Via D’Amelio: Matteo Messina Denaro condannato all’ergastolo

La sentenza è arrivata proprio il 19 luglio, nella data fatidica dell’anniversario della strage di via D’Amelio
via D'Amelio

Matteo Messina Denaro è stato condannato all’ergastolo per la strage di via D’Amelio. La Corte d’Appello di Caltanissetta ha confermato la sentenza di primo grado che lo aveva individuato quale mandante dell’attentato costato la vita il 19 luglio 1992 al giudice Paolo Borsellino e agli agenti della scorta.
La Procura generale nissena, rappresentata in aula dal procuratore generale Antonio Patti e dal sostituto Gaetano Bono ha chiesto la conferma della condanna. L’avvocata d’ufficio Adriana Vella ha invece chiesto l’assoluzione affermando che all’epoca della strage Matteo Messina Denaro «non era ai vertici di Cosa Nostra» e non ebbe nessun ruolo attivo nelle decisioni che vennero assunte da altri, «non ha avuto alcun ruolo nelle stragi, non ha messo a disposizione auto, armi o esplosivo». Senza contare che il boss di Castelvetrano è sempre stato contrario alle scelte stragiste. L’accusa ha invece ribadito il ruolo di Messina Denaro «come mandante, non come esecutore».

Il boss, detenuto in regime di 41 bis nel carcere de L’Aquila, dove si sta curando, non è comparso in videoconferenza e non ha assistito all’udienza.

La notizia della sentenza è arrivata emblematicamente il 19 luglio, nella data fatidica dell’anniversario della strage di via D’Amelio. Una data contrassegnata – come spesso è accaduto anche in passato – da diverse manifestazioni organizzate, con matrici diverse. La presidente del consiglio Giorgia Meloni ha scelto di essere a Palermo, partecipando alle manifestazioni ufficiali alla Caserma Lungaro, deponendo una corona davanti alle lapidi che ricordano tutte le vittime di Capaci e di via D’Amelio (tre magistrati, Paolo Borsellino, Giovanni Falcone e la moglie Francesca Morvillo, i poliziotti delle due scorte Vito Schifani, Antonio Montinaro, Rocco Di Cillo, Emanuela Loi, Agostino Catalano, Vincenzo Li Muli, Eddie Walter Cosina e Claudio Traina. L’unico sopravvissuto fu Antonino Vullo). Poi si è recata nei luoghi delle sepolture dei due magistrati, al cimitero di Santa Maria di Gesù, dove è sepolto Borsellino e nella chiesa di San Domenico, dove riposano le spoglie di Giovanni Falcone. Poi ha presieduto il Comitato di Ordine e Sicurezza pubblica in Prefettura e ha incontrato la stampa.

Meloni, rispondendo alle polemiche di questi giorni riguardanti la riforma della giustizia e la posizione del ministro Carlo Nordio ha detto che il governo «ha fatto tutto quello che andava fatto» e che non c’è «nessun allentamento in tema di lotta alla criminalità organizzata, anzi». Ha anche risposto alle critiche di chi le chiedeva perché non partecipasse nel pomeriggio alla fiaccolata in via D’Amelio organizzata dal movimento delle Agende Rosse. Meloni l’ha definita «una notizia inventata». Ed ha aggiunto: «Chi dovrebbe contestarmi? Non so se le persone che in buona fede combattono la mafia possano contestare un governo che, come primo atto, ha messo in sicurezza il carcere ostativo, sotto la cui guida i risultati, in tema di contrasto arrivano. Chi fa polemiche non aiuta le istituzioni».

Alla manifestazione organizzata nel pomeriggio era invece presente la segretaria del Partito Democratico, Elly Schlein e don Luigi Ciotti. Don Ciotti si è detto preoccupato per ciò che sta accadendo nel Paese in tema di contrasto alla criminalità. Elly Schlein ha dettol contrasto alla criminalità organizzata non passa soltanto dall’innalzare i presidi di legalità ma anche dalla prevenzione, dalla cultura, dall’investimento nell’educazione nelle scuole. Lo Stato deve stare accanto a tutti quegli amministratori e amministratrici finiti nel mirino delle mafie».

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