Vince anche l’Italia con Servillo

L’attore partenopeo è un maestro nel dar vita e corpo al tormento di un ex malavitoso che prova a rifarsi una vita. Al Belgio il premio per il miglior film.
Tony Servillo

Meno male che il Belpaese ha intascato una bella vittoria nella serata finale del festival del cinema di Roma. Miglior attore infatti è stato dichiarato Toni Servillo per il notevole Una vita tranquilla di Claudio Cupellini. La storia dell’ex malavitoso che si è rifatto una vita in Germania dove lo va a trovare un figlio illegittimo, ripescando un passato creduto allontanato, convince per la sua verità, la profondità del sentimento. Servillo è un maestro nel dar vita e corpo al tormento dell’uomo. Premio dunque meritato, anche per la nostra Italietta e per il nostro cinema, così bistrattato dalla crisi economica e purtroppo talora anche da noi stessi. Invece, il cinema nostrano quanto ad interpreti ed idee ce ne ha ancora tante, come dimostrano anche altri film che sono passati sullo schermo e di cui abbiamo dato notizia nei servizi precedenti.

 

Miglior film il belga Kill me please (Uccidimi, per favore) di Olias Braco. Storia grottesca di un gruppo ricoverato in una clinica che pratica l’eutanasia. Al di là del tono surreale del racconto, alimentato dal bianco e nero delle immagini, passa l’idea che ciascuno debba decidere da sé l’ora della morte – più che una legge -. Anche perché la “signora morte” ha i suoi tempi per ognuno, ben oltre la volontà del medico che gestisce la clinica. Premi poi al messicano Las buona hierbas (sull’anziana Lala che soffre di Alzheimer) e all’iraniano Dog Sweat (sulle vite di sei ragazzi con i problemi dei giovani d’oggi nella società repressiva dell’Iran).

 

Come si nota, si è cercato di premiare voci diverse ed anche racconti diversificati. Certo, resta il fatto che il filo rosso del festival è stato l’analisi del mondo familiare, indagato nei suoi aspetti contemporanei di frammentazione, divisione, ricerca del ruolo paterno, educazione alla vita o a come sopravvivere al dolore. Raro il tema della speranza, come se si temesse di affrontare questa possibile dimensione dell’esistenza. Quando invece è proprio quello di cui c’è maggior bisogno. Anche per la sopravvivenza ed il significato della stessa rassegna.

 

Nonostante le cifre alte “sparate” quanto a biglietti venduti (118mila), ai guadagni (460mila euro), agli accreditati (8.598), i disservizi sono rimasti – notevole la conferenza stampa di una serie televisiva italiana con i giornalisti che non avevano ancora visto il film. La partecipazione si è rivelata inferiore all’anno scorso (anche per la collocazione cronologica a fine ottobre) e la qualità dei prodotti del Concorso non sempre eccelsa, non nelle altre sezioni, come Alice in città. Ci si chiede se abbia ancora senso questo festival, a metà tra Venezia e Torino e quale debba essere la sua personalità, ora che l’aria di festa (per fortuna) se ne sta andando. C’è da pensarci su per davvero. E da sperare in meglio.

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