Vittorina e il Sole
Vent'anni fa si spegneva Vittorina Gementi, fondatrice di centri all'avanguardia di scuola e riabilitazione rivolti a bambini, ragazzi e adulti disabili.
«Ero delusa di me stessa perché pensavo di aver messo al mondo qualcosa di sbagliato, soprattutto non potevo far niente per cambiare la situazione. Poi, con il tempo, ho capito che avere un figlio così non è un limite ma una grande ricchezza. Il dialogo costante con il centro mi permette di trarre forza e di non sentirmi mai sola… Ora mia figlia è una ragazzina serena e gioiosa, e quando la vedo sorridere noto sul suo viso le stesse passioni di qualunque altra coetanea».
Così parla la mamma di uno dei bambini che frequenta la Casa del sole, opera fondata da Vittorina Gementi, una laica morta vent’anni fa, all’età di 58 anni, ora serva di Dio.
A Mantova, la sua città natale, “la Vittorina” è ancora conosciuta da tutti. Nata il 17 febbraio 1931, crebbe in un clima familiare vivificato da valori umani e cristiani, e dall’attenzione verso gli ultimi. Come responsabile di Azione cattolica si prodigò in un’instancabile attività formativa, scoprendo il valore di ciascuna persona umana in quanto voluta da Dio e, come tale, della necessità dell’educazione per il suo pieno sviluppo. Di lei maestra si ricorda di come trasformava aule poco accoglienti in ambienti puliti, gradevoli, curati nei dettagli, o del sorriso con il quale entrava nel “carrozzone degli zingari”, la casa di una famiglia nomade presso la quale offriva il suo tempo per l’educazione dei figli.
Visse la politica come un servizio, sapendo che per ben operare non bastavano solo degli strumenti, ma un supplemento di umanità. Dal 1960 al 1980 fu consigliere e vicesindaco, non senza invidie e gelosie, anche in seno al suo partito, finì col costituire un lista civica.
In quel periodo alcune famiglie con figli disabili la cercavano, perché trovavano in lei la sensibilità necessaria per capire le loro difficoltà: così per Vittorina iniziò un’intensa attività di studio e visite a centri italiani e stranieri, per dare soluzione a questo problema di “giustizia sociale”.
Finché venne l’intuizione: «Ho deciso di fondare una casa per bambini handicappati. So come la chiamerò – “Casa del sole” –. Il sole è lui, Gesù! Pensa che proprio in questi giorni un signore mi ha regalato un milione. È il segno che possiamo cominciare», disse ad una suora. «Dare a costoro ricompensa immensamente ogni umana fatica, anzi si riceve più gioia di quanto si riesca a dare».
Nel suo progetto era insita la convinzione che nulla, nella sua vita, fosse accaduto per caso, e si sentiva strumento di un disegno al quale mettersi a servizio. Quando fu il tempo di aprire, arrivò una prima offerta che sembrava essere di 50 mila lire: erano già una cifra; ma poi Vittorina scoppiò a piangere quando, leggendo meglio, vide che erano 500 mila lire. La Provvidenza dava il suo segno che la Casa del sole sarebbe sorta sotto la sua protezione. «Arriva prima del sorgere del sole», avrebbe detto più avanti.
L’Istituto medico-psico-pedagogico Casa del sole prese avvio ufficialmente il 10 ottobre 1966, in una villa ricostruita dopo più di vent’anni da quando vi erano morti degli orfani a causa di una bomba aerea. La povertà era un problema nei primi tempi: ogni settimana non si sapeva se si sarebbe riusciti a dare da mangiare ai bambini, ma arrivavano sempre ceste colme di cibo genuino davanti al cancello; il clima era di famiglia.
La Casa del sole si poneva, per il tempo, all’avanguardia anche dal punto di vista del metodo: niente internato per consentire al bambino di restare in famiglia, con la quale si avviava una stretta collaborazione, e lavoro di équipe riabilitativa medico-psicopedagogica. Nel tempo la struttura cresceva, e si elaborò un trattamento specifico che fu definito “trattamento pedagogico globale”.
Così affermava Vittorina: «Cosa intendiamo per atteggiamento educativo? Non certo quando intendo insegnare, perché l’insegnare non è educare: può essere un gradino che porta a educare. Noi ci poniamo in atteggiamento educativo verso un’altra persona solo nel momento in cui riusciamo ad avere un sufficiente controllo di noi stessi per cui, nella misura in cui siamo capaci di dare, siamo anche capaci di ricevere».
Oggi la Casa del sole continua ad accogliere, curare e amare 155 bambini con handicap cerebrale senza chiedere un centesimo di retta, offrendo riabilitazione e scuola paritaria. Ad essa si affiancano altri centri aperti dalla fondatrice: il “Centro accoglienza” per adulti con handicap e il “Solidarietà” per i gravissimi, coloro che lei definiva “inno alla Vita”.
In una intervista di Enzo Biagi, nel 1989, le venne posta la questione di un giudice inglese che aveva deciso per una bimba idrocefala una morte dignitosa. Così rispose Vittorina, a partire dalla sua esperienza: «Dottore, per me non esiste una morte dignitosa; esiste una vita dignitosa e quindi, a quel giudice, direi che noi non siamo padroni di una vita e chi ci ha dato la vita in quel modo o in un altro modo saprà disporne anche per la morte».
Giovanni Paolo II, nella sua visita del 1991, definì la Casa del sole un “santuario”, Gesù il sole, e tabernacoli i bambini.
Nel 1987 Vittorina iniziò a sentirsi poco bene: sapeva di avere un tumore che aveva scoperto il giorno di santa Chiara, segno per lei dell’arrivo delle suore Clarisse presso la Casa del sole, come aveva visto nel disegno dell’opera dieci anni prima, e che si avverò. Decise di farsi operare ad agosto, perché i suoi bambini erano a casa in vacanza. La malattia era molto seria, ma lei cercava di essere sempre sorridente e felice. Una volta chiese delucidazioni, ma poi non attese la risposta per non imbarazzare chi aveva interrogato, come per rientrare subito nella volontà di Dio nell’attimo presente: quello era il segreto della sua serenità. Morì il 3 giugno 1989 recitando il rosario.
Di lei mons. Giovanni Volta, vescovo di Pavia, ricorda «le sue battaglie in comune a Mantova. Chi l’animò e le diede quella forza, quella gioia? Lei stessa un giorno indicò il segreto che si portava dentro: “Credo di aver avuto un grande dono nella mia vita: quello di essermi innamorata, di essermi “cotta di lui”. Ho cercato e cerco sempre di più di conoscere ed amare il Signore e mi sforzo di essere cotta”».
E così scriveva Vittorina, certa di essere capita, a Chiara Lubich: «Vuoi anche tu aiutarmi affinché i bambini che mi affidano abbiano da parte di ognuno di noi che opera presso la Casa del sole tutto l’amore che spetta loro, e riusciamo a servire solo Gesù in loro, non per assistenza, o per opera di carità o per servizio sociale… ma per vero amore? Chiedi che la Casa del sole rimanga “opera sua”, che i bambini possano conoscere ed amare Gesù attraverso noi. Scusami se ti chiedo tanto, ma lo faccio perché so che sei molto vicina a Maria e a Gesù e così ti sento indegnamente, ma vera sorella. Grazie ancora e un caro abbraccio da Vittorina».
Per informazioni su Vittorina Gementi, si può contattare l’Associazione amici di Vittorina (www.amicidivittorina.it) o la Casa del sole (www.casadelsole.org).