Visitare il monte Tabor

Una puntata sul luogo della Trasfigurazione sulla scorta di un testo che illustra le più importanti montagne dell’Antico e del Nuovo Testamento
ANSA/WEB

Tabor! Un nome che evoca immediatamente uno degli episodi più singolari e misteriosi dell’esperienza umana del Figlio di Dio, quando Gesù, dopo essersi appartato su quel monte della bassa Galilea insieme ai discepoli Pietro, Giacomo e Giovanni, rivelò la sua natura divina cambiando aspetto fisico. È la trasfigurazione, soggetto che ha ispirato innumerevoli pittori: come quel Giovanni Bellini presente nel Museo di Capodimonte a Napoli con la radiosa tavola in cui Cristo appare tra Elia e Mosè rivestito di stupefacente splendore e bellezza davanti ai tre discepoli folgorati dalla visione.

Il Tabor è anche uno dei siti sacri di memoria biblica trattati da Massimo Centini nel suo libro edito da Terra Santa Montagne sacre: un percorso originale nella storia delle religioni e nella cultura ebraico-cristiana, dedicato a chi ama la storia, la Bibbia e la montagna. In esso l’autore, dopo averci introdotti al rapporto tra la montagna e le religioni – dagli indiani d’America agli aborigeni australiani, dalle società preistoriche all’antichità greco-romana, dai culti orientali alle tradizioni monoteistiche –, illustra le principali montagne dell’Antico e del Nuovo Testamento che furono teatro di eventi storici, spirituali e leggendari: Ararat, Moriah, Carmelo, Nebo, Armageddon, masada, Golgota e altre.

Ma torniamo al nostro Tabor, localmente detto Gebel et-Tur. Con i suoi 588 metri sul livello del mare esso si erge solitario nella piana di Esdrelon, alle propaggini del villaggio di Daburiyya, a sud-est di Nazaret. La sua posizione strategica nelle vicinanze dell’arteria viaria che collegava l’Egitto alla Mesopotamia determinò il destino di questo modesto rilievo, spesso coinvolto nelle vicende, non sempre pacifiche, caratterizzanti la storia della Terra Santa.

La prima volta in cui troviamo citata questa montagna è nel Libro di Giosuè, dove viene indicata come limite di tre delle dieci tribù perdute d’Israele: Zàbulon, Issacar e Nèftali. Un altro riferimento ci giunge attraverso la figura di Barak – comandante israelita nel tempo dei Giudici – che si recò sul Tabor per combattere i cananei guidati da Sisara, riuscendo vittorioso grazie ai consigli della profetessa Debora. Ma la battaglia che più di altre segnò la storia del monte fu quella del 67 d. C. in cui i legionari di Vespasiano si scontrarono con i giudei, ribellatisi al potere imposto da Roma alla provincia di Giudea.

All’epoca delle guerre crociate un ulteriore evento bellico segnò profondamente la storia del Tabor: il monastero benedettino realizzato sul monte, dove già al tempo del profeta Osea (VIII secolo a. C.) sorgeva un santuario, fu distrutto dal sultano al-Malik al-Adil Sayf al-Din (1211-12). In seguito i cristiani eressero su quelle pendici un’altra chiesa, anch’essa distrutta dai musulmani nel 1263.

Basta guerre e sangue: preferiamo ricordare il Tabor con i poetici versetti del Salmista: «Tu hai creato il settentrione/e il mezzogiorno;/ con gioia fanno eco al tuo nome le montagne del Tabor e dell’Hermon (Sal 89, 13) e come luogo di contemplazione e di pace nell’Alto Medioevo, meta di pellegrinaggio e rifugio di un rilevante numero di monaci (ben quattro chiese erano segnalate nel IX secolo sulle pendici del monte). Oltre ai resti di queste costruzioni, riportati alla luce dai francescani della Custodia di Terra Santa, presenti fin dal 1631 sul Tabor, rimangono gli oltre ottomila scalini dell’antico percorso che consentiva ai pellegrini di raggiungere la sommità del monte.

Nel 1924, sui resti del monastero benedettino distrutto da al-Malik fu realizzata dall’architetto Antonio Barluzzi l’attuale basilica della Trasfigurazione, il cui stile richiama quello romanico e quello arabo-siriaco; ricorrente è, nei finestroni e nelle cuspidi, il motivo ternario che ricorda le tre tende (o capanne) citate dall’apostolo Pietro abbagliato da tanto splendore: «Signore, è bello per noi restare qui; se vuoi, farò qui tre tende, una per te, una per Mosè e una per Elia». L’interno della basilica è ricco di mosaici, che culminano nell’abside dove è raffigurato l’episodio della Trasfigurazione. Sia all’interno che all’esterno la basilica ingloba resti bizantini e crociati delle precedenti costruzioni.

Quale messaggio ci viene suggerito dal Tabor? Una risposta ce la dà l’Angelus di papa Francesco del 12 marzo scorso: « La “luminosità” che caratterizza questo evento straordinario ne simboleggia lo scopo: illuminare le menti e i cuori dei discepoli affinché possano comprendere chiaramente chi sia il loro Maestro.

È uno sprazzo di luce che si apre improvviso sul mistero di Gesù e illumina tutta la sua persona e tutta la sua vicenda. Ormai decisamente avviato verso Gerusalemme, dove dovrà subire la condanna a morte per crocifissione, Gesù vuole preparare i suoi a questo scandalo – lo scandalo della croce –, a questo scandalo troppo forte per la loro fede e, al tempo stesso, preannunciare la sua risurrezione, manifestandosi come il Messia, il Figlio di Dio. […] Gesù sul monte Tabor ha voluto mostrare ai suoi discepoli la sua gloria non per evitare a loro di passare attraverso la croce, ma per indicare dove porta la croce. Chi muore con Cristo, con Cristo risorgerà. E la croce è la porta della risurrezione».

 

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