“Vi dono il Paradiso”
Più volte Chiara Lubich ha raccontato la sua esperienza mistica ai gen, i giovani del Movimento dei Focolari, leggendo alcuni brani del “Paradiso ‘49”. Uno di questi incontri si è svolto a Castel Gandolfo il 20 dicembre 2003.
Allora parliamo proprio del Paradisoadesso, vero? Naturalmente se ci fosse anche uno solo dei 2500 che sono qui presenti o collegati con altre sale, che non erano presente quando io ho iniziato la spiegazione di questo periodo un po’ straordinario che ha avuto il Movimento nel 1949, per quelli io ripeto un po’ quanto ho già spiegato altre volte, prima di arrivare a cose nuove; poi ci saranno delle cose nuove.
Ritorniamo, dunque, all’entrata in Paradiso.
Prima di essa – anche questo non lo sapete, credo – c’è stata una preparazione da parte dello Spirito Santo nelle nostre anime. Già avevamo incominciato a vivere i punti della spiritualità: era chiaro per noi vivere Dio Amore; rispondere a questo Dio Amore, facendo la volontà di Dio; la volontà di Dio poi si è manifestata nell’amare il prossimo e nel comandamento nuovo; avevamo già capito Gesù abbandonato e Gesù in mezzo. Quindi vivevamo già tutte queste cose.
Eravamo arrivati ad approfondire, a capire cosa è la Parola di Dio, che vivevamo con una intensità enorme, ogni minuto, sempre; non è che lo facevamo così alla leggera. Per esempio: «Ama il prossimo come te stesso»[1]. Tutto il giorno: prossimo, prossimo, prossimo, prossimo; tutto il giorno con una intensità che poi non si è più ripetuta, perché poi abbiamo avuto tante cose da fare, anche le opere. Allora non c’erano opere, non c’era il Movimento, non c’erano le branche, non c’erano. C’era solo da vivere e noi vivevamo, noi vivevamo la Parola, la Parola di Dio, che si cambiava ogni mese, come sapete.
Questa Parola di Dio ci trasformava, perché, mentre prima magari pensavamo di amare solo il fratello, i fratelli della famiglia, gli amici, poi, con la Parola, bisognava amare ogni prossimo; per cui risultava che la nostra anima veniva come rivoluzionata, diventava come tutto Vangelo la nostra vita. Ecco perché, come è scritto nell’ultimo libro che abbiamo pubblicato, parlando di noi si dice, nel titolo stesso: Un popolo nato dal Vangelo[2], perché si è imbevuto di Vangelo che ha trasformato in vita. Naturalmente c’erano quelli che non volevano saperne perché è comodo vivere all’umana, è più difficile vivere alla divina. E allora il nostro vivere è anche una contestazione verso di loro, ma contestazione che noi dovevamo fare, come ha fatto Gesù che era segno di contraddizione. Intanto nasceva questo popolo di Dio nato dal Vangelo.
E, poiché la Parola era stata pronunciata da Dio, che è amore, abbiamo scoperto come mai che in ogni Parola c’è dentro amore. Ma come l’abbiamo scoperto? In una maniera un po’ straordinaria, perché erano grazie che cadevano per tutto il Movimento, perché ogni volta che vivevamo una Parola, entrando la Parola nella nostra anima, questa si trasformava in fuoco, in fiamma; e noi non capivamo. Poi entrava un’altra Parola… E anche se le Parole di Dio sono diverse: «Ama il prossimo…», «Beati i puri di cuore…», ecco, ogni volta che la vivevamo, dentro di noi c’era un fuoco, un fuoco spirituale naturalmente, una fiamma.
Poi l’abbiamo capito quando abbiamo letto sant’Agostino, il quale dice: «In ciò che tu intendi – ciò che tu capisci – dalle Scritture è la carità, l’amore che ti si manifesta; in ciò che non capisci dalle Scritture, è l’amore che ti si nasconde»[3]. Quindi lui dice che nella Parola c’è l’amore dentro, ed è vero, perché sono Parole di Dio Amore.
