Vigile di borgata
Rocco Goldini, ispettore-capo della polizia municipale, è appena rientrato da una lezione di educazione stradale fatta ai bambini delle elementari. Non è facile trovarlo in ufficio. I trent’anni di servizio trascorsi sulle strade non hanno davvero fiaccato il suo entusiasmo, la passione che mette in tutto quello che compie. Oggi – dice – sono stati i bambini a regolare il traffico davanti alla scuola. Era un piacere vederli così attenti e precisi. Rocco vive a Gela, grosso centro di 80 mila abitanti in provincia di Caltanissetta, da quando, a vent’anni, è entrato nel corpo dei vigili urbani. Sua moglie, Rosetta, è casalinga da quando, per libera scelta e d’accordo col marito, ha deciso di cedere ad un disoccupato il suo impiego. In fondo – dice Rocco – pensavamo di poter vivere anche con un solo stipendio. Rocco e Rosetta si conoscono molto giovani. Rocco, nel ’68, è tra i primi ragazzi siciliani ad aderire al movimento giovanile dei Focolari. Il loro rapporto d’amore cresce e si approfondisce, sostenuto dal comune impegno a spendersi per gli altri. Si sposano nel 1978, e la loro casa è ben presto allietata dalla nascita di tre figli. L’appartamento in centro città è diventato stretto per una famiglia di cinque persone. Si è nel pieno del boom edilizio. Tanti, attratti dal miraggio del lavoro nell’impianto petrolchimico, si trasferiscono in città e sembra facile trovare casa. Si ren- dono ben presto conto che – come dire? – non è tutto oro quello che luccica. Il caotico sviluppo abitativo di quegli anni, dovuto a interessi speculativi e, in parte, ad una mancanza di controllo delle autorità, ha stravolto il piano regolatore, producendo un diffuso senso di sfiducia nello Stato. Possiamo scegliere – prosegue Rocco – il quartiere residenziale della Macchitella, molto ambito perché sul litorale. Vi è però anche l’agglomerato del Fondo Iozza, nella zona industriale a nord ovest di Gela. Vi andiamo per prendere visione delle case, e ci rendiamo conto che sono state edificate su un territorio privo dei più elementari servizi. Le strade non sono asfaltate, mancano l’elettricità, le tubature dell’acqua, le fognature… I trasporti pubblici non esistono: per andare a scuola, i bambini devono fare due chilometri a piedi. Per una farmacia o una guardia medica occorre prendere la macchina. Un disastro, insomma. Ma tremila persone, tra cui decine di bambini e ragazzi, vivono lì. Con Rosa ci guardiamo negli occhi. La scelta è fatta prima ancora di dircelo. Il nostro posto è lì, tra loro. Appena fatto il trasloco, iniziano col fare conoscenza con i nuovi vicini di casa. Impresa tutt’altro che agevole. Tutti sono fuori dalla mattina alla sera. Per non parlare, poi, della connaturata, atavica diffidenza verso la divisa militare… La chiesa, ospitata in un garage in affitto, è l’unico punto di aggregazione del quartiere. Rosa e Rocco, in sintonia con il gruppo parrocchiale, si impegnano in un’azione di sensibilizzazione per la partecipazione alla vita del quartiere. I locali della parrocchia diventano fucina di iniziative culturali, sportive, aggregative. Nasce un comitato di quartiere spontaneo (e ciò, prima ancora dell’istituzione dei consigli di circoscrizione). Intendono dare un segnale del cambiamento, far capire che non sono più disposti a stare a guardare dalla finestra. C’è un terreno abbandonato, focolaio di malattie infettive. Organizzano turni di volontari per trasformarlo in un campo di calcio per i giovani del quartiere. Soprattutto, vogliono ottenere tutto ciò a cui hanno diritto con mezzi consentiti, senza rompere con l’amministrazione pubblica o, peggio, senza ricorrere alla violenza. Ciò che vogliono è, in fondo, aprire un dialogo franco, talvolta anche rude, con gli amministratori. Non è stato semplice – prosegue Rocco -, di pazienza ce n’è voluta proprio tanta. Ora per sedare toni violenti, ora per non dare spazio a inutili lamentele. Ciò che occorreva era tanta buona volontà, passare ai fatti concreti, in uno spirito di dialogo costruttivo. Un fatto era certo: volevamo dire basta al clientelismo, che ci mortificava ed offendeva la nostra dignità di cittadini. Si capisce perciò la grande soddisfazione quando, finalmente, riescono a farsi ricevere in delegazione dal sindaco. È un’incontro importante per l’intera cittadinanza, che segna una ripresa del dialogo, interretto da tempo, tra cittadini ed istituzioni. Su questa base, e con questa spinta, nascono gli atti deliberativi del comune con il quale viene approvato il piano di recupero urbanistico del quartiere. Vengono stanziati i primi fondi (5 miliardi di vecchie lire) per una illuminazione pubblica degna, la rete idrica, l’impianto di depurazione, la pavimentazione delle strade. Il comitato di quartiere verifica quasi giornalmente l’andamento dei lavori, dalle deliberazioni iniziali, all’affidamento degli appalti delle opere, alla loro esecuzione. Ricordo – continua l’ispettore – che se i lavori della rete idrica e fognaria si son potuti ultimare, è stato soprattutto per la tenacia e la tempestività con cui cittadini e amministratori insieme hanno affrontato il problema di una impresa che si era ritirata all’ultimo momento…. C’è stato, insomma, e c’è da rischiare in prima persona. Soprattutto nel mio caso, perché a qualcuno la mia posizione può apparire anomala, data la mia doppia veste di dipendente comunale e di membro di un battagliero comitato di quartiere. Per questo sono stato anche – come dire? – sotto osservazione della Digos.Ma si sono ben presto resi conto che non poteva esserci contrasto tra questi due aspetti, quando non si è mossi da interesse personale. Ecco allora la svolta che è avvenuta in questo quartiere. Una svolta nel metodo, una svolta a livello culturale, e, quindi, a livello sociale. Tanti hanno capito che il problema tuo è un problema che si inserisce e risolve nel grande problema della collettività. Non è facile, certo, sintetizzare in poche righe una vita di anni. Ora i figli di Rocco e Rosetta, cresciuti nel quartiere Iozza di Gela, frequentano l’università. E Rocco continua il suo lavoro di vigile. Portando magari nelle scuole palette e fischietti per insegnare ai bambini ad andare sicuri per la loro strada. E si capisce anche perché stia prendendo sempre più piede la proposta di cambiargli nome: Quartiere nuovo, appunto, e mettere davanti a Fondo Iozza il prefisso ex.