Violenze contro sindaci, assessori e amministratori
Oltre 300 atti intimidatori nel corso del 2022 contro sindaci, assessori, consiglieri comunali e municipali, amministratori regionali e dipendenti della pubblica amministrazione. Tutte le regioni, ad eccezione della Valle d’Aosta, hanno visto il verificarsi di diverse forme di minacce e violenza verso gli amministratori pubblici con un gap che, rispetto agli anni passati, torna ad ampliarsi tra le aree del Paese: 2 casi su 3 (il 66 per cento) sono stati censiti nell’area Sud-Isole. In testa la Sicilia con 50 casi censiti, seguono la Campania (49), la Puglia (48) e la Calabria (42). Il 18 per cento del totale degli episodi ha riguardato le donne, amministratrici e dipendenti della pubblica amministrazione con minacce dirette e indirette.
Sono alcuni dati del rapporto “Amministratori sotto tiro 2022”, realizzato da Avviso Pubblico, la rete antimafia di Enti locali e Regioni, presentato a Roma nella sede della Federazione Nazionale della Stampa Italiana, alla presenza del ministro dell’Interno Matteo Piantedosi. Se, da un lato, i dati mostrano un trend in calo rispetto agli anni passati – meno venticinque per cento rispetto al 2021 che aveva raggiunto 438 casi di avvertimenti e aggressioni – in particolare rispetto al periodo più critico della pandemia quando le reazioni aggressive e violente a causa delle restrizioni erano indirizzate alle figure istituzionali e amministrative più vicino al territorio, dall’altro il dossier evidenzia alcuni elementi che spingono a mantenere alta l’attenzione, in particolare per quanto riguarda il “sommerso”, minacce e violenze non denunciate.
Per il presidente nazionale di Avviso Pubblico Roberto Montà, «non possiamo permetterci di abbassare la guardia, è necessario osservare questa tendenza con estrema cautela. Sia in relazione alle intimidazioni che non sono di dominio pubblico – non censite in questo Rapporto – sia rispetto alle minacce subite, ma non denunciate, da amministratori locali e dirigenti degli Enti locali. La cosiddetta “cifra oscura”, ovvero i casi passati sotto silenzio o che vengono alla luce a distanza di tempo come risultato di indagini».
Sempre dal rapporto emerge come, oltre alla prevalenza numerica di casi nelle regioni del Mezzogiorno rispetto alle regione del Nord Italia, vi sia anche una netta differenza per natura e tipologia di minacce: «L’amministratore/amministratrice locale del Mezzogiorno deve fronteggiare intimidazioni e minacce veicolate in modalità molto differenti rispetto a quelle di un/una collega del Centro-Nord – si legge nella sintesi del rapporto – Gli incendi, prima tipologia di minaccia al Sud e nelle Isole (un caso su quattro), non sono fra le cinque tipologie più riscontrate nel Centro-Nord e rappresentano appena il 5 per cento dei casi in quell’area. Analogamente scritte offensive e social network, che insieme raggiungono il 55 per cento dei casi censiti al Centro-Nord, al Sud e nelle Isole rappresentano appena il 14 per cento delle intimidazioni censite in quell’area».
Ad essere coinvolti nella maggior parte dei casi sono i comuni al di sotto dei ventimila abitanti. E una minaccia su quattro non ha matrice criminale: sono comuni cittadini che sfogano il proprio dissenso rispetto a scelte amministrative sgradite con modalità violente e intimidatorie.
Il Rapporto quest’anno si è arricchito di una sezione speciale sui casi di violenza politica internazionale realizzato da ACLED (Armed Conflict Location & Event Data). Focalizzandosi sul dato relativo ai paesi dell’ Unione Europea, emerge come il 75 per cento degli atti intimidatori e aggressioni registrate in 16 su 27 Paesi Ue, sono avvenuti in Italia. Ad emergere sono gli atti di violenza consumati intorno al variegato “mondo no-vax”: le restrizioni sanitarie da Covid-19 hanno scatenato violenze verbali, ma anche attacchi incendiari, come quelle contro sedi comunali in Germania e Paesi Bassi.
Commentando i dati del dossier, il ministro degli Interni Matteo Piantedosi ha parlato di «una tendenza sulle minacce agli amministratori locali che è analoga a quella che emerge dal monitoraggio dell’Osservatorio del Ministero, tra cui lo sdoganamento della violenza come strumento di risoluzione delle contrapposizioni. È vero che la tendenza dei casi è in calo ma non dimentichiamoci mai che oggi le mafie corrompono più che intimidire. Se uno guarda la distribuzione regionale è evidente come il tema della connessione con la criminalità organizzata sia strutturale. Il Ministero dovrà necessariamente cogliere alcune riflessioni che provengono dal monitoraggio e dalle comparazioni, anche a livello europeo perché gli amministratori locali sono l’ossatura amministrativa di questo Paese, spesso costretti a gestire in prima linea le principali crisi del nostro Paese».