E difatti c’è un grande teologo, H.U. von Balthasar, che commenta sant’Agostino e dice così: «Pertantosi può affermare che, pure in Agostino, tutte le parole della Rivelazione si raccolgono in un unico verbo: amare…»[4].
Abbiamo fatto questa esperienza – eravamo naturalmente tutti in contemplazione di queste cose belle che Dio ci faceva, quando, ad un dato punto, l’ultima Parola che dovevamo vivere era: «Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?» (Mt 27, 46), cioè il grido di Gesù.
Cosa significava? Gesù aveva perso tutto lì in croce, stava perdendo la vita, aveva perso i discepoli, aveva perso la madre – perché lui l’ha consegnata a Giovanni -, aveva perso… Rimaneva ancora il Padre con il quale è uno, e ha l’impressione che anche il Padre si allontani; quindi aveva perso anche il Padre. Cosa è rimasto in Gesù? Niente, il nulla. Allora noi, vivendo questa Parola, dicevamo: come si fa a vivere questa Parola: «Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?».
L’unica cosa è: essere niente. Ma come faccio io a essere niente? Non vivere per me, per gli altri, per gli altri: per Dio, nella sua volontà, devo pregare, prego; per gli altri, mio fratello e tutti quelli che incontro, e vivo per gli altri. E abbiamo incominciato a vivere così.
Però, mentre noi vivevamo così, abbiamo provato un’altra esperienza; era molto forte. Noi siamo andati in montagna, come voi sapete, e lassù un altro fenomeno si è aggiunto a questo: non solo era tutto fiamma e luce dentro di noi, ma anche fuori di noi. Io avevo l’impressione come di percepire Dio, era Dio fuori di noi.
Ecco come lo descrivo esattamente in quei giorni. Per cui c’era questo sole che abbracciava tutto, questo sole che penetrava tutto, quindi luce che penetrava tutto, amore che penetrava tutto.
Io descrivo così:
“Se i pini erano indorati dal sole, se i ruscelli cadevano nelle loro cascatelle luccicando, se le margherite e gli altri fiori ed il cielo erano in festa per l’estate, più forte era la visione d’un sole che stava sotto a tutto il creato. Vedevo, credo, in certo modo, Dio che sostiene, che regge le cose.
E Dio sotto le cose faceva sì che… non fossero… come noi le vediamo; erano tutte collegate fra loro dall’amore, tutte – per così dire – l’una dell’altra innamorate. Per cui se il ruscello finiva nel lago era – non per caso, ma – per amore. E se il pino si ergeva accanto ad un altro era per amore.
E la visione di Dio sotto le cose, che dava unità al creato, era più forte delle cose stesse; l’unità del tutto era più forte che la distinzione delle cose…”.
Questa è una visione che noi abbiamo avuto prima di entrare in Paradiso.
E, naturalmente, noi non abbiamo subito capito il perché il Signore ci faceva vedere queste cose. C’era nei piani di Dio che il Movimento si sviluppasse e che noi venissimo in contatto con tante religioni. Dio nell’Antico Testamento – come sapete – ha amato il popolo ebreo – era il popolo eletto -, l’ha custodito, l’ha salvato, l’ha preservato, l’ha amato. Poi lui è stato infedele, l’ha perdonato, ecc., ecc. E le altre nazioni? L’impressione nostra è che Dio non ha fatto delle altre nazioni, nazioni elette, scelte, però non le ha dimenticate, perché ha sparso qua e là nelle altre religioni dei semi, “semi di verità”. Per cui se tu incontri un musulmano trovi dentro verità cristiane, se stai bene attento le trovi dentro. Se tu incontri il buddista, trovi dentro qualche verità cristiana. Buddha ha avuto una specie di visione delle cose come le abbiamo avute noi. Sentite cosa dice.
