Violenza, cronaca quotidiana
In aumento nel nostro Paese il numero delle donne uccise o maltrattate. E non va meglio nel resto del mondo. Cause, possibili rimedi e metodi preventivi.
Un’escalation, quella che si è registrata negli ultimi anni nel nostro Paese dove viene uccisa una donna ogni tre giorni. Secondo dati Istat diffusi ieri all’ospedale Fatebenefratelli di Milano, nel 2009 le donne italiane tra i 17 e i 70 anni vittime di violenza fisica o sessuale sono state quasi sette milioni, quelle uccise 119. Il culmine è stato raggiunto nell’estate di quest’anno: da maggio ad oggi sono state già 48 le donne cadute per mano assassina. Non possiamo certo dire che della violenza sulle donne se ne parli solo una volta l’anno, in occasione della Giornata mondiale dedicata a questo tema, come succede per altre ricorrenze simili. Purtroppo se ne parla quasi quotidianamente per i fatti di cronaca che raccontano di donne uccise o maltrattate e la Giornata mondiale che si celebra oggi serve semmai a fare un bilancio, molto triste, come abbiamo visto, di un fenomeno dalle proporzioni allarmanti.
L’appuntamento ci ricorda però i molti tipi di soprusi di cui sono vittime le donne: non solo stupri o sfruttamento sessuale, né vendette per gelosia o stalking. Nel 90 per cento dei casi nessuno viene a conoscenza delle violenze perpetrate ai danni delle donne anche perché la maggior parte di esse avviene entro le mura domestiche e lì rimane, fino a quando succede l’irreparabile. Molte le cause allo studio di criminologi e psicologi. Problemi di natura economica, follia, incapacità di gestire situazioni difficili, malattie che si protraggono, paura che lei o lui se ne vada da casa, incapacità di comunicare, egoismo, rancore… C’è chi dice si tratti di una conflittualità interiore connessa al cambiamento dei ruoli familiari e sociali dei membri del nucleo di appartenenza; chi, come Paolo Albarello, esperto di medicina legale, sostiene che il nucleo familiare diviene sempre più di frequente il luogo di implosione delle inconciliabili aspirazioni di affermazione sociale; chi, ancora, evidenzia una stretta correlazione tra la violenza e la rottura dell’unità familiare in vista di una separazione o di un divorzio. E nella direzione di quest’ultima tesi sembrano andare alcuni dati secondo i quali gli omicidi sono più frequenti al Nord, nella misura del 68 per cento. Per alcuni esperti questo dato, infatti, sarebbe legato al fatto che le donne al Nord hanno più possibilità di raggiungere un’indipendenza economica e quindi più facilmente abbandonano il partner con cui si trovano in difficoltà. E spesso è proprio il momento dell’ultimo chiarimento quello più a rischio.
Ma a scatenare l’atto estremo, secondo Isabella Merzagora, titolare della cattedra di criminologia alla facoltà di Medicina di Milano, non sarebbe la vecchia gelosia, ma la fragilità dell’uomo nella gestione della separazione affettiva e coniugale, il fatto di dover accettare una decisione non voluta, di perdere una proprietà più che un affetto. E d’altra parte c’è chi evidenzia come si assista a volte, da parte della donna, ad una sorta di assassinio premeditato che giorno dopo giorno ferisce il marito con le proprie rivendicazioni, a volte frutto di egoismo esagerato. Certo è che l’esplosione della violenza quasi mai avviene in maniera improvvisa. Possono esserci segnali premonitori che vanno colti: linguaggio aggressivo e mancanza di rispetto; frequenti attacchi di irascibilità; ricorso all’alcol, tendenza a mortificare l’altro. Quando uno o alcuni di questi segnali sono presenti con una certa frequenza… meglio non aspettare. E chiedere aiuto prima che sia troppo tardi: a una coppia di amici, a un consultorio familiare, a uno psicologo, ai servizi socio-assistenziali. Quanto è importante una rete sociale di relazioni profonde che permettono di condividere tutto! Per non sentire più dire al tg dai vicini di casa o dai parenti: «Erano persone normali, non davano fastidio, non avevamo notato niente di strano nel loro rapporto».