così, capaci di parare tutto, proprio tutto! E mi pare che questa sia la filosofia della famiglia Magaraggia: sognare senza paure inutili quanto basta e rendere concreta, possibile e attuale l’unità, con stile!