C’è un testo che si chiama l’illuminazione di Buddha, di grande interesse. In esso si ha la riprova della verità dell’insegnamento della Chiesa, che cioè Dio ha mandato alcuni “semi di verità” in tutti gli uomini di buona volontà e soprattutto li ha mandati, in maniera più manifesta, più chiara, negli uomini di grande vita spirituale, quelli che dovevano iniziare una vita spirituale anche per altri. L’esperienza di Buddha ha una forte rassomiglianza con la nostra. Buddha – è scritto – «scoprì che ogni cosa appariva completamente trasformata: animali, piante, esseri umani, tutto sembrava immerso in un tale bagno di gloria e di splendore».
Per cui lui ha gridato: «Meraviglioso! Meraviglioso!», eruppe dal suo cuore questa parola, avendo scoperto come stanno veramente le cose[5], perché noi non le vediamo con quest’occhio, ha avuto la grazia di capire anche lui. Per cui noi siamo state contente quando abbiamo trovato, recentemente, qualche anno fa, questa esperienza di Buddha. Abbiamo detto: «Ecco perché il Signore ci ha preparato ancora nel ‘49 a capirla, perché è ‘un seme del Verbo’ – un seme si sviluppa poi in una pianticella -, un ‘seme del Verbo’». Per cui Buddha ha tramandato questa sua illuminazione a tutto il buddismo, è stata poi la cosa più importante del buddismo.
Allora adesso andiamo avanti.
Venne Foco[6] in montagna. Era innamorato di santa Caterina. Leggo, ma voi sapete quasi tutto questo.
“Vivevamo queste esperienze – cioè fuoco dentro e luce, fuoco e luce, e tutte le cose legate dall’amore – quando venne in montagna Foco. Foco, innamorato di santa Caterina, aveva cercato sempre nella sua vita una vergine da poter seguire”. Perché santa Caterina da Siena era seguita dai “catarinati” persone del popolo, ma anche capi di governo, cardinali, vescovi, persone anche di alto livello. E tutti seguivano la spiritualità di Caterina in quell’epoca.
“Foco, innamorato di santa Caterina – di cui aveva scritto un libro –, aveva cercato sempre nella sua vita una vergine da poter seguire. Ed ora aveva l’impressione di averla trovata fra noi -in me, insomma, diciamo pure – di averla trovata. Per cui un giorno mi fece una proposta – come facevano i caterinati con Caterina -: farmi il voto d’obbedienza – sperando che obbedendomi facesse la volontà di Dio -, pensando che, così facendo, avrebbe obbedito a Dio. Aggiunse anche che, in tal modo, potevamo farci santi come san Francesco di Sales e santa Giovanna di Chantal”, che era una discepola di san Francesco di Sales.
Io ascoltavo, ma “non capii in quel momento né il perché dell’obbedienza – non si pensava a voti, non si pensava –, né questa unità a due”. Io volevo fare «che tutti siano uno»(cf. Gv 17, 21).Tutti uno, non due uno, tutti uno. Quindi era una cosa che non sentivo: né l’obbedienza, né questa unità a due.
Però avevo l’impressione che Foco fosse sotto una grazia,che lo spingeva a diventare più perfetto, facendo questo voto, ecc. Allora gli ho detto: «Senti, può darsi che tu sia sotto la pressione di una grazia di Dio, perciò bisogna non trascurarla. Però è bene che non facciamo noi dei progetti, lasciamo fare a Dio. Perché non diciamo a Gesù Eucaristia domani, che verrà nel mio cuore e nel tuo, di far Lui la nostra unità come Lui la pensa, non come la pensiamo noi?».
E, come sapete, siamo entrati in chiesa quella volta, lì a Fiera di Primiero, siamo entrati in chiesa e durante la Messa abbiamo fatto la Comunione. E dico io a Foco: «Di’ così: ‘Sul mio nulla, sul mio niente – perché vivevamo Gesù abbandonato -, Gesù Eucaristia patteggia tu unità su Gesù Eucaristia, che è in Foco, che è niente pure lui’. E poi vedremo cosa viene fuori». Così l’abbiamo fatto.
Siamo usciti fuori di chiesa, come sapete, e Foco è entrato da una parte per andare dentro dai frati che volevano un discorso di Foco, era una personalità che faceva discorsi anche ai frati.
