Violenza domestica. Il paradosso della protezione in casa

In tutti gli Stati c’è attualmente un grande allarme per la convivenza forzata e l’aumento della violenza domestica in tutte le sue forme. Le misure di protezione utili a contenere i contagi da coronavirus per alcune tipologie di famiglie risultano più pericolose che per altre

Le forme della violenza domestica possono essere diverse. Si spazia dalla violenza fisica e/o psicologica tra i partner, a quella sui bambini, sugli anziani o i disabili, fino allo stupro, all’abuso sessuale e all’incuria sui minori. Anche gli strumenti tecnologici che ci stanno facendo sentire più vicini anche a distanza, possono far entrare in casa altre forme di violenza e rivelarsi mezzi di abbordaggio da parte di pedofili o strumenti di cyberbullismo.

Famiglie in cui i rapporti erano già viziati risentono maggiormente dei livelli di stress e irascibilità legati all’isolamento. L’assenza di privacy, la possibilità di fare una telefonata in privato o di confidarsi con un amico, la lotta a chi prende il telecomando o a chi ha finito il pane, sono insieme condizione e pretesto per innescare l’escalation. In queste circostanze vale il tentativo di ricordare l’importanza di fare dei patti chiari, trovare accordi su come dividersi gli spazi e alternarsi nell’uso degli apparecchi. L’invito è a riconoscersi e a riconoscere all’altro il bisogno di uno spazio privato in quel luogo detto “casa” che è spazio di tutti.

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I centri antiviolenza in Italia registrano un calo delle chiamate, ma non vuol dire che la violenza sulle donne sia diminuita, piuttosto si teme che le segnalazioni siano frenate dalla presenza in casa dell’aggressore e dei figli. È importante portare a conoscenza delle donne che esiste l’App 1522 che consente alla vittima di collegarsi con i centri antiviolenza e di attivare le misure di emergenza direttamente dal proprio smartphone. Anche gli altri stati se ne stanno dotando.

Più sottaciuta resta invece la violenza psicologica esercitata sugli uomini.

Con l’isolamento cresce anche il rischio di adescamenti di minori online. La Polizia Postale e le associazioni che operano contro la pedopornografia ricordano ai genitori quanto sia pericolosa l’attuale condizione: genitori intenti nell’home working e figli soli nelle loro stanze al di fuori delle ore di videodidattica.

Noia e senso di solitudine sono le due condizioni che rendono possibile l’adescamento. Per questo motivo non basta dotare di filtri i dispositivi di connessione utilizzati dai figli, informarli del pericolo e dare loro indicazioni pratiche sulle cose da non fare. Accanto a questo è necessario e imprescindibile essere parte del loro mondo e renderli partecipi del proprio attraverso il dialogo e il coinvolgimento attento, curioso e amorevole. Non si tratta infatti di predisporre una sequenza di domande, quanto piuttosto di quella prassi di vita del comunicarsi le esperienze e del farne insieme che può far sentire tutti parte della famiglia. Sentirsi considerato e “parte di” è l’antidoto alla solitudine e alla noia poiché rende più facile fare delle cose insieme, per lo più cose che piacciono ai figli. Questo li rende meno vulnerabili alle trappole della Rete poiché il pedofilo cerca di infilarsi nella solitudine dei ragazzi e divenire il loro confidente per poter estorcere loro le sue richieste.

Sbagliato invece riversare le proprie preoccupazioni sui figli poiché si otterrebbe l’effetto contrario. Nessun figlio vuole aggravare le preoccupazioni dei genitori, per questo motivo tenderebbero a chiudersi ed a rifugiarsi nelle bugie.

Utilizziamo l’occasione che si presta in questi giorni per sperimentare nuovi modi di stare vicino ai figli e di comunicare con loro. Se necessario, ri-impariamo a farlo.

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C’è un’altra faccia della violenza domestica, quella dell’abuso sul minore o di persona incapace di intendere e di volere. Sono temi quasi tabù in alcune famiglie, dove al dissenso, alla denuncia ed all’allontanamento dell’abusante, con tutte le sue conseguenze psico-socio-economiche, a volte si sostituisce la condiscenza per quieto vivere. Preferire di «non sapere» e lasciarsi incantare dalla promessa «non lo farò più» sono due modi di rendersi complici, smettendo di tutelare il minore.

Anche le varie forme di trascuratezza sui minori si rendono in questi giorni più palesi: dal non occuparsi di loro e dei loro bisogni, di come trascorrono il tempo libero, abbandonandoli davanti alla tv, fino all’incuria personale.

L’essere tutti in casa è un’occasione per tornare a dedicarsi attenzione e al contempo osservare meglio ciascuno. Proprio per questo si possono cogliere cose che nella fretta della quotidianità non sempre è facile vedere, tornare a rioccupare ognuno il proprio posto e riordinare la tipologia dei rapporti troppe volte confusi: padre-madre, marito-moglie, genitore-figlio.

Denunciare la persona fino a quel momento amata può non essere facile. Le emozioni sono ambivalenti. Con il tempo però subentrano lucidità e accettazione che confermano la decisione.

I casi possono essere diversi: può essere necessario prendere delle decisioni e attivare delle misure di sicurezza immediate, o per validare sospetti confrontarsi con esperti del settore per poter prendere le misure adeguate (medici, pediatri, assistenti sociali, avvocati). Il fine ultimo resta la tutela della vittima.

Continuiamo ad usare la logica del fare di una situazione di svantaggio, quale quella dell’isolamento in casa, un’occasione per fare cose buone: proteggersi e proteggere. Diamo a questo “restare a casa” un senso in più.

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