Vi piace Brahms?

Orchestra Sinfonica di Roma esegue la terza sinfonia del maestro tedesco: uomo passionale, mai stanco di sensazioni nuove, di indagini strumentali, di ripensamenti orchestrali. Una sorpresa il flautista Joaquin Rodrigo
Francesco La Vecchia

Un consiglio a chi fa fatica a innamorarsi della musica classica, o ha paura, o non se ne interessa. Provi ad ascoltare la Terza Sinfonia di Brahms, magari eseguita dai giovani scattanti dell’Orchestra Sinfonica di Roma all’affollato Auditorio Conciliazione a Roma, sotto la direzione straripante di Francesco La Vecchia. Scoprirà un mondo sonoro bellissimo: forte, compatto, suadente – i violoncelli  – accattivante – il clarinetto. Vorticoso (l’ultimo tempo), melodioso, carezzevole e perchè no, sensuale (secondo movimento). Insomma, la vita romantica di un uomo passionale, mai stanco di sensazioni nuove, di indagini strumentali, di ripensamenti orchestrali. Perché il romanticismo non è un periodo della storia soltanto, ma una categoria dell’essere umano, cioè una attitudine del pensiero e del cuore dell’uomo di sempre.

I giovani di quest’orchestra fremente lo sanno e si spremono – basti vedere il primo violoncello – superando in zelo anche un  maestro di lungo corso come il primo clarinetto Mariozzi. Insomma, se si ama la vita, non si può che amare Brahms. E, in attesa di risentire quest’orchestra, vale la pena acquistare o trovare in qualche modo in cd la Terza del nostro grande tedesco, la cui musica è freschezza e forza perenne: virilità, passione, amore. Un universo  in cui immergersi.

Oltre a Brahms c’è un altro artista: meno noto, ma originale. Joaquin Rodrigo nel suo Concerto per flauto e orchestra: come si diverte! Il flauto sembra ubriaco o se volete pazzo d’amore. Gigioneggia che è un piacere in trilli, arabeschi, salti di tonalità, “staccati”: una notte stellata di astri fiammeggianti o di stelle cadenti a precipizio sul mondo. Poi si calma nella placidità del riposo e allora la melodia è fin troppo dolce, incantatrice, evocatrice di notti orientali, per poi risollevarsi – con qualche spunto beethoveniano (l’Allegretto del terzo movimento della Sesta Sinfonia) -, in una festa di colori e di sapori, dove i l flauto impazza dietro alla fantasia più scatenata possibile. Mario Ancillotti regala un concerto di un virtuosismo raro, mentre l’orchestra si fa di seta. Poi regala come bis un Debussy sognante, dopo tanta frenesia. Della serie, la Spagna caliente. Applausi vivissimi.

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