Io intanto sono fuori dalla chiesa, ma penso di tornare dentro da Gesù – così spinta… -, tornare da Gesù; e vado davanti al tabernacolo. E lì sono – ecco il momento speciale -, sto per dire: «Gesù», per dirgli qualche cosa, ma sento che non posso, perché quel patto che aveva fatto Gesù Eucaristia mi aveva fatto diventare Gesù. Infatti, gen, si capisce benissimo perché qui c’è niente, lì c’è niente; qui è Gesù Eucaristia, qui Gesù… cosa resta? Resta Gesù Eucaristia, resta Gesù. Quindi io ero, portavo in me Gesù, ero niente, come un calice vuoto che aveva dentro Gesù. Quindi sto per dire: Gesù, ma non posso dirlo perché sono io, sono anch’io, non posso dirlo. E in quel momento mi esce dalla bocca la parola: «Padre».
Poi più tardi ho capito – più tardi subito dopo, ma più tardi – che era stato lo Spirito Santo a mettermi sulla bocca la parola “Padre”, perché Gesù, nella Santissima Trinità, chiama Padre suo Padre, chiama Padre. E lì mi sono trovata, come voi sapete, in una voragine immensa, immensa – io non so i limiti, non so se l’universo è grande così -, immensa, tutta oro e fiamme; oro in alto, fiamme in alto, oro in basso, oro a destra, oro a sinistra. Lì dentro ero entrata nel seno del Padre, nel seno vuol dire nel cuore del Padre, nella Santissima Trinità. Fuori di questo immenso sole era rimasto il creato, tutto ciò che era stato creato. Lì io ero nell’Increato, cioè in ciò che non è mai stato creato, perché Dio c’è stato da sempre.
Poi esco di chiesa e Foco usciva da questa predica e viene verso di me, e io dico: «Foco, vieni, ci sediamo su una panchina». C’era una panchina – che adesso non c’è più – rossa; era proprio lungo un ruscello, una specie di ruscello. E quando sono lì, dico: «Ma, Foco, sai dove siamo?». E lui mi ascolta, e gli racconto tutto come è stata. E poi andiamo verso casa. A casa c’erano le focolarine: la Natalia, la Graziella…, tutte queste focolarine, che io amavo tantissimo, erano le mie prime compagne; e io non mi sento di tacere, lo dico anche a loro. Quindi non l’unità a due, cominciamo già l’unità a tanti. E allora raccolgo le focolarine e dico: «Sentite cosa ci è successo… Facciamo così: domani alla Messa andiamo tutte insieme, anche con Foco, e durante la Messa diremo a Gesù Eucaristia che viene dentro di noi, sul niente di noi, di patteggiare Lui unità». Siamo andate e l’hanno fatto, il giorno dopo l’hanno fatto.
Tornando a casa, io dico: «Sapete cosa ho visto? – perché Lui mi faceva vedere, è stata una grazia per tutto il Movimento poi – Ho visto nel seno del Padre“un drappello”, cioè un gruppo di persone: “eravamo noi”. E ho sentito di dover dare un nome a questa unità, chiamarsi “l’Anima”». Quindi eravamo uno veramente per chiamarla con un soggetto solo: l’Anima.
Più tardi con le focolarine abbiamo continuato a vivere, come vivevamo tutte sempre, la Parola di vita. In mezzo ai nostri lavoretti – ché eravamo in montagna -, si facevano passeggiate, si facevano lavoretti di casa e altre cose, si dormiva, si riposava, si passeggiava e sempre vivendo la Parola, sempre, sempre, sempre vivendo la Parola. È con la Parola che noi siamo entrate in Paradiso, essendo sempre su, essendo un altro Cristo.
