Viaggio apostolico, un cammino di fraternità

«Bhinneka tunggal ika», significa «Uniti nelle diversità» (letteralmente «Molti, ma uno»). Sulla scia del motto nazionale dell’Indonesia, papa Francesco ha vissuto la prima tappa del viaggio apostolico che, nei prossimi giorni, lo porterà a visitare Papua Nuova Guinea, Timor-Leste e Singapore. Finora, il viaggio più lungo del suo pontificato.
Papa Francesco con il Gran Imam Nasaruddin Umar al termine dell'incontro interreligioso presso la moschea Istiqlai, Giacarta, Indonesia, 5 settembre 2024. Foto: ANSA/ALESSANDRO DI MEO

Lo stile è quello che lo ha caratterizzato in tutti questi anni: al centro l’attenzione alle persone più povere, malate, migranti e rifugiate (che ha voluto incontrare a suo arrivo, ancor prima delle autorità civili); ai bambini e alle persone con fragilità, che ha definito «piccole stelle luminose nel cielo di questo arcipelago, le membra più preziose di questa Chiesa».

Fede, fraternità, compassione: tutto ruota intorno a queste tre parole che il papa lascia come mandato a una nazione che si presenta come una «realtà multiforme di popoli diversi saldamente uniti», dove «le differenze specifiche contribuiscono a formare un magnifico mosaico, nel quale ogni tessera è insostituibile elemento per comporre una grande opera originale e preziosa».

Un contesto nel quale è fondamentale che ogni gruppo etnico e ogni confessione religiosa vivano e «agiscano in spirto di fraternità».

«Per favorire una pacifica e costruttiva armonia, che assicuri la pace e unisca le forze per sconfiggere gli squilibri e le sacche di miseria, che ancora persistono in alcune zone, la Chiesa desidera incrementare il dialogo interreligioso» ha detto il papa alle Autorità, annunciando anche che la Chiesa Cattolica intende rafforzare la collaborazione con le istituzioni pubbliche e altri soggetti della società civile – nel pieno rispetto della fede di ogni persona – per favorire «la formazione di un tessuto sociale più equilibrato e per assicurare una distribuzione più efficiente ed equa dell’assistenza sociale».

A tal fine, durante l’incontro con i vescovi, i sacerdoti, i diaconi, i consacrati, le consacrate, i seminaristi e i catechisti, papa Francesco ha ricordato l’importanza della «carità che si dona», il valore della compassione, invitando i presenti a farsene «promotori e cooperatori, coinvolgendo anche altri, allargando la “rete” e i confini in un grande dinamismo espansivo di carità. E questo – ha detto – non vuol dire essere comunista, questo vuol dire carità, vuol dire amore».

Parole che hanno avuto un immediato riscontro in occasione dell’incontro interreligioso a Giacarta presso la Moschea “Istiqlal”, progettata dall’architetto Friedrich Silaban, che era cristiano. «Ciò attesta che, nella storia di questa Nazione e nella cultura che vi si respira, la moschea, come anche gli altri luoghi di culto, sono spazi di dialogo, di rispetto reciproco, di armonica convivenza tra le religioni e le diverse sensibilità spirituali», ha sottolineato il papa. «Questo è un grande dono, che ogni giorno siete chiamati a coltivare, perché l’esperienza religiosa sia punto di riferimento di una società fraterna e pacifica e mai motivo di chiusura e di scontro».

Poi, prendendo spunto dalla Dichiarazione congiunta preparata per questa occasione, ha rivolto a tutti l’invito a rafforzare i valori comuni a tutte le tradizioni religiose per «sconfiggere la cultura della violenza e dell’indifferenza» (Dichiarazione congiunta di Istiqlal) e promuovere la riconciliazione e la pace.

«L’Indonesia è un grande Paese, un mosaico di culture, di etnie e tradizioni religiose, una ricchissima diversità, che si rispecchia anche nella varietà dell’ecosistema e dell’ambiente circostante», ha ricordato Francesco. «E se è vero che ospitate la più grande miniera d’oro del mondo, sappiate che il tesoro più prezioso è la volontà che le differenze non diventino motivo di conflitto ma si armonizzino nella concordia e nel rispetto reciproco».

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