Viva Bistrot a sostegno delle donne vittime di violenza
Sono tre giovani mamme: Antonella, Raffaella e Maria, tutte e tre hanno subito violenze psicologiche e fisiche da parte di mariti e compagni ma invece di tacere hanno deciso di ricominciare a vivere aprendo Viva Bistrot. Il primo incontro è avvenuto grazie all’Associazione Artemide, uno sportello antiviolenza di Poggiomarino, nel vesuviano, nato per volere di alcuni professionisti tra avvocati e psicologi, che con il sostegno anche delle forze dell’ordine e delle istituzioni locali hanno deciso di fornire assistenza psicologica e legale alle donne vittime di violenza.
Da un’idea dell’avvocato Rosita Pepe, nasce poi un secondo progetto: la Cooperativa Viola, per aiutare le donne fuggite alla violenza coniugale a ritrovare l’indipendenza prima di tutto con un lavoro. Così dopo anni di abusi e paure, Antonella, Raffaella e Maria sono tornate a vivere aprendo il “Viva Bistrot”. Il nome scelto è ricco di significati: prima di tutto è un inno alla Vita, all’essere ancora in Vita nonostante le violenze subite, a voler tornare ad essere Vive veramente. Nella maggior parte dei casi infatti, le donne vittime di violenza smettono di avere contatti con l’esterno per paura delle reazioni dei mariti o compagni, perdono il lavoro fino ad annullarsi completamente. Aprire un’attività imprenditoriale vuol dire rinascere, tornare ad essere indipendenti e creare speranza anche nelle altre donne.
Nel bistrot è possibile fermarsi per un pasto, acquistare prodotti di qualità tra cui pasta artigianale e vini prodotti nei terreni confiscati, ma è anche un luogo di incontro e confronto. Sulle pareti, a rafforzare il valore del locale, ci sono le immagini di grandi nomi che hanno fatto la storia e lottato per i diritti delle donne: da Margherita Hack a Rita Levi Montalcini fino a Frida Kahlo e alla giovane Emma Watson. Stampato sulle pareti c’è anche il numero antiviolenza 1522 e una frase di Seneca: «Non è perché le cose sono difficili che non osiamo, è perché non osiamo che sono difficili», un invito alla denuncia e al riscatto, perché uscire dall’incubo della violenza si può.