Il giorno dopo, andiamo e si faceva così: si faceva la Comunione la mattina tutti insieme e si diceva a Gesù di dirci Lui – facevamo il Patto sempre -, di dirci Lui cosa era successo dopo con questa nuova Comunione. E la sera alle sei andavamo insieme, c’era una chiesa con due banchi di qua e di qua. Qui c’era una bellissima Madonnina, naturalmente di pietra, e noi ci mettevamo da questa parte qua, sotto la Madonnina; e verso le sei volevamo fare meditazione. Ma io dicevo: «Facciamola in un modo un po’ diverso: state zitte, non parlate; tenetevi staccate da tutto, in modo che se Dio vuol parlarci ci parli».
Allora quella sera siamo entrate e io ho capito una cosa: ho capito il Figlio di Dio, il Verbo, il Figlio di Dio, perché ho visto, ho sentito da tutte le pareti dell’infinito Cielo pronunciare una parola in molti toni, in molti toni. E questa parola si andava concentrando nel centro del Paradiso ed era il Figlio, il Verbo di Dio, quello che poi incarnandosi è diventato Gesù, il Verbo di Dio. E io ho subito capito chi era il Verbo, ho capito che Lui si univa al drappello perché eravamo una cosa sola con Lui. Ecco, era il Verbo.
Poi non sapevo come fare a spiegarlo alle focolarine. E siamo andate su un colle. E di là del colle c’erano delle montagne. Era sera, pomeriggio, e il sole stava tramontando, e quando il sole stava per tramontare – era già tramontato il cerchio del sole -, saettavano su dei raggi, così. E io dico alle focolarine: «Ecco, ecco, quello è il Verbo di Dio, Lui è la bellezza del Padre, è lo splendore del Padre. È tutt’uno col Padre, perché Dio è uno, però è anche distinto. Il Padre è come il sole, Lui (il Figlio) era i raggi, la bellezza, il suo splendore». Così sono riuscita a farmi capire che cos’era il Verbo di Dio con le focolarine.
Ma andiamo al terzo quadro, e, di nuovo, con lo stesso sistema, vivevamo sempre la Parola, grate a Dio, gratissime a Dio, naturalmente, e vivevamo come vi ho detto prima. Ed ecco un’altra Comunione. Noi abbiamo detto: adesso abbiamo visto il Padre, abbiamo visto il Verbo, vedrai che vedremo lo Spirito Santo. E lo dicevo anche proprio per capire noi stesse che non era un ragionamento umano quello che succedeva, perché poi non succedeva come io lo prevedevo, perché è Dio che lo faceva.
Entriamo allora in chiesa, e lì, dopo, nella meditazione, che cosa ci si manifesta? Non lo Spirito Santo, ma Gesù, dentro in Paradiso con noi, ci presenta sua madre. E lì abbiamo capito che lo Spirito Santo ha lasciato il posto a Maria in questa nostra visione delle cose, perché? Perché è amore e l’amore lascia il posto agli altri, fa passare avanti gli altri.
E lì non vi dico come abbiamo visto Maria, non ve lo dico, perché occorrerebbero ore per spiegare: è bellissima! È bellissima! È grandissima! Si è fatta niente lei – «ecco l’ancella del Signore»[7], vuol dire: ecco la serva del Signore -, e Dio l’ha fatta enorme! Veramente quando Gesù dice al Padre: «Amali – questi miei… – come hai amato me»[8], in Maria si vede, l’ho vista, è grandissima! È alta come il cielo e ha i piedi in terra perché è una creatura. È bellissima! Soprattutto l’abbiamo vista tutta piena soltanto di Parole di Dio, rivestita… – rivestita vuol dire: tutta intera -, di Parola, Parola, Parola di Dio. E lo si capisce, perché se voi cantate il Magnificat: «La mia anima magnifica il Signore ed esulta il mio Spirito in Dio Salvatore»[9] sono tutte frasi della Scrittura. Maria, per pronunciarsi, per parlare di sé e anche di altri, anche di Dio, ha colto dalla Scrittura, dall’Antico Testamento, queste frasi e ne ha fatto il cantico del Magnificat. Quindi è vero quel che noi abbiamo visto, che era tutta Parola di Dio.
