via alle regolarizzazioni
Dopo l’accoglienza da parte del governo del cosiddetto “emendamento Tabacci” (dal nome del parlamentare della Udc che l’ha proposto), sono scattati i termini per procedere alla regolarizzazione degli immigrati extracomunitari che svolgano attività di “colf” o “badanti” o che risultino occupati anche in ambiti lavorativi diversi da quello dell’assistenza domiciliare e familiare in modo irregolare. Se ne era già parlato in parte in questa rivista qualche tempo fa (vedi Città nuova n.12/2002), ma adesso il procedimento è più chiaro. La richiesta di regolarizzazione – è bene precisarlo – può essere avanzata da chi ha occupato alle proprie dipendenze personale di origine extracomunitaria, nei tre mesi antecedenti la data di entrata in vigore della normativa di modifica della legislazione in materia di immigrazione, adibendolo: a) ad attività di assistenza a componenti della famiglia affetti da patologie o handicap che ne limitano l’autosufficienza; b) ovvero al lavoro domestico di sostegno al bisogno familiare; c) ad altre attività diverse dalle precedenti. La richiesta per l’ipotesi b) può essere però avanzata solo in riferimento ad una sola unità per nucleo familiare ed è invece senza limite numerico per le ipotesi a) e c); inoltre nelle prime due ipotesi (a e b) la richiesta di regolarizzazione può essere avanzata – sotto pena di decadenza – entro due mesi e nell’ipotesi c) entro trenta giorni. La procedura La procedura di regolarizzazione prende il via dall’Ufficio postale (ce ne sono circa 14.000 in tutta Italia), che consegnerà al richiedente un kit: esso contiene già una busta preintestata all’Ufficio della prefettura (Utg) cui dovranno affluire la richiesta, il bollettino di pagamento del contributo forfettario richiesto dalla legge (330 euro per colf e badanti e 800 euro per gli altri lavoratori, di cui rispettivamente 40 euro e 100 euro per il costo dell’istruzione della pratica, la cui ricevuta dovrà essere conservata dal lavoratore come prova della richiesta regolarizzazione), i modelli prestampati con una serie di voci relativi ai soggetti del rapporto di lavoro. Dopo aver compilato i modelli, effettuato il versamento richiesto, indicato l’ufficio delle prefettura competente per territorio, il richiedente consegna tutto il plico con i documenti stabiliti all’Ufficio postale, che ne cura la trasmissione all’ufficio prefettizio. Questo – dopo un riscontro sulla ricorrenza dei requisiti minimi per la ricevibilità della domanda e se non vengano rilevati dalla Questura ostacoli al rilascio del permesso di soggiorno a favore del lavoratore immigrato – provvede a convocare presso uno “sportello polifunzionale” – da costituirsi ad hoc all’interno dell’ufficio prefettizio – il datore di lavoro ed il lavoratore, perché si provveda contestualmente, dai funzionari addetti, alla regolarizzazione sotto tutti i vari punti di vista. La posizione del datore di lavoro La richiesta di regolarizzazione non espone il datore di lavoro alle severe sanzioni previste di regola in materia di violazione delle norme relative al soggiorno, al lavoro e di carattere finanziario, compiute prima della entrata in vigore delle disposizioni di legge che hanno previsto tale forma di “legalizzazione” (e non di “sanatoria” come ha voluto precisare il ministro Maroni). Pare invece che sotto l’aspetto contributivo-previdenziale a tale tipo di regolarizzazione non vengano riconosciute le agevolazioni che al contrario sono state ritenute applicabili al lavoro “sommerso” ordinario (cioè non quello extracomunitario), proprio per quel distinguo tra il concetto di “legalizzazione” e quello di vera e propria “sanatoria”, a cui tanto tiene il governo, per differenziare questo ultimo intervento legislativo da quelli introdotti nelle precedenti legislature. Le garanzie Sembra preminente nella nuova legislativa – e non possiamo non sottolinearne la positività – l’esigenza di assicurare che il rapporto di lavoro instaurato tra il datore di lavoro italiano o straniero regolarmente soggiornante in Italia da un lato ed il lavoratore immigrato extracomunitario dall’altro si svolga in una cornice di complessiva, accettabile “dignità”, assumendo rilievo il rispetto delle condizioni minime di “legalità” e – vorremmo dire – di umanità di quel rapporto. Infatti è previsto che nella cosiddetta dichiarazione di “emersione” il datore di lavoro, oltre che garantire una adeguata disponibilità alloggiativa al lavoratore, s’impegni a corrispondergli un trattamento economico non inferiore a quello previsto dal contratto collettivo di categoria (e comunque per colf e badanti non inferiore ad euro 439,00 mensili). D’altra parte le garanzie vengono prestate in un certo senso anche nei confronti della comunità civile, dovendo accollarsi il datore di lavoro l’impegno di versare le spese del viaggio, in caso di eventuale rientro del lavoratore nel paese di provenienza. I riferimenti Può essere utile infine ricordare che 24 ore su 24 e tutti i giorni è disponibile un numero telefonico 166.811.900 (di cui fa menzione il sito Internet www.stranieriinitalia.it), dove (al costo di 0,79 euro al minuto + Iva) potranno essere richieste tutte le informazioni in materia di regolarizzazione di colf, badanti, lavoratori subordinati ed altre ancora.