Il “vino geniale” di Giulia
Il premio
«L’azienda è stata premiata per la genialità di una idea, la capacità di interpretare il futuro, con il valore della tradizione e la capacità di saper mettersi in gioco in quelle che appaiono come sfide insuperabili». Con questa motivazione, spiegata in una nota dalla Coldiretti, Giulia Arrighi ha ottenuto l’Oscar Green nazionale per la categoria Creatività. Il premio, consegnato dal presidente della Coldiretti, Ettore Prandini, e dal ministro dell’agricoltura, Teresa Bellanova, premia la giovane imprenditrice toscana, confermandole un “Oscar” che già a livello regionale le era stato attribuito per il progetto Nesos.
Il vino marino
Con l’azienda agricola di famiglia, Giulia ha studiato e poi realizzato un vino sperimentale, prodotto con la maturazione in mare dei grappoli appena raccolti, non solo per accelerare il processo di fermentazione e restituire salinità, ma soprattutto per evitare di utilizzare solfiti. «Un progetto che ha destato curiosità e interesse in tutta Italia e oltre, che oggi viene nuovamente premiato non solo per il valore scientifico e sperimentale che assume, ma perché è connotato anche dall’intraprendenza di una giovane imprenditrice agricola come Giulia», ha commentato il presidente di Coldiretti Livorno, Simone Ferri Graziani. L’esperimento enologico era stato realizzato nel corso del 2018 dall’Azienda agricola Arrighi dell’isola d’Elba in collaborazione con Attilio Scienza, docente di Viticoltura dell’Università degli Studi di Milano, Angela Zinnai e Francesca Venturi, del corso di Viticoltura ed Enologia dell’Università di Pisa. L’ambiziosa idea era quella di ripercorrere, dopo 2500 anni, le varie fasi della produzione di un vino antico proprio dell’Elba.
Dal mito, al vino d’élite
A sognarlo per primo, il padre Antonio Arrighi, piccolo produttore dell’isola, che già da oltre dieci anni sperimentava e vinificava nelle anfore di terracotta di Impruneta. La svolta, quando sentì il professor Scienza parlare della sua ricerca sul vino di Chio, piccola isola dell’Egeo orientale: una élite di vini greci considerati prodotti di lusso sul ricco mercato di Marsiglia e successivamente di Roma, che già Varrone definiva “vini dei ricchi” e Cesare offrì al banchetto per celebrare il suo terzo consolato. Come i vini di Lesbo o Samos, quello di Chio era dolce e alcolico, unica garanzia per sopportare i trasporti via mare, ma, a differenza di altri vini, custodiva la preziosa presenza del sale derivante dalla “segreta” pratica dell’immersione dell’uva chiusa in ceste nel mare, con lo scopo di togliere la pruina dalla buccia ed accelerare così l’appassimento al sole, preservando in questo modo l’aroma del vitigno.
L’uva magica
L‘uva utilizzata per ricreare questo particolare metodo di vinificazione è l’Ansonica: un’uva bianca tipica dell’Elba, probabile incrocio di due antiche uve dell’Egeo caratterizzate da una buccia molto resistente e una polpa croccante che ha permesso una lunga permanenza in mare. Immerse in mare per 5 giorni a circa 10 metri di profondità, protette in ceste di vimini, vedono eliminare parte della pruina superficiale, accelerando così il successivo appassimento al sole sui graticci, senza arrivare alla produzione di un vino dolce. Il sale marino, durante i giorni di immersione, penetra per “osmosi” anche all’interno senza danneggiare l’acino; il successivo passaggio delle uve avviene in anfore di terracotta con tutte le bucce, dopo la separazione dei raspi. Così la presenza di sale nell’uva, con effetto antiossidante e disinfettante, ha permesso di provare a non utilizzare i solfiti, arrivando a produrre, dopo un anno di affinamento in bottiglia, un vino estremamente naturale, molto simile a quello prodotto 2500 anni fa, simbolo storico di antiche vie nautiche tradizionali.
Un concentrato di eccellenze
Anche se nel 2018 sono state prodotte 40 bottiglie sperimentali non in vendita, il successo pone ora l’azienda Arrighi di fronte alla sfida di tentare la produzione in scala sul mercato: il documentario Vinum Insulae, diretto e prodotto da Stefano Muti, ha raccontato magistralmente l’esperimento enologico di Nesos (vincendo anche molteplici premi), esaltandone la sintesi tra ricerca scientifica, scoperte archeologiche, arte, passione per la cultura della vite e di un territorio prezioso come quello del Parco dell’arcipelago toscano, capaci di restituire vita ad un prodotto unico che racconta una storia millenaria. Ma forse, la storia più bella da tramandare racconta del sogno iniziato da un padre e continuato dalla figlia, tra tradizione e modernità, attaccamento all’identità e dinamismo. È una storia tra gioventù ed esperienza, passione e tenacia: una bellissima storia italiana… pardon, elbana.