Ma la grandezza di Maria l’abbiamo vista soprattutto un momento più tardi, quando si è manifestata madre di Dio, madre di Dio! Ma Dio è Dio, è sempre stato… Come mai lei è madre di Dio? Eppure c’è stato un Concilio[10], dove i vescovi si sono radunati ancora tanti secoli fa, ed hanno stabilito che lei è madre di Dio. Tanto che il popolo fuori faceva delle processioni, cortei diciamo, a esultare perché a Maria era stata riconosciuta la maternità divina. Poi si è capito: perché Maria ha dato alla luce Gesù, come adesso lo vedremo a Natale, Maria è la mamma di Gesù bambino; ma quel Gesù bambino è tutto suo, lei non è madre soltanto del corpo di Gesù e dell’anima, ma anche della sua divinità, perché è uomo-Dio, è Dio che si è incarnato. Per cui può dirsi veramente madre di Dio, perché è madre di Gesù intero, madre del Figlio di Dio, madre di Dio perché il Verbo è Dio. E così abbiamo visto Maria…
E arriviamo – che è una cosa piuttosto straordinaria -, alla rivelazione di che cos’è lo Spirito Santo.
Ma prima di parlarvi di che cos’è lo Spirito Santo, vorrei dirvi come noi abbiamo avuto confidenza con lo Spirito Santo, come noi abbiamo vissuto con lo Spirito Santo negli anni precedenti.
La prima cosa che noi abbiamo capito dello Spirito Santo era questa: quando noi dicevamo, ma spinti dal carisma, senza sapere quello che dicevamo: «Ascolta quella voce». «Come devo fare a comportarmi…?». «Ascolta quella voce», come dire, la coscienza te lo dice. «Oltre la coscienza, ricordati che noi, con il Battesimo, abbiamo lo Spirito Santo, ascolta quella voce». E noi, per sapere come camminare dritti, ascoltavamo sempre quella voce. Anzi, quando mettevamo Gesù in mezzo, quella voce diventava raddoppiata, triplicata, sentivamo più chiara quale che era la volontà di Dio, per camminare lungo la volontà di Dio.
Adesso che cosa fa anche lo Spirito Santo dentro di noi? Appunto, ci fa scegliere la volontà di Dio, e ci fa fare un cambiamento completo, perché ci fa posporre tutte le altre cose a Dio solo, ci fa mettere Dio al primo posto; quello che succede anche adesso nell’Ideale, che si mette Dio al primo posto. Ma poi ci fa vivere anche tutto il cristianesimo vivendo il Vangelo, per cui è una rivoluzione. Basta vedere voi cosa rivoluzionate già, siete già voi stati rivoluzionati – io compresa -, e rivoluzioniamo adesso tutti gli altri nel mondo.
Inoltre lo Spirito Santo è Lui che ci fa un cuor solo, perché ci lega, è amore, è amore, è Lui che ci fa un cuore solo ed è Lui che sin dall’inizio ci spingeva ad andare all’Eucaristia, alla Messa e all’Eucaristia. Non eravamo noi che avevamo l’idea di far tutti i giorni, magari, la Comunione: era Lui che ci diceva, perché sapeva Lui che cosa fa l’Eucaristia. E anche dentro ci convertiva, perché ci portava sempre ad essere al massimo, così. E ci indirizzava verso la santità con il “santo viaggio”[11], come noi facciamo. Avevamo capito già da noi senza aver avuto ancora questa rivelazione, possiamo dire – è una parola grossa – dello Spirito Santo, avevamo capito che quell’atmosfera che si crea – forse anche qui adesso – di attenzione, che è un po’ speciale, che non c’è sempre, è lo Spirito Santo, aleggia lo Spirito Santo, che è poi l’anima della Chiesa, il Corpo mistico di Cristo.
Ed ecco come l’abbiamo capito.
“Entrai in chiesa per la solita meditazione con le persone che componevano con me l’Anima e guardando il tabernacolo attendevo… che Dio mandasse la sua Luce”, mi facesse capire qualcosa.
