Vesak, il giorno del Buddha
Nella ricorrenza di Vesak si ricorda sia la nascita del principe Siddharta Gautama che l’illuminazione che lo rese il Buddha, l’Illuminato appunto, capace di cogliere la vera realtà del cosmo e dell’essere. Come tutte le feste buddhiste anche Vesak è parte del calendario lunare e coincide con la prima luna piena del mese che in tempi antichi veniva definito di Vesakha. Cade quindi sempre fra maggio e giugno, e nel 2023 si è celebrata il 5 maggio. Essendo il buddhismo presente in tutto il mondo, le modalità e le tradizioni della celebrazione variano non poco da Paese a Paese.
Infatti, ogni cultura buddhista ha ormai le sue tradizioni ben consolidate per dare significato pieno a questa giornata. In molti Paesi, soprattutto in Sri Lanka e nel sud-est asiatico, la gente visita i templi che per l’occasione sono tirati a lucido e interamente ridipinti. In alcuni Paesi si trascorre l’intero giorno e soprattutto l’intera notte di luna piena all’interno del sacro recinto del tempio. In tal senso si vivono momenti indimenticabili di pace e di suggestioni spirituali, soprattutto quando si tratta di luoghi sacri antichi di secoli come la pagoda Shwedagon di Yangon in Myanmar dove l’immenso recinto sacro, caratterizzato da diversi piccoli templi e dalla grande pagoda dorata al centro, pullula di persone di ogni ceto sociale, in particolare gruppi familiari. Gli ambienti si riempiono delle tipiche cantilene buddhiste che trasmettono sacralità, ma anche serenità e pace. Molti fedeli, poi, colgono l’occasione per compiere azioni meritorie che possano essere un contributo all’acquisizione del karma che permette il raggiungimento del nirvana. Normalmente, soprattutto nel mondo theravada si vestono indumenti bianchi, spesso nuovi a indicare la purezza delle intenzioni, della mente e del cuore.
Sebbene, come accennato, le celebrazioni possano variare molto da Paese a Paese e secondo i tre grandi filoni o scuole (theravada, mahayana, vajrayana), i buddhisti di tutto il mondo accettano la tradizione secondo la quale il nobile Siddhartha Gautama, nato (VI-V sec. a.C.) in una famiglia di rango principesco al confine fra India e l’attuale Nepal, abbia drammaticamente incontrato sofferenza e morte la prima volta che uscì dal suo palazzo. Questo lo convinse a vagare per anni al fine di cogliere la vera realtà delle cose. Dopo sei anni ricevette l’illuminazione, diventando così il Buddha e passò il resto della sua esistenza predicando la verità che aveva colto.
Alla base del buddhismo sta l’intenzione di scoprire l’origine della sofferenza onde, progressivamente, eliminarla. Al centro della sua sensibilità sta la ‘compassione’, che potrebbe essere definita come l’atteggiamento spirituale più profondo e maturo. Il Buddhismo negli ultimi decenni si è diffuso molto anche fuori dell’Asia dove è nato e dove è rimasto per più di due millenni. I suoi seguaci e persone interessate alla sua spiritualità e tecnica meditativa stanno crescendo sensibilmente anche in Europa, dove, pur non facendo rumore, il buddhismo è probabilmente la religione in maggior sviluppo e tendenza diffusiva, spesso accompagnandosi a fenomeni di doppia appartenenza religiosa. Sono sempre più frequenti gli esempi di persone che, pur dichiarandosi ancora cristiane, seguono pratiche, non solo tecniche, religiose buddhiste. D’altra parte, sia il buddhismo mahayana (maggiormente praticato in Estremo Oriente) che quello theravada, hanno sviluppato negli ultimi decenni una grande sensibilità sociale, dando origine a progetti di promozione sociale, salvaguardia dei diritti umani, alfabetizzazione, ecc.
È proprio su questi temi che si pronuncia il messaggio che il Dicastero per il dialogo interreligioso ha anche quest’anno indirizzato ai buddhisti di tutto il mondo in occasione del Vesak. La lettera sottolinea come la grande vulnerabilità sperimentata dalla creatura umana, nel mondo intero, richieda oggi nuove forme di solidarietà plasmate dalle nostre rispettive tradizioni religiose, a cui guardiamo per trovare risposte agli enigmi irrisolti della condizione umana che agitano profondamente il cuore degli uomini.
Il testo porta il titolo significativo di Guarire le ferite dell’umanità e della Terra con Karuna e Agape. «I problemi che affrontiamo non sono isolati, ma sono il risultato di tensioni e mali che coinvolgono tutta l’umanità», afferma la lettera. Le ferite che affliggono il mondo sono molte: la povertà, la discriminazione e la violenza; l’indifferenza verso i poveri, la schiavitù derivante da modelli di sviluppo che non rispettano la persona umana e la natura; l’odio motivato e alimentato da estremismi religiosi e nazionalistici; e soprattutto, un atteggiamento di disperazione verso la vita che si esprime attraverso vari generi di ansia e dipendenza. «Tutte queste realtà mettono dolorosamente a nudo la nostra comune vulnerabilità».
Ma proprio questa esperienza chiama in causa il potenziale delle tradizioni religiose per offrire «rimedi in grado di curare le nostre gravi ferite e quelle delle nostre famiglie, delle nostre nazioni e del nostro pianeta. Cari amici buddisti – scrivono i responsabili del Dicastero per il Dialogo interreligioso – voi offrite la guarigione incarnando karuna-la compassione verso tutti gli esseri, insegnata dal Buddha o agendo in modo disinteressato come fece il Bodhisattva, che rinunciò a entrare nel Nirvana e rimase nel mondo per adoperarsi ad alleviare la sofferenza di tutti gli esseri fino alla loro liberazione».
«Allo stesso modo, per i cristiani non c’è rimedio più efficace della pratica dell’agape (amore disinteressato), la grande eredità che Gesù ha lasciato ai suoi seguaci. Gesù offre ai suoi discepoli il dono dell’amore divino – l’agape – e insegna loro ad amarsi gli uni gli altri». L’invito finale del messaggio della Santa Sede è quello di impegnarsi a vivere – cristiani e buddhisti – con maggiore amore e compassione, impegnandosi a costruire un mondo più giusto, pacifico e unito.
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