Vivere il fallimento
Per quanto ci sforziamo di tenere il mondo che ci circonda sotto controllo e di renderlo più razionale, prevedibile, c’è sempre qualcosa che va storto.
Infiniti sono gli esempi della capacità di accettare e vivere il lutto delle perdite, delle sconfitte, dei tradimenti, delle bocciature, dei fallimenti, delle delusioni, delle incomprensioni, dei rifiuti, delle separazioni, dei divorzi, dei traumi, che continuamente interferiscono con le nostre esistenze. Se non capitano a noi, colpiscono chi ci sta vicino e sta a noi scegliere come affrontarli.
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Ma cosa è necessario sapere per smettere di avere questa paura del fallimento?
Per prima cosa è necessario convincersi che: “Non esiste fallimento, ma solo feedback”, e questa convinzione è semplicemente il modo più funzionale di concepire il fallimento. È importante ricordarsi poi che si tratta di un concetto che è stato creato da qualcuno in qualche momento del futuro. Non esiste in realtà. Quando fallisci in qualcosa, ciò che accade è che non raggiungi il risultato desiderato, tutto qui. Al suo posto, ottieni un risultato diverso.
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Quando tutti noi intorno all’età di dodici mesi impariamo a camminare, non abbiamo paura del fallimento, cadiamo e ci rialziamo subito. Siamo esploratori alla ricerca attiva del successo, e ogni tentativo che facciamo e che non va a buon fine è meramente un’azione che non ha raggiunto in maniera efficace l’obiettivo… non ancora! Continuiamo a provare a fare cose nuove, finché non ci riusciamo. Bisogna essere convinti che, dal momento che qualcun altro ci riesce, possiamo riuscirci anche noi. Poi cresciamo, e impariamo a notare i nostri errori. Ogni volta che non siamo in grado di fare qualcosa ci viene fatto osservare, e così veniamo introdotti alla nozione di fallimento. Improvvisamente, non saper fare bene le cose al primo colpo diventa un problema, e cominciamo a metterci sotto pressione per riuscire a fare tutto in maniera corretta all’istante.
Se non ne siamo capaci, spesso lo consideriamo un esempio di fallimento, e questo ci fornisce una facile scusa per rinunciare e per dire che “non siamo stati all’altezza” o che siamo stati “un disastro”. È fondamentale ricordarsi che, solo perché abbiamo assimilato queste idee bislacche sul fallimento, non significa che dobbiamo rimanervi intrappolati. Al contrario, possiamo renderci conto che è possibile assumere un altro punto di vista in merito. Se ci si riflette bene, il fallimento è quasi inevitabile per la maggior parte dei compiti da svolgere. Ma è così che si impara a fare meglio qualcosa, a diventare più capaci. Più si fallisce, più si hanno informazioni che possono aiutare a rimettere le cose a posto. Quindi bisogna allenarsi a “fallire” il più possibile e ricordarsi che ogni persona di successo ha fallito più volte di quante sia riuscita a realizzare i propri obiettivi.
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Un’altra cosa da ricordare è che spesso il senso di fallimento colpisce le persone perché queste si sforzano di raggiungere la perfezione. Quando non riescono a fare una cosa perfettamente, vedono la loro mancanza di successo come un problema immenso. È importante rendersi conto che se qualcosa fosse perfetto, non potrebbe migliorare; se non potesse migliorare avrebbe un limite, e tutto ciò che ha un limite non può essere definito “perfetto”. L’ironia della faccenda, perciò, è che niente e nessuno è perfetto. La chiave non è essere tali, o riuscire sempre in tutto, ma sentirsi a proprio agio nei casi di sconfitta e di errore, così da poter imparare dai propri sbagli, abbandonare le vecchie abitudini e fare del proprio meglio la volta successiva.
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