Viva l’Italia

Libertà e unità vanno festeggiate per non vivere come dei “senza patria”. Un richiamo alle nostre radici, a quel patrimonio di lingua, cultura, arte e religione che ci distingue.
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“Viva Italia!”. Così cantavano nell’Ernani di Verdi, a Venezia, anno il 1844. L’aspirazione all’unità politica del Belpaese era nell’aria. Anche se mancavano diciassette anni a quel 17 marzo1861, quando il Senato e la Camera del Regno di Sardegna, a Torino, proclamarono il re sabaudo Vittorio Emanuele II, primo re d’Italia. Fra il 1844 e il 1861 c’erano state due ”guerre d’indipendenza”, i l fatidico 1848 , l’”anno delle rivoluzione” in Europa, l’assedio al governo “temporale” di Pio IX, e l’Impresa dei Mille.

 

Quel 17 marzo votò solo il due per cento dei 22 milioni di “italiani” – allora votavano solo i maschi e secondo il censo -, ma esprimevano la coscienza che ormai l’unità politica italiana era inarrestabile. Ancora pochi anni e nel 1866 il Veneto si sarebbe aggregato al regno; nel 1870 sarebbe poi toccato a Roma. Iniziava un periodo storico che avrebbe mitizzato gli “eroi” dell’unità, scolarizzato un paese fondamentalmente agricolo e analfabeta, indicato il primo conflitto mondiale come “guerra di redenzione di Trento e Trieste”; fino ad arrivare, tra richiami autoritari sempre riemergenti e tentativi repubblicani e democratici, ai nostri giorni, senza risparmiarci neppure una spaventosa guerra civile,

 

Forse non sono inutili i richiami al nostro passato, alle “radici”, oggi in cui si vorrebbero dimenticare o minimizzare, scordando il sentimento di unità culturale presente nelle “cento città” del Paese ben prima dell’unità politica e manifestato in quell’identità di lingua, arte, letteratura e religione fin dal Medioevo. Certo «ad animare il Risorgimento – spiega lo storico Alberto Lo Presti – fu un gruppo ristretto, una piccola élite politica. Le masse popolari non potevano essere incluse nel processo risorgimentale, perchè non esisteva la massa, in senso stretto». Ovviamente, «questo timbro storico ha condizionato la nostra storia, come pure il fatto che nessun processo moderno di unificazione nazionale ha tentato di affermarsi contro la religione dei propri cittadini», come è invece accaduto spesso da noi. Anche se bisogna riconoscere, con lo storico Marco Impagliazzo, che: «la fine del potere temporale dei papi è stata un passaggio che ha reso la figura del papa più popolare, più spirituale. I cattolici lo hanno realmente scoperto, mentre prima era un figura lontana».

 

Insomma, il Risorgimento è stato un bene anche per la Chiesa, come aveva a suo tempo sottolineato un papa intelligente come Paolo VI. Del resto, figure di cattolici impegnati nel processo di unificazione – in azioni, libri e sangue – non sono mancati: da Gioberti a Rosmini a Pellico, ai preti uccisi. E poi al Manzoni di cui il Corsera, con acutezza, riporta oggi sul paginone i versi di “Marzo 1821”, grondanti di amore all’Italia. Manzoni è forse un grande dimenticato e incompreso. Vero “padre della patria”, accanto a Cavour, Mazzini, Garibaldi e al re Vittorio Emanuele: tutti  in modi diversi e talora contrastanti erano uniti nel volere l’unità politica della Nazione.

 

L’unità restava per loro – e si spera per noi – il bene supremo. “Liberi non sarem se non siam uni”, scriveva ancora il Manzoni. Una lezione per oggi. Libertà e unità vanno d’accordo. Ci penseranno quelli che boicottano questa ricorrenza, dimenticando  -e in questo modo offendendo – chi ha dato la vita per questo? L’Italia festeggia, oggi. Giustamente. Il canto del Nabucco verdiano “Va’ pensiero” rimane una preghiera – non un inno marziale – che dal 1842 è sulla bocca di chi sa cosa voglia dire non avere un patria, sentirsi privi di una coscienza nazionale. Cioè, non sapere chi siamo. Non per nulla, alla fine del secondo conflitto mondiale, un italiano che tornava dall’esilio americano, Arturo Toscanini, inserì questo coro nel suo concerto alla Scala ricostruita dal bombardamento. Come ha fatto nei giorni scorsi Riccardo Muti al romano Teatro dell’Opera. Gli artisti, a volte, vedono più lontano.

 

Buon compleanno, Italia!

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