“Avevo l’impressione che nel tabernacolo Gesù respirasse e che questo respiro, quasi soffio, venisse verso di me. Alzai il capo per riceverlo in volto”.
Più tardi sono entrata in quella chiesa per vedere se magari le finestre erano aperte e invece erano sigillate, erano delle vetrate chiuse, per cui era una cosa soprannaturale.
“Alzai il capo per riceverlo in volto… Quando questo soffio – che veniva verso di me –, alzandosi sopra di me e fra me e Maria… che stava rinchiusa in una nicchia a destra dell’altare maggiore, si concretizzò – agli occhi dell’anima – in una colomba, grande venti centimetri circa”. E girò più volte sopra di noi.
Io ricordo che non sapevo che la Chiesa…, non mi ricordavo che la Chiesa quando parla dello Spirito Santo lo raffigura come una colomba. E lì ho visto così.
“Girò alcune volte”. Io confusa, ho compreso che quella era lo Spirito Santo ecapii“come lo Spirito Santo era tutto il respiro di Gesù” – difatti è lo spirito di Gesù, lo Spirito Santo -, era tutto il respiro di Gesù, era il suo“Calore, la Vita di Lui, e come – lo Spirito Santo – formasse l’aria del Cielo”.Ero là dentro naturalmente e vedevo che è l’atmosfera del Cielo.
Lo Spirito Santo era quel qualcosa di cui “tutto il Cielo è pregno”, pregno, pregno; un paradiso. E ho capito un’altra cosa, come fosse questo soffio, che si trasformava in una colomba, come un “venticello”, come uno“zeffiro”. Più tardi ho trovato sulla Scrittura che c’è una pagina che dice: «Viene come un vento? No. Come un terremoto? No. Viene come un qualcosa che… No. Viene come zeffiro e venticello»[12]. Proprio come si è manifestato a noi.
Ricordo allora che io sono rimasta più sorpresa di tutte le altre volte. E ho chiesto al Signore: «Spiegami qualcosa, dammi una specie di prova che è vero quello che ho visto». E sono uscita di chiesa – non ho detto niente alle mie compagne – e il cielo era rosso, rosso per il tramonto. E c’erano sui fili della luce elettrica tre uccelletti disposti in triangolo, così, che mi sono apparsi subito come il simbolo della Santissima Trinità. E da dietro la chiesa passava sopra gli uccelletti uno solo. E lì il Signore mi fece capire che lo Spirito Santo è uno dei Tre, ma è Dio. E lì ho capito, con quel capire che non si dimentica più per tutta la vita, come le tre Persone della Trinità fossero Dio, Dio, Dio, come Dio fosse uno, ma le tre Persone Dio, Dio, Dio, e come lo Spirito Santo fosse Dio. E lo si può spiegare, noi, con il nostro Ideale, perché il nostro Ideale non è che la vita della Trinità venuta in terra.
Quando noi – in focolare, per esempio, o nelle unità gen[13] – mettiamo Gesù in mezzo, non è che Lui è lì in mezzo come su una sedia in mezzo agli altri, in mezzo vuol dire, come dicono i Padri, che ci abbraccia, ci abbraccia tutti. Però, se io mi stacco – mi stacco perché devo andare in cucina, al lavoro, allo studio, ecc. -, porto via quel Gesù in mezzo, c’è in me quel Gesù in mezzo. Ecco, vedete, ognuno è lo stesso Gesù uno come anche i tanti Gesù che erano uno. Questo fa un pochino capire cos’è la Trinità.
“Eravamo dunque l’Anima ed avevamo bucato il Cielo – trovato il Padre –,… scoperto il Padre,… il Figlio, conosciuto la Madre di Lui e lo Spirito Santo”.
Ed ora si passa a un altro Cielo: riguarda – questo altro Cielo – il rapporto che lo Spirito Santo voleva che noi avessimo con Maria, la sua sposa, è la sposa dello Spirito Santo.
Il Papa nostro, Giovanni Paolo II, parlando di Maria, dice che l’amore a Maria, la devozione verso Maria, è nata ai piedi della croce quando Gesù ha detto: «Figlio, ecco tua madre»[14].
Da allora – dice il Papa – la venerazione a Maria, la devozione verso di lei è sempre cresciuta, e si è sviluppata in tanti modi. Ma il modo più perfetto lo spiega Grignion de Montfort – che è un santo che ha avuto a che fare molto con la Madonna, con la sapienza, una cosa stupenda -, il quale dice che il miglior modo di venerare Maria è donarsi a lei: «Mamma, prendimi tu, prendimi nella tua casa, io sono tuo».
E dice allora Grignion de Montfort: cosa succede quando si fa così? Succede che diventi un’altra Maria. Ed è stato quello che noi abbiamo provato in Paradiso.
Il quadro dopo lo Spirito Santo è stato quello di farci capire, da parte di Gesù e dello Spirito Santo, cosa eravamo diventati noi per aver amato Maria, per averla scoperta e amata. Eravamo diventati un’altra Maria, una piccola Maria.
Il testo dice così:
“Un giorno uno di noi ci ha proposto – ero stata io – di consacrarci a Maria e cioè consacrare l’Anima a Maria.
È stata volontà di tutti ed alla S. Comunione mattutina ognuno disse a Gesù… che consacrasse Lui l’Anima a Maria, come Lui intendeva, e che, poi – se volesse –, ci rivelasse quant’era avvenuto…
Non appena abbiamo detto questo, l’Anima comprese d’essere divenuta Maria.
Il tripudio in noi – la gioia – era immenso.
L’Immacolata riviveva sulla terra – in certo modo – in noi.
Allora – in… modo che mai più dimenticheremo in eterno – l’Anima ha sentito d’esser figlia di Maria”.E che lei è “la Mamma”.
Tanto forte è stata questa cosa, che la nostra mamma terrena sembrava una delle tante signore, ma lei, Maria, era subentrata come nostra madre. E anche ci ha fatto capire come doveva essere la nostra vita: noi vedere in lei sempre “il dover essere” – noi dobbiamo diventare come lei -; e veder noi come “il poter essere”Maria – noi possiamo essere Maria – e arrivare in Paradiso così.
L’anno scorso – col convegno mariano che abbiamo fatto – si è capito che queste cose si stavano verificando. Difatti noi non siamo, come si dice, soltanto una devozione a Maria, noi siamo grani vivi, altre Maria. E nella vita dobbiamo sempre avere questo amore per la Madonna, che è nostra mamma, che abbiamo scoperta mamma.
Io ricordo che anche santa Teresina del Bambino Gesù, dice nella sua vita: «Ad un dato punto ho capito che Maria era la mamma, era mia mamma, era mia mamma». E noi l’abbiamo capito. Io ricordo la nostra gioia – c’erano i focolarini ormai, oltre che le focolarine -, la gioia, la gioia immensa, immensa di avere la mamma e di poter diventare lei; e di esser lei il nostro modello.
Carissimi gen, ho concluso. Un’oretta sono stata con voi, sono stata contenta. Ho avuto l’impressione più volte che c’era veramente Gesù in mezzo a noi.
[1] Cf. Mt 19, 19.
[2] E.M. Fondi – M. Zanzucchi, Un popolo nato dal Vangelo. Chiara Lubich e i Focolari, San Paolo Edizioni, Roma 2003.
[3] Cf. Sermo 350, 2-3: PL 39, 1534-1535.
[4] Cf. H.U. von Balthasar, Verbum caro, Morcelliana, Brescia 1970, p. 15.
[5] Cf. Shakyamuni Buddha, Brescia 1982, p. 27.
[6] Così era chiamato Igino Giordani.
[7] Cf. Lc 1, 38
[8] Cf. Gv 17, 23.
[9] Cf. Lc 1, 46-47.
[10] Il Concilio di Efeso.
[11] Cf. Sal 115.
[12] Cf. 1 Re 19, 12.
[13] Si chiamano “unità gen” i gruppi nei quali si radunano i giovani del Movimento Gen.
[14] Cf. Gv